Nella sala un gruppo che sulle ali dello swing imperante cerca di far ballare i presenti. Dall’altra parte un pressoché sconosciuto Secondo Casadei con il suo gruppo cerca di farsi largo con una musica in pratica altrettanto sconosciuto. Quando la sala dell’agguerrita orchestra a stelle e strisce si svuota a favore del gruppo di Casadei, si ha la sensazione netta che il liscio avrebbe recitato una parte importante nella storia della musica e del costume. È il 1954.
L’episodio, narrato con la consueta eleganza e leggerezza da Brunetto Salvarani e Odo Semellini nel libro che racconta la storia musicale della Regione (Quei gran pezzi dell’Emilia Romagna, edizioni Il Margine), sintetizza bene il significato del liscio. Una valenza, non solo per il mondo delle sette note, che ora dopo tanti riconoscimenti di generi diversi, è certificata dall’approvazione della Risoluzione dell’Iter per il riconoscimento del Liscio come Patrimonio dell’Unesco da parte della Regione Emilia- Romagna.
L’idea è di Liviana Zanetti, Presidente dell’Apt Emilia-Romagna, supportata dall’Assessore al Turismo Andrea Corsini e dall’Apt Emilia-Romagna, ed è diventata realtà attraverso una risoluzione firmata dai consiglieri Pd veicolata dalla Commissione Cultura.
La risoluzione sottoscritta a Bologna impegna la Giunta Regionale a sostenere la candidatura all’Unesco del ballo folkloristico romagnolo come “patrimonio immateriale dell’umanità” e “suona” insieme al progetto di legge sulla valorizzazione del settore musicale appena approvato.
Appena “intonata”, l’idea della Zanetti ha subito raccolto numerosi consensi da parte di amministratori e imprenditori del turismo. “Si tratta di un primo grande ed importante risultato”: è musica per le orecchie di Riccarda Casadei, figlia del mitico Secondo, delle figlie Lisa e Letizia, di Casadei Sonora, di Ferrino Fanti dell’Ente Tutela del Folklore Romagnolo, di Moreno Conficconi Il Biondo e Giordano Sangiorgi del MEI di Faenza, da sempre sostenitori del progetto. L’iter è stato preso in carico anche dal Ministro alla Cultura Dario Franceschini dopo la sua recente visita al Museo Secondo Casadei insieme al Senatore Stefano Collina. Si profila quindi un importante futuro per il Liscio dopo la bella edizione di “Sono Romagnolo” e verso la prossima ”Notte del Liscio” e la prima edizione di “Folkint”.
Appassionato ed esperto di liscio, di locali da ballo e di gruppi musicali, il giornalista Ermanno Pasolini non ha dubbi: “Includere il Liscio romagnolo come Patrimonio dell’Unesco la giudico una decisione fantastica in quanto il liscio è conosciuto in tutto il mondo. Basti pensare che «Romagna Mia» è suonata, ballata e cantata in 135 nazioni, ancora oggi dopo 64 anni. Secondo Casadei infatti la compose nel 1954”.
Non si tratta (solo) di una nostalgica “sviolinata”. “Per il nostro territorio è anche l’occasione di una pubblicità immensa. – prosegue Pasolini – Spesso noi non consideriamo quello che abbiamo in casa, ma basta andare all’estero. Quando presentavo spettacoli e festival in Svizzera, Austria, Germania e Ungheria, mi chiedevano sempre di ballare valzer, polka e mazurka. Ho dovuto imparare in fretta. Altrimenti che romagnolo sarei stato? E quanta delusione avrei inferto a quelle persone se non avessi saputo danzare i miei balli?”.
Il liscio rappresenta divertimento, allegria, il canto in compagnia. E poi si balla in coppia, mettendo all’angolo i balli di gruppo. “E si offre la maniera di conoscersi, di parlarsi, di stare insieme, ridere e scherzare ballando. Scusate se è poco”, rilancia Pasolini.
Non è tutto oro quel che luccica, se è vero che anche il liscio è in crisi. Al posto degli amati luoghi del divertimentificio, ad esempio, oggi “danzano” appartamenti, negozi, residence, banche, supermercati. Dei 350 locali da ballo censiti ancora una quindicina di anni fa da Ravenna a Cattolica, oggi ne restano in piedi una quindicina, compreso il capostipite di Savignano, Euroclub e il ritrovato La Tramontana di Villa Verucchio. Anche le orchestre sono finite… fuori spartito: un centinaio quelle in attività contro le 300 di 20 anni fa, quando tutto il comparto (tra orchestrali, camerieri, musicisti etc) comprendeva 110.000 persone.
Il liscio non è più così intonato? Resta però un patrimonio. E come tale merita applausi.
Paolo Guiducci