FORSE è una storia che parte dalla notte dei tempi. Forse è sempre stato così. O forse questo è un momento più negativo del solito. L’unica cosa certa è che lo sport riminese mai come ora è stato vicino al baratro. Al punto di non ritorno. E non è il solito catastrofismo giornalistico. Sono i fatti a dirlo. Nudi e crudi. Fatti che parlano di squadre costrette a scomparire, a rinunciare a campionati, a dire ai propri atleti “ci dispiace, ma non abbiamo più un posto dove fare attività”. Forse tutto è iniziato quando qualcuno li ha definiti sport minori solo perchè non hanno i ritorni del calcio o gli spettatori che il pallone mette a sedere sugli spalti o davanti alle tv. Dimenticandosi però che sono proprio questi sport, il cuore dello… sport. Un cuore che in provincia di Rimini batte 100mila volte tra agonisti e semplici amatori. Un cuore che rischia il collasso per colpa di un’unica, grande malattia: la mancanza di denaro. Perché i costi sono sempre più alti, ma le entrate sempre più basse. E allora come fare? “Meglio cento giorni da pecora che uno da leone” sconvolgono il vecchio adagio molti dirigenti “soprattutto perché abbiamo tanti giovani ai quali non possiamo sbattere la porta in faccia”.
La pensavano così anche i dirigenti della pallamano Rimini, la mitica Jomsa che negli anni Novanta è stata capace di regalare alla città scudetto e coppa Italia. “Se non ci aiuta nessuno qui chiudiamo tutto” diceva il compianto Alfiero Bugli. Tempo un anno e la Jomsa è scomparsa letteralmente dal panorama italiano. Sono passati quasi dieci anni e adesso quel grido arriva da Tony Pasolini, anima e cuore della pallamano Rimini ’72.
“Abbiamo vinto il campionato di serie C ma siamo stati costretti a dire no alla B perché mancano i fondi. Non possiamo permetterci spese folli per viaggi, strutture e quanto altro. Dispiace enormemente perché anche quest’anno non abbiamo perso una gara nonostante sapessimo il nostro destino già dall’inizio. Purtroppo questa è la realtà e la realtà dice che a Rimini, fare sport, è molto difficile. Proprio per questo voglio dire un grande grazie alla Giovagnoli che continua a sostenerci”.
La stessa sorte è toccata al San Martino in Riparotta di tennis tavolo, o ping pong che dir si voglia. Dopo aver conquistato la promozione in serie B con una delle sue tante squadre, il presidente Silvano Pagliarani ha dovuto rinunciare all’iscrizione.
“La mia è una squadra formata da ragazzi che studiano o lavorano, quindi non potevamo permetterci trasferte in giro per l’Italia anche perché non avevamo i soldi necessari. Noi siamo piccolini come realtà, e a parte i fondi che ci arrivano dal progetto Rimini per lo Sport, ci dobbiamo arrangiare”.
Altro sport, altra rinuncia, nuovo addio. Perché dopo oltre 40 anni la Pallavolo Rimini rinuncia alla sua attività.
“Basta, non ne posso più – tuona il presidente Maurizio Campana – ogni anno dovevo impazzire per raccogliere due lire per permettere a uomini e donne di iscriversi ai rispettivi campionati. Ho cercato di far capire a chi di dovere tutta la mia angoscia, la mia preoccupazione ma non ho avuto risposte. E così ho deciso di dire basta, la Pallavolo Rimini continuerà, ma solo a livello giovanile”.
Non stanno meglio di certo le altre realtà: Viserba, Morciano e Bellaria ma tirano avanti
“perché magari hanno degli sponsor che sono prima di tutto appassionati” spiega il delegato provinciale della Federazione. E qui i numeri dei tesserati a rischio è alto “all’interno del Comitato abbiamo 20 società per un totale di oltre tremila iscritti”.
“Purtroppo il problema degli sponsor è un cancro difficile da vincere” ribadisce Campana.
Da una palla rotonda a una ovale. A quella del rugby che in questi ultimi due anni sembra aver conquistato molti italiani.
“Ha detto bene, sembra – sottolinea con ironia il delegato provinciale Giuseppe Leo – perché qui a parte gli sponsor fedelissimi non si vede il becco di un quattrino. E i costi sono sempre più alti, ci vogliono minimo 20mila euro all’anno per partecipare ai vari campionati. Noi facciamo i salti mortali, ma li facciamo volentieri perché abbiamo 80 giovani che ci hanno scelto e che non possiamo deludere. Ma se andiamo avanti di questo passo…”.
Il ritornello, come si può ben capire, è sempre lo stesso. A cantarlo sono anche quelli del tiro a volo. “In provincia siamo all’incirca 260 iscritti – spiega Giuseppe Galassi da 15 anni numero uno provinciale – e quello dei costi è certamente un problema non indifferente. Questa è una disciplina molto costosa e non possiamo chiedere agli atleti, soprattutto ai più giovani di sobbarcarsi tante spese, quindi, come si dice, o si mangia questa minestra o si salta dalla finestra”.
Stessa problematica per chi ama mettersi una bella tuta, una maschera per proteggersi il volto e impugnare indistintamente spada, sciabola o fioretto.
“Divise e armi costano ed è innegabile – racconta il maestro Enzo Bellagamba – la scherma, purtroppo, non è ancora molta conosciuta e trovare sponsor non è facile”.
Ma la cosa che spaventa di più il delegato riminese è il secondo cancro che affligge molti sport: ossia la carenza di impianti.
“Abbiamo cento iscritti suddivisi in due società diverse ma una sola palestra. Capite bene che l’organizzazione non è facile e molti giovani mollano proprio per questi problemi”.
Dalla scherma al nuoto, il discorso non si discosta di molto.
“Abbiamo tantissimi atleti, più tantissimi amatori ma gli spazi sono pochi: Riccione ha una splendida piscina, così come San Marino, il problema è Rimini, Garden e Palazzetto non sono più sufficienti”.
C’è poi chi “riesce” ad unire mancanza di introiti e di spazi: l’atletica leggera.
“Sedici società, un migliaio di tesserati ma diecimila praticanti, questi sono i nostri numeri – sottolinea il presidente del Comitato provinciale, Armando Masini – numeri importanti eppure dobbiamo fare i salti mortali per garantire le attività. E non parlo solo di soldi, perché quella oramai la considero una battaglia persa, penso alle condizioni delle piste, degli spazi. Abbiamo atleti costretti a emigrare nelle città vicine per potersi allenare, è una cosa indecente. Ma credo che sia un problema di noi, sport chiamati minori, nessuno forse ha capito che andando avanti di questo passo rischiamo di chiudere baracca e burattini. Tutti”.
Ma attenzione, perché c’è anche chi fa parte della corte del re degli sport e che nonostante tutto è sempre con l’acqua alla gola.
“Basta con questa storia del calcio padrone, basta fare di tutta l’erba un fascio – grida Ermanno Baldini, storico dirigente del Viserba calcio – il pallone milionario non è il nostro, è quello della serie A, del calcio professionistico, il nostro è alla canna del gas. Ma sapete quanto si spende per un’intera stagione? Migliaia e migliaia di euro, per l’iscrizione, per il campo, per la manutenzione… su non scherziamo, anche le nostre squadre di calcio hanno bisogno di sponsor che sono sempre di meno. Ci sono ragazzi che addirittura pagano di tasca loro solo per giocare”.
In ultimo, ma con la certezza che come sempre si riprenderà da quello che adesso sembra un coma profondo, il basket. Perché da quanto sembra anche la massima espressione della pallacanestro riminese ha diversi problemini. Ma questa è un’altra storia.
Francesco Barone
Matteo Petrucci