Il 2025 non comincia bene per l’Italia: negli ultimi due semestri dell’anno appena trascorso l’economia praticamente si è fermata e per l’intero 2024 la crescita è stata la metà del previsto (un misero 0,5 per cento). Tutto questo accadeva mentre in Europa il Pil della Spagna (paese del salario minimo, tanto inviso all’attuale Governo, e della riduzione dell’orario di lavoro a 37,5 ore settimanali a parità di salario) faceva registrare un più 3,5 per cento, il Portogallo un più 2,7 per cento, la Svezia un 1,1 per cento e la Francia un più 0,7 per cento. È vero, la Germania è in stagnazione, ma l’intera area ‘euro’ è comunque cresciuta dello 0,9 per cento. Non è un risultato eclatante, ma meglio dell’Italia. Che dall’Europa, non dimentichiamolo, è il paese che ha beneficiato di più dei fondi per il suo Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). In questo contesto nazionale difficile anche per Rimini il nuovo anno non si presenta in discesa. Il 2025 inizia con un paio di centinaia di imprese in più, distribuite nei settori delle costruzioni, alberghi e ristoranti, attività immobiliari, noleggio e poco altro, ma se il confronto si fa con il 2010 ne sono scomparse un migliaio. Il numero delle imprese testimonia vivacità imprenditoriale, ma la creazione di valore dipende da cosa esse producono. E non è un buon segnale la diminuzione delle start up innovative. Questo per sottolineare che la numerosità è un indice relativo. Contano le imprese, ma ancora di più l’utilizzo degli impianti. Che attualmente sono sotto utilizzati per la contrazione produttiva di settori manifatturieri come: macchinari, abbigliamento, prodotti in metallo, chimica e plastica, mentre procedono col segno positivo davanti mobili e alimentare.
Complice del mancato utilizzo, per i settori più esposti, il calo delle esportazioni. Che potrebbero subire ben altri colpi se dall’America arrivassero i dazi. Va meglio il turismo, in ripresa, grazie alla componente estera, che oramai copre un quarto del totale, anche se il saldo 2024 dei pernottamenti conferma che mancano ancora più di un milione per tornare ai numeri pre-pandemia. Numeri che, al contrario, il distretto turistico veneto, da Bibione a Jesolo, ha già recuperato e superato nel 2023. Poi c’è il tasto dolente della cassa integrazione, conseguenza del ristagno produttivo, che nel 2024 è aumentata, a Rimini, del 62 per cento, più del dato regionale, con oltre sei milioni di ore. Cassa integrazione, oltre ai posti di lavoro a rischio, vuol dire salari ridotti. Allora non è una buona notizia nemmeno l’aumento dei prezzi, che lo scorso anno è stato del 1,6 per cento, che sale però al 2,6 per cento per l’energia e i prodotti alimentari. Variazione superiore alla media regionale e nazionale. Questi non sono tutti i problemi da affrontare nel 2025, ma dall’andamento dell’economia dipenderà molto il nostro futuro. Argomenti di cui si discute poco, per non dire niente.
PS: il 28 marzo la Camera di commercio della Romagna comunica la pubblicazione del Rapporto sull’economia della Romagna a Forlì. Un tempo era una delle poche occasioni in cui dati e informazioni venivano condivise anche a Rimini, nell’aula magna dell’università gremita.
Ora non più. Non è un bel servizio.