L’olio d’oliva riminese è limpido, profumato e gustoso ma la qualità su cui gli esperti “giurano”, non sarà per nulla accompagnata dalla quantità sulle tavole della provincia: gli esperti parlano di una contrazione importante nella produzione.
I numeri raccontano di un rapporto stretto tra Rimini, gli ulivi e il frutto. Rimini orcio della regione quest’anno non potrà regalare la stessa quantità.
Il 70% di tutta la produzione regionale, infatti, è riminese con 2.700-2.800 produttori (su circa 4mila) e 500mila piante che occupano 1.700 ettari di terreno. Negli ultimi tempi si registra qualche nuovo impianto, ma di dimensioni non rilevanti. In regione si stimano un milione di olivi su una superficie approssimativa di 4.200 ettari.
Anche tra i numerosi produttori ddiffusi nella provincia di Rimini, molti si limitano alla produzione per autoconsumo o al massimo per regali a parenti e amici.
Sul territorio insistono ventidue oleifici.
La campagna 2021 potrebbe assestarsi sui 25.000 quintali di oliva, pari a circa 3.400 quintali di olio, cifre ben lontane dalle stagioni migliori e più vicine a quelle disastrose del 2014, quando – a causa della mosca – le produzioni arretrarono almeno del 50%.
Sabrina Paolizzi, responsabile dell’ARPO di Rimini, l’Associazione Regionale tra produttori olivicoli dell’Emilia Romagna a cui fanno capo i singoli produttori d’olio e le forme organizzate di produttori, fa il punto della situazione.
Le previsioni sono davvero così funeree?
“Purtroppo sì. È prevista una riduzione del 40% rispetto alla precedente campagna, dovuta alla siccità. I bollettini Arpa parlano del 2021 come della seconda annata più siccitosa dal 1961, una stangata che arriva dopo un 2020 già carente soprattutto nelle province di Rimini e Forlì-Cesena. Le piogge di fine estate sono arrivate quando l’oliva non era ingrandita e non ha tratto beneficio”.
Hanno inciso le gelate primaverili?
“La fioritura era buona, le gelate primaverili l’hanno ritardata a giugno, e dunque la legagione è avvenuta in condizioni di temperature già elevate. Ma ciò non ha causato danni sull’apparato vegetativo.
Un altro guaio ascrivibile allasiccità è invece la cascola, ovvero una ridotta crescita del ‘frutto’, molto del quale è caduto. Se la pianta non ha il necessario fabbisogno idrico, ‘abbandona’ le olive”.
I produttori parlano di raccolta a macchia di leopardo, con differenze sostanziali anche a poche centinaia di metri.
“L’incidenza del tipo di terreno è notevole: terreni più freschi hanno sofferto meno la soccità, che ha causato più problemi alle piante più giovani rispetto agli ulivi secolari. Sono un fattore anche le differenze di temperature al momento della legagione”.
La quantità dunque è scarsa: ma la qualità?
“Consoliamoci con un prodotto davvero notevole. Le rese al momento non sono altissime 13,5% ma la qualità è eccellente. L’olivo beneficia di sole e caldo, come pure i polifenoli che danno caratteristiche sensoriali più gradevoli e salubrità”.
Quali costi dobbiamo attenderci?
“Un aumento del prodotto al consumo sarebbe auspicabile, anche se non c’è mai correlazione immediata tra quantità e prezzo.
In presenza di minor prodotto, infatti, i costi di produzione restano tali e sono elevatissimi. Un olio di qualità non dovrebbe comunque costare sotto i 12 euro al lt”.
Quali sono le varietà di ulivi più frequenti?
“Il Correggiolo (che caratterizza la Dop Colli di Romagna) è la principale componente del nostro olio: dà già di per sé un olio molto fruttato ed erbaceo. La varietà Leccino (varietà precoce) si comporta molto bene ed è la seconda per numero”.
Com’è l’olio di Rimini?
“È un olio davvero molto buono. La DOP Colli di Romagna, la seconda DOP della regione insieme a quella di Brisighella, si produce quasi interamente in provincia di Rimini. È un olio dalla lunga tradizione e dal sapore molto marcato. Il colore è verde intenso, con riflessi dorati e il sapore è erbaceo e fresco. L’olio di Rimini avrebbe solo bisogno di essere riconosciuto come merita, anche se riscontriamo che l’attenzione del consumatore sta gradualmente aumentando”.