È appena uscito il disco di Claudia Berti dedicato al ‘modern classic’ affascinante esempio della produzione pianistica contemporanea
Sonorità rarefatte e minimaliste, che si fondono con suggestioni legate a temi popolari nordici e a remoti echi barocchi, avvolgono l’ascoltatore e lo catturano con il loro fascino. A evocare queste atmosfere liquide e piacevolissime all’ascolto è una generazione di compositori, nati fra gli anni sessanta e ottanta (successiva, per intenderci, ai Nyman, Sakamoto, Einaudi), che hanno messo il pianoforte al centro della loro poetica. E interprete della loro musica è Claudia Berti, che ha appena inciso Light and Shade – Contemporary piano compositions: un disco, ascoltabile in streaming su Spotify, iTunes, Amazon e su tutti i canali digitali, in cui la pianista propone una rosa di sette autori, per un totale di quindici brani dai titoli fortemente evocativi.
Fra i compositori selezionati nel cd ci sono i tedeschi Nils Frahm e Max Richter, anche se quest’ultimo ormai inglese d’adozione, gli islandesi Jóhann Jóhannsson e Ólafur Arnalds, lo statunitense Dustin O’Halloran, il francese Julien Marchal, con la serie Insight dove ogni brano è contraddistinto con numeri romani (il XXXIII si può anche vedere in video su YouTube), e l’italiano Andrea Felli: musicisti di formazione rigorosamente classica, che però vanno incontro al pop. Al di là di un successo – molti di questi autori fanno parte della prestigiosa scuderia Deutsche Grammophon – testimoniato dal fatto che le loro musiche vengano utilizzate per colonne sonore di film e serie televisive (vedi il caso di Richter nell’Amica geniale), nessun compositore ha rinunciato alla ricerca sonora e alla sperimentazione. Così, a ottenere sfumature più intime, vengono utilizzati pianoforti, spesso verticali, con microfoni ravvicinati per registrare il rumore delle componenti meccaniche dello strumento, che – anche quando si arriva a soluzioni più estreme – non impediscono mai la comunicatività musicale.
I brani proposti nel disco sono piuttosto brevi, di pochi minuti l’uno. Non deve trarre in inganno la sensazione di scorrevolezza e facilità che si prova ascoltandoli, perché non è una musica facile da eseguire. Claudia Berti si rivela un’interprete ideale di questo genere, che viene definito ‘modern classic’ (o, in modo forse ancor più efficace, ‘classical crossover’), e dove è richiesto un perfetto controllo del tocco e un’accuratissima precisione ritmica, oltre a una totale assenza di enfasi: caratteristiche che ha avuto possibilità di affinare grazie alla sua lunga consuetudine con la tastiera del cembalo (la musicista riminese da tempo divide la propria attività artistica fra pianoforte e clavicembalo). Riesce così a catturare l’ascoltatore con un’esecuzione sorvegliatissima, che a tratti diventa quasi ipnotica, in grado di trasmettere una sensazione di assoluta facilità e naturalezza: frutto, invece, di una precisione millimetrica e una minuziosa cura dell’equilibrio sonoro. Nella sua lettura – non è un dettaglio – il rigore non va mai a discapito della morbidezza e della fluidità del fraseggio: complice anche un raffinatissimo uso della microfonazione, il suono arriva sempre avvolgente e mai meccanico.
L’ascolto riesce a trasformarsi progressivamente in un percorso interiore: del resto, l’incontro fra Claudia Berti e questa musica nasce da una richiesta dell’architetto Fabio Mariani – trasformato in progetto discografico grazie alla lungimiranza del produttore Andrea Felli – che un anno fa aveva invitato la pianista a eseguire queste musiche dal vivo, durante un ciclo di conferenze. Immaginando forse un modo diverso di abitare, dove è prevista anche una dimensione sonora.
Giulia Vannoni