Lunedì di Viserba. Incontro con Lorenzo Fazzini, responsabile della Libreria Editrice Vaticana, sul tema della presenza di Dio nella letteratura moderna
Se Dio ci ha creato a sua immagine e somiglianza, quanto di Lui si cela dentro ognuno di noi?
Quanto di Lui si palesa nella nostra quotidianità? E quanto di Lui possiamo riscontrare scandagliando le pagine non solo di libri religiosi, ma anche romanzi? A queste domande ha tentato di dare più di una risposta Lorenzo Fazzini – giornalista, editore e scrittore classe 1978, responsabile della Libreria Editrice Vaticana – all’incontro Dio tra le righe dei ‘Lunedì di Viserba’ presso la Parrocchia Santa Maria di Viserba Mare organizzati in collaborazione con Missio e l’Ufficio Pastorale Giovanile e Vocazionale.
Con la sua nota di allegra ironia, Fazzini ha tenuto banco e incuriosito gli spettatori, provando a spiegare loro un argomento non semplice, ma di sicuro interesse.
“Un teologo tedesco, Karl Rahner, gesuita, uno dei protagonisti del Concilio Vaticano II, ha espresso tutta la sua convinzione nella forza della letteratura, nell’alta vocazione dello scrittore, nella natura evocativamente cristiana di chi scrive storie.
Ed io vorrei dimostrare, con qualche lettura maturata negli anni, come molti autori e autrici siano stati ‘incalzati da Dio’, ovvero abbiano affrontato nei loro testi le grandi domande della spiritualità: quale senso ha la mia vita, se Dio esiste e com’è, se il male è l’ultima parola sulla storia del mondo, quale posto può occupare nella nostra esistenza l’amore e la speranza, la fiducia e il perdono. In un motto, vedere e indagare, insomma, se c’è un ‘ Dio tra le righe’ dei romanzi a noi coevi.
Perché alla fine, quando vai a cercare l’umano, vai a cercare quel ‘frammento’ di Dio, che ci ha fatto a sua immagine e somiglianza.
Gli scrittori ci aprono degli squarci e probabili risposte alle domande che più ci arrovellano e lo fanno tramutandole in bellezza”.
“Parleremo di tre scrittori che, secondo me, celano Dio tra le loro parole. Il primo è l’irlandese naturalizzato statunitense Colum McCann, il quale mette nero su bianco – nel suo Apeirogon – la storia vera dell’inaspettata amicizia fra due padri, un palestinese e un israeliano, che hanno rispettivamente perso le loro figlie a causa della violenza della guerra e della brutale rivalità e che trasformano il loro dolore in un attivismo per la pace.
Lo scorso marzo, Papa Francesco ha incontrato personalmente Rami Elhanan e Bassam Aramin.
E loro sapete cosa gli hanno detto?
‘Noi proviamo a fare ciò che insegna Gesù: amare i propri nemici. Se noi due siamo amici, anzi, quasi fratelli, vuol dire che la fraternità esiste, è possibile’.
E questo non è forse Vangelo? La sorella di una delle due vittime, ha aggiunto ‘certo che vogliamo la vendetta, ma sarà la pace’”.
“ Cormac McCarthy, invece, ha scritto un romanzo postapocalittico, La strada, i cui protagonisti sono un padre e un figlio che vagano con solo un carrello riempito di pochi viveri e stracci e che cercano di arrivare dove non si sa. Forse verso un posto in cui poter sopravvivere.
E già qui sorge un dubbio. Sono Abramo o Ulisse? Lasciano la loro patria per una terra ancora sconosciuta o vogliono tornare in un luogo famigliare? Insomma, i due vivono molte avventure, vedono anche altre persone commettere l’imponderabile, atti di cannibalismo, di tutto e di più, fino a quando non si imbattono in un rifugio antiatomico in cui trovano il Paradiso in terra: cibo, acqua calda, un materasso comodo… all’inizio ci si catapultano e ne fanno razzia, ma poi si rendono conto dell’importanza della condivisione, di dover prendere solo ciò che gli occorre per lasciare a chi verrà dopo di loro la possibilità di poterne usufruire in egual misura. Non vi ricorda la ‘manna’ di un certo deserto?
Il libro si conclude con un finale misterioso, ma è interessante un dialogo.
Il bambino chiede al padre, ‘papà, vero che non ci succederà niente?’ e lui risponde ‘no’.
‘Perché?’ gli domanda allora il primo; risposta: ‘perché noi siamo i buoni’, e il figlio concorda: ‘e perché noi portiamo il fuoco’.
Padre, figlio, fuoco… siamo dalle parti della Trinità. Ciò che è importante è la speranza. Come una volta ha detto Vaclav Havel (politico dissidente ceco), dal carcere, ‘la speranza non è la convizione che tutto andrà bene, ma la certezza che qualcosa ha un senso, indipendentemente da come andrà a finire”.
“L’ultimo scrittore di cui parliamo è Eric-Emmanuel Schmitt, nato da una famiglia assolutamene non credente e che fino ai 30 anni, quando gli veniva chiesto chi fosse Gesù rispondeva ‘colui che ha scritto la Bibbia’. E poi, di colpo, mentre svolgeva la sua professione di insegnante di Filosofia, si è trovato a scrivere testi teatrali.
Uno tra questi era un dialogo tra Freud e il Padre eterno, ambientato durante l’occupazione nazista di Vienna. Diventa famosissimo. Gli viene chiesto, tempo dopo, di andare in Algeria a seguire un reportage incentrato su Charles de Foucauld.
Schmitt ci va.
Un giorno, durante un’escursione nel deserto si perde e passa la notte da solo. Quella notte, dice, ha incontrato Dio. ‘ Vi sono entrato ateo e vi sono uscito credente, è stata un’esperienza mistica’, ha detto, ‘ tutto ora ha un senso’.
Tornato in Francia si informa quanto più può sulla religione e le religioni in generale e scrive ‘ Il Vangelo secondo Pilato’. Ciò che è straordinario della penna di Schmitt è trasfigurare un dato con grande capacità letteraria. Dopo un viaggio attraverso la Terra Santa, alla ricerca dei luoghi sacri, Schmitt pubblica La sfida di Gerusalemme in cui indaga la religione da un punto di vista umanista: per capire come gli esseri umani vivono, pensano e riflettono sulle loro stesse esistenze”.
Il silenzio – misto tra riflessioni e attenzione – che era calato all’inizio dell’incontro e che era continuato imperterrito fino al termine dell’esposizione di Fazzini, viene interrotto da alcune considerazioni personali dei presenti.
“ Mi trovo d’accordo perché effettivamente chi scrive tratta dell’uomo, delle sue vicende, dei suoi amori, delle sue crisi, delle sue domande. Però mi sorge un dubbio… – commenta un signore tra il pubblico – Nei romanzi leggiamo di avvenimenti terreni, quotidiani… come si fa a collegarci Dio? Come si potrebbe fare per approfondire la lettura e cogliere ‘Dio tra le righe’?”.
Fazzini risponde con una considerazione tratta da un libro di cui sta curando la pubblicazione dal titolo ‘ La gloria dei buoni a nulla’.
“Se ci pensate, leggendo la Bibbia, coloro che Dio ha scelto possono partecipare al ‘festival dei buoni a nulla’. Mosè era un balbuziente, San Paolo era un fanatico, Pietro sappiamo che era un traditore… e via di questo passo. I libri parlano di cose terrene, normali, perché la realtà è questa. Anche Schmitt, di cui sopra, durante il suo viaggio a Nazareth è rimasto colpito della famigliarità del luogo: odore di kebab nell’aria, la musica proveniente dai palazzi, il traffico… e descrive questa sensazione in questo modo: ‘ l’unica vera culla dello straordinario è l’ordinario’”.
‘ Dio fra le righe’ è una vera e propria incursione nella letteratura contemporanea tesa ad individuare come la domanda religiosa sia presente in tanti luoghi insospettabili, anche fuori dai confini di una chiesa, dei luoghi sacri, anche in mezzo alle vie, dietro gli angoli… e nascosta dentro le pagine di un romanzo!