A Rivabella, dopo 63 anni di attività, L’Idea di Nerina Galvani chiude i battenti. Dopo anni di trattative, infatti, Nerina ha eseguito l’ordinanza comunale che le richiedeva di abbandonare il terreno da lei legittimamente occupato. Il negozio, che in principio era un bazar sulla spiaggia, inizia la propria attività nel 1955 in via Toscanelli con previa licenza che risale al 1952 e con la concessione demaniale e permesso di costruzione datato 1955 ad opera della Capitaneria di Porto. Un’attività iniziata dalla madre di Nerina, Rosa Fabbri, una vera e propria pioniera dato che L’Idea è la prima attività che nasce a Rivabella. Nel 2003 il Comune di Rimini ha dato inizio ai lavori di riqualificazione dell’area con una grande piazza – piazzale Adamello – con un parco giochi per i bambini e un ampio spazio aperto per la collettività. Lo stabile sorgeva all’incirca al centro della piazza e non era stato inserito all’interno del progetto della riqualificazione. Ad oggi il locale non esiste più.
Come si è evoluta la vostra attività Nerina?
“In principio era un’attività famigliare. Infatti questa per me non è stata solo un’attività commerciale, un lavoro qualsiasi. Questa Idea ha in realtà aiutato lo sviluppo economico di tutta la mia famiglia, costruendo una vera e propria impresa che è stata capace di sostenerci economicamente e di far studiare sia me che mio fratello Roberto. Infatti io mi sono diplomata a ragioneria e mio fratello si è laureato in architettura a Firenze. Gli studi li abbiamo portati avanti sempre aiutando mia madre e mio padre. Ricordo infatti l’anno in cui ho dovuto sostenere l’esame di maturità. Pur di aiutare in ogni modo mia madre preferivo recarmi subito in negozio prima di mettermi a studiare. Lo stesso faceva Roberto. Cercava di organizzare tutti i propri esami in maniera da finirli prima di giugno per poter tornare a casa per la stagione estiva. Poi ricominciava a studiare a settembre sostenendo gli esami che aveva lasciato indietro”.
Quando è passata a lei l’attività?
“L’attività è diventata mia nel 1979 quando una concomitanza di fattori ha reso impossibile a Roberto di continuare a collaborare. Infatti mio padre è venuto a mancare all’improvviso e mio fratello si è dovuto occupare di altre attività continuando anche a mantenere il proprio studio di architettura. A quel punto io, già sposata e con una figlia, mi sarei potuta tranquillamente occupare del negozio di nostra madre. Da impresa familiare è quindi diventata ditta individuale. Ed è stato in quel momento che L’Idea ha preso poi la forma che ad oggi ancora conosciamo”.
Anche lei in qualche modo è stata una pioniera come sua madre?
“Nel momento in cui io sono subentrata c’è stato un cambiamento radicale, in effetti. Ho voluto cambiare il tipo di merce, da Bazar si è trasformato in un negozio di abbigliamento vero e proprio. Ho deciso quindi di andare a Firenze alle sfilate di Pitti Uomo e Pitti Donna per rendermi conto delle mode del momento e per aggiornarmi con quelle che erano le novità. Vivendo in una realtà piccola come Rimini si è un pochino fuori dalle dinamiche di mercato e sicuramente dalle nuove tendenze. O almeno, in quegli anni era così perché ancora non c’era internet. Dal 1989 sono andata poi tutti gli anni alle sfilate di moda e lo facevo anche per scegliere quali sarebbero state le firme e le ditte che avrei voluto nel mio negozio. Ho cambiato anche arredamento, scegliendo un mobilio che avevo visto proprio all’interno di un negozio fiorentino e che mi permetteva di utilizzare al meglio lo spazio ridotto che avevo in negozio”.
Ha portato quindi la moda a Rivabella…
“Sì, perché ho sempre pensato che fosse importante aggiornarsi e dare la possibilità a tutti, in ogni luogo, di stare al passo con le mode del momento. Avevo tra i miei contatti Cerruti, Laura Biagiotti ma anche Nazzareno Gabrielli. Cerruti l’ho mantenuto in negozio fino all’ultimo giorno. C’era poi una ditta che si chiamava Idrogeno che mi piaceva particolarmente. Non era famosa ma era colorata, piena di vita e interpretava l’esplosione di colori e fantasie dell’epoca. Poi avevo anche conosciuto i lavori di Giorgio Kauten, all’epoca un innovatore. La sua era un’azienda milanese di design che ho mantenuto, negli anni, fino a quando poi ha chiuso. Kauten era molto innovativo perché aveva tessuti nuovi, ecologici, cotoni indiani o thailandesi. Erano stampati con le patate o con altri oggetti ed avevano sete molto belle e tessuti ricchi mantenendo comunque prezzi abbordabili”.
La sua Idea voleva portare la rivoluzione?
“Quello che volevo fare per L’Idea e per Rivabella era tentare di prendere le distanze dall’appiattimento precedente dei colori eccessivamente tenui con quegli abiti che in fin dei conti avevano solamente quei quattro o cinque modelli. Probabilmente essendo anche io giovane avevo compreso che i tempi erano cambiati e che le persone volevano un guardaroba più ricco e fornito e non come negli anni ’50 e ’60 quando gli abiti nel proprio armadio erano comunque due o tre. Frequentavo tutte le sfilate, anche quelle a Milano. Alla settimana della moda andavo sempre. Mi dava la possibilità di frequentare stilisti e modelle e respirare l’ambiente della moda per servire al meglio la mia clientela. Ci sono anche state le sfilate a Rivabella. Ho partecipato attivamente tutti gli anni cercando di portare un pochino di Milano e di Firenze anche in Riviera”.
Nerina, lo stabile che era qui presente, fino al giorno dello smantellamento, era quello iniziale?
“No, certo che no. In principio il Bazar era proprio a ridosso della spiaggia. Per questo era stato richiesto il permesso di costruzione alla Capitaneria di Porto. Alle spalle del Bazar di mia madre c’era una scaletta che portava direttamente alla spiaggia. C’era una vera e propria discesa al mare. Non era quindi uno stabile con delle mura, era piuttosto una sorta di grande tenda. Poi verso la fine degli anni ’70 sono state costruite delle aiuole e un marciapiede e in occasione di quel cambiamento anche il mio negozio ha subìto un cambiamento a livello strutturale con una costruzione in muratura”.
Nerina, cosa può dirci ora di questa decisione di chiudere?
“La decisione è stata abbastanza obbligata. L’Idea non era stata inclusa nel progetto del 2003 e da quel momento sono partite le trattative per far riaprire la mia attività in altra zona, sempre rimanendo a Rivabella. Rivabella è il territorio dove l’attività di mia madre è nata ed è qui che c’è tutta la mia clientela e dove sono conosciuta. Come cittadina nata e cresciuta a Rivabella è mio dovere, oltre che piacere, aiutare il giusto svolgimento dei lavori e non bloccare quelle che sono le decisioni che portano ad un miglioramento e ad una riqualificazione di una zona che per me è una casa. Anche per questo motivo desidero riaprire la mia attività in questa zona perché voglio aiutare, con un progetto al quale sto lavorando, ad arricchire ulteriormente la zona in maniera complementare a quello che è l’ammodernamento dell’area di Rivabella deciso dal Comune. Rimango quindi in attesa che le trattative possano portare ad una soluzione per riaprire la mia attività in questa zona. Rivabella è per me una grande famiglia e ringrazio tutte le persone che mi hanno aiutato durante gli anni sia a livello personale che a livello commerciale. Speriamo di rivederci presto e con un bel locale moderno e rinnovato!”
Sara Ceccarelli