di Andrea Casavecchia
Per avere un’idea sulla qualità di vita offerta dalla società in un singolo Paese siamo sempre concentrati sulla dimensione economica, sullo sviluppo delle sue attività industriali e finanziarie, sulla sua ricchezza. Siamo abituati a sentire una storia che si concentra sulla centralità economica.
Eppure, proprio in questa epoca durante la quale abbiamo vissuto una pandemia, stiamo sfiorando il pericolo di una guerra nucleare e iniziamo a toccare con mano le conseguenze sui nostri territori del riscaldamento globale, dovremmo comprendere che la crescita del benessere di un Paese non è effetto diretto del suo prodotto interno, né della somma dei redditi dei suoi abitanti.
Sono tanti gli ambiti da tenere sotto controllo per comprenderlo, almeno in parte.
Il tentativo per offrire una prospettiva più ampia è costituita dal Rapporto sul Benessere equo e sostenibile ( detto BES), prodotto annualmente dall’Istat e arrivato ormai alla decima edizione. Per osservare la realtà della società italiana come un poliedro con diverse facce i ricercatori hanno ormai rilevato dati per rilevare indicatori che descrivo 12 diverse dimensioni che colgono aspetti economici, culturali, relazionali, ambientali.
Il nuovo rapporto che confronta i risultati ottenuti con il 2019 – anno pre-pandemico – osserva che negli ultimi anni ci sono stati netti miglioramenti in alcune dimensioni, per esempio la Sicurezza, la Qualità dei servizi e il Lavoro, la conciliazione dei tempi di vita.
Sono invece peggiorati, in confronto allo stesso anno, Relazioni sociali, Benessere soggettivo, Istruzione e formazione e Benessere economico.
Dai risultati osserviamo che alcune situazioni andrebbero tenute sotto controllo.
Diminuisce ad esempio la fiducia verso gli altri: nel 2022 solo il 24,3% delle persone oltre i 14 anni dichiara che gran parte delle persone sia degna di fiducia, un dato che diminuisce dopo una crescita costante che nel 2021 aveva toccato il 25,5%. Un altro dato mostra che aumenta la quota di cittadini che dichiarano un peggioramento della propria situazione economica (raggiungeva il 25,8% nel 2019 e arriva al 35,1% nel 2022).
Con i dati raccolti possiamo anche confrontare le aree su cui lavorare di più per raggiungere il livello medio in Unione europea. Si individua così la difficoltà dei giovani nel passare dal mondo dell’istruzione al lavoro (il 19% tra i 15-29enni in Italia, contro l’11,7% della media Ue27; il basso tasso di istruzione terziaria tra i 30-34enni (27,4% in Italia e il 42,8% per la media Ue27); il basso tasso di occupazione femminile (55,0% per l’Italia e 69,4% per la media Ue27).
Questi sono solo alcuni dei vari aspetti da considerare per misurare il benessere di un Paese.