Abbiamo bisogno di porci domande impellenti e ineludibili: cosa vuole dirci il Signore con questa prova? Abbiamo bisogno di avviare un processo di discernimento, a cominciare dalla sua prima, insostituibile fase: quella dell’ascolto. Abbiamo bisogno di attivare un autentico percorso di conversione.
Abbiamo bisogno di ricordare che lo Spirito Santo da solo non fa la Chiesa e neppure noi da soli”.
Non poteva essere più esplicito il Vescovo nel convocare, sulla pastorale dopo la crisi del Coronavirus, per due giornate di lavoro, sabato 20 e lunedì 22 giugno, il Consiglio pastorale diocesano e il Consiglio presbiterale. È l’inizio di un cammino che sarà certamente lungo e non scontato.
Quello che proponiamo è la sintesi dei lavori della prima giornata, che sta ora alla base del confronto che continua nelle parrocchie e nelle aggregazioni laicali.
1. Questo tempo di Covid-19 cosa ci sta ‘svelando’
Si sta rivelando un “pugno allo stomaco”, un trauma che in se stesso rimane una “disgrazia”, ma può essere riconosciuto anche come un “tempo di grazia”, in quanto diventa occasione per farci leggere più in profondità la nostra condizione umana, le logiche e la mentalità e riscoprire la necessità di “altro”, sia come società che come Chiesa.
A . SEGNI DI NOVITÀ da cogliere
A livello socio-culturale
a. Una percezione di fragilità, di esposizione al rischio, alla morte, come parte integrante della propria vita. Ciò ha messo in crisi il senso di onnipotenza, di fiducia cieca nella scienza/medicina.
b. La percezione di una interdipendenza, nel male e nel bene: ciò che avviene all’altro mi coinvolge e ciò che io faccio ha delle conseguenze sugli altri, superando una concezione della libertà come assoluta, svincolata da ogni relazione.
c. Emergere di tante risorse di umanità presenti nel nostro popolo, negli operatori sanitari, nella gente semplice, nei giovani, che si è messa in gioco nel farsi vicino e accanto a chi era nel bisogno.
d. Diverso rapporto con il tempo, come un dono che ti è dato, da riempire in modo non frenetico con tante cose da fare…
A livello religioso e pastorale a. Una riscoperta del tempo per sé, del bisogno di silenzio e interiorità. In tale contesto, l’esperienza della relazione con Dio e della preghiera come forza e alimento, anche nelle persone meno praticanti, attraverso i social, TV…
b. Una esperienza di vicinanza da parte di preti e comunità ecclesiali a persone e famiglie che hanno vissuto l’esperienza del lutto e della malattia grave, del disagio economico, anche in collaborazione con enti pubblici.
c. Emergere di forme di preghiera e ritualità all’interno di un certo numero di famiglie.
d. Creatività da parte di insegnanti, sacerdoti, educatori, giovani nel valorizzare i social e altri strumenti del web, per mantenere relazioni e condividere esperienze.
e. Un interrogarsi e interagire del presbiterio e di laici sul significato e conseguenze di quanto stava avvenendo (cfr.chat, articoli, libri..), per lasciarsi interpellare dalla realtà sempre sorprendente.
f. Creatività dei giovani , anche con iniziativa autonoma , al di là dei gruppi organizzati (team bota, volontari Caritas, spesa per anziani…).
B. CRITICITÀ che ha messo in luce
A livello socio-culturale
• Senso della paura di un futuro incognito che blocca la capacità di affrontare il cambiamento.
• Vedere l’altro come un possibile pericolo per la tua salute, il tuo benessere (bisogno di incontrarsi ma insieme paura di ciò che l’altro può portarti).
• Fragilità del sistema sanitario e del lavoro, con ampliamento delle disuguaglianze sociali ed economiche tra fasce benestanti e tanti impoveriti, non garantiti, ai margini.
A livello pastorale
• È emersa in maniera più evidente che molte delle nostre attività e proposte incidono scarsamente sulla formazione personale alla fede.
• Una pastorale ancora troppo incentrata sulla pratica religiosa in chiesa e sulla amministrazione dei sacramenti, sganciati dalla vita quotidiana delle persone, che non sottolinea il sacerdozio battesimale e la testimonianza del laico nel mondo.
• Una pastorale troppo preoccupata di fare e organizzare iniziative e poco attenta alle relazioni da coltivare, incapace di creare un volto concreto di comunità.
• Una fatica a leggere in chiave di fede (discernimento) le vicende che avvengono.
• Una immagine di Dio talvolta ambigua e inadeguata (una concezione magica o devozionale della preghiera, dei sacramenti).
• Inadeguatezza della impostazione classica della catechesi di iniziazione cristiana e dei gruppi giovanili: fatica a mantenere contatti e modalità di trasmissione di contenuti…
• Impreparazione delle famiglie ad accompagnare i propri figli nella preghiera, nella educazione alla fede.
• Fragilità economica delle nostre parrocchie e incapacità di fare fronte alle necessità di mantenimento delle strutture pastorali.
2. SFIDE per la nostra Chiesa
Dall’ascolto di quanto emerso in questi mesi in vari ambiti, siamo spronati a desiderare e operare per un nuovo volto di Comunità Cristiana, che non può non implicare una conversione di mentalità e di azione.
a. Una Chiesa che ritorna all’essenziale, ai “fondamentali” della vita cristiana, senza dare nulla per scontato, dai piccoli ai grandi, ridando centralità al “primo annuncio”, con la preoccupazione di accompagnare le persone ad una riscoperta della presenza di Dio nella propria vita e alla relazione con Gesù vivo.
b. Una Chiesa che mette al centro le relazioni fraterne, rispetto alla moltiplicazione degli eventi, offrendo opportunità per creare relazioni autentiche tra le persone e di condivisione della fede.
c. Una Chiesa che fa la scelta degli adulti, rispetto alle tante energie spese per i bambini, offrendo anche luoghi continuativi di incontro con la Parola di Dio, letta dentro le vicende quotidiane di dolore e di scelte di vita.
d. Una Chiesa ricentrata sulla Parola e sull’Eucarestia, educando ad una preghiera imbevuta di Parola di Dio e una consapevolezza nuova nel vivere la Messa domenicale.
Ridare valore in questo contesto al significato comunitario della Domenica.
e.Una Chiesa che riscopre la carità, come prossimità di tutti e ciascuno, facendosi accanto ad ogni persona e situazione che vive nel disagio e nel bisogno (cfr. Piano Marvelli).
f. Una Chiesa che ridà valore e spazio reale alla famiglia e ai giovani, quali costruttori della vita comunitaria g. Una Chiesa che sa utilizzare gli strumenti del web come nuova opportunità di evangelizzazione , riconoscendone risorse e rischi.
h. Una Chiesa più “estroversa”, che educa ad uno sguardo “mondiale”, cogliendo le implicazioni sociali del Vangelo (uso delle risorse, ambiente, sistema economico, immigrazione…), nella coscienza di un comune destino (essere sulla stessa barca-interdipendenza).
i. In cammino con il presbiterio e i diaconi, perchè acquistino una coscienza e uno stile di Chiesa più partecipativo e missionario, capace di fare crescere operatori pastorali corresponsabili. Cosa resa ancora più urgente dalla diminuzione in corso dei sacerdoti: sempre meno e più anziani j. Una Chiesa che sa pensare, discernere, decidere e agire insieme ( sinodalità) per annunciare il Vangelo oggi.