Avete presente la scena della fotografia di classe, con alle spalle lo scalone e nella corte della Biblioteca Gambalunga, “scattata” in Amarcord? Completamente a fuoco, a parte la location: l’ingresso della scuola era davanti al Palazzo Fabbri, in via Tempio Malatestiano. L’istituto in questione è il Ginnasio/Classico, lo studente è il giovane Federico Fellini, il cui destino scolastico era… segnato.
Con la madre Ida Barbiani che desidera il figlio avvocato, l’unica scuola che il giovane “Chicco” può frequentare dopo la riforma Gentile è il Classico. Allora prevedeva cinque anni di Ginnasio e tre di Liceo: una scuola insomma lunga e selettiva.
Negli anni in cui Fellini frequenta il Ginnasio/Liceo, la scuola vive importanti trasformazioni. L’intitolazione antecedente al 1908 del Ginnasio era per Giosuè Carducci, prima della guerra la scuola prende il nome unico di Regio Ginnasio G. Cesare di Rimini. L’inaugurazione della statua (che vediamo di sfuggita in Roma) e l’intitolazione al condottiero romano sono nello stesso anno.
Il “G. Cesare” liceo
Nel 1933 il “G. Cesare” diventa istituto pareggiato e sede del liceo, particolare non indifferente, perché consentirà a FF di proseguire gli studi liceali a Rimini e non a Cesena o Forlì come avveniva in precedenza.
A raccontare questi anni scolastici del futuro premio Oscar ci ha pensato ancora una volta lo storico riminese Davide Bagnaresi. “Per raccontare queste stagioni si può attingere a tre diverse tipologie di documentazione: d’archivio (fonte attendibile), ricordi personali e dei compagni di classe (semiseria) e gli episodi raccontati nel Marc’Aurelio e in Amarcord (conditi da più fantasia)”.
Attraverso le prime due, Bagnaresi ha ricostruito sedi, voti, scene di vita quotidiana e personalità di docenti. Con l’arrivo della sede liceale a Rimini, la scuola abbraccia una nuova infornata di professori: alcuni segneranno il percorso di Federico, molti di questi lasceranno un’impronta importante nella storia educativa riminese. Tra questi Carlo Alberto Balducci, il preside Olivieri, la prof.ssa di Storia dell’Arte Maria Massani e don Gaetano Baravelli, figura di spicco della curia riminese. Alcuni di questi saranno stravolti nella trasposizione cinematografica.
Gli studi di Bagnaresi sull’infanzia e la giovinezza di Fellini (e i diversi inediti ritrovati) confluiranno – ampliati – nel convegno “Fellini e il sacro” in programma tra Roma e Rimini nel marzo 2020.
FF sui banchi
Come si caratterizza la carriera scolastica di FF? Spesso si è scritto e letto di Fellini studente tutt’altro che brillante. Documenti alla mano, Bagnaresi ci mostra un altro lato della medaglia. La scuola scelta, intanto, come detto è lunga e selettiva e per accedervi occorre affrontare – e superare – un esame. Tra l’altro non sarà l’unico: oltre a quello di ammissione, se ne deve sostenere un secondo tra Ginnasio e Liceo, oltre a quello finale di maturità.
La classe all’inizio è molto numerosa: ma dei 41 studenti partiti in prima Ginnasio (nella foto, una classe del Ginnasio per gentile concessione Vitalba e Vittorio Vitale), solo 17 arriveranno al traguardo: e Federico è tra questi, sintomo evidente che tanto “scarso” anche sui libri FF non è. Non è rimandato e neppure rischia.
Se la stagione che regala più soddisfazioni a mamma Ida è il primo ginnasio, con una bella media del 7, nel prosieguo degli studi qualche insufficienza fa capolino qua e là sulla pagella del figlio a metà anno, poi comunque recuperata nel secondo quadrimestre. Sono due i punti deboli dello studente liceale Fellini: matematica ed educazione fisica. Si, proprio la ginnastica, materia nella quale “Federico era ultimo al quadro e nel dare un calcio al pallone” ricorderà Titta Benzi, uno degli amici storici.
Regista in erba
Sono proprio i compagni di classe Titta, Luigino Dolci, Ercole Sega ed Nicola D’Ambrosio il gruppo delle scorribande, dei divertimenti, dei pomeriggi in cui insieme trasformano la centralissima via Ugo Bassi nel palcoscenico delle pugne della mitologia greca. Federico mostra già in questi giochi giovanili la sua attitudine futura: mentre Titta, il più corpulento del gruppo, interpreta Aiace, lui non prende parte ad alcun ruolo bensì è dietro il portone a dare le direttive delle pugne al gruppo: le dirigeva, insomma era un regista in erba.
Rimandato sì, ma dove?
In realtà, una materia scolastica in cui dovette cedere il passo fu cultura militare. Fellini mal sopportava la gerarchia. Un paio di episodi raccontati dal preside a Sergio Zavoli, aiutano a mettere a fuoco il carattere. Federico crea così confusione in classe che il prof. Severino Bacchini lo apostrofa severo: «Prenda la porta ed esca».
Lui, per tutta risposta, si mette ad armeggiare proprio per scardinare la porta, facendo imbestialire ancor più il docente.
Si avvicinano i saggi di fine anno della centuria, di cui Titta era capo. Il prof. Bacchini chiede ai ragazzi di essere scrupolosi nei movimenti: un’esibizione perfetta avrebbe potuto aiutarlo a far carriera. Alla fine del saggio, dopo una parata perfetta, tutti e cento i ragazzi dovevano muoversi dalla stessa parte dello stadio, tutti tranne Federico che con la sua caratteristica camminata se ne va esattamente dalla parte opposta.
Vani i tentativi di farlo rientrare nei ranghi, lo stadio è percorso da un brusio di sottofondo, il prof. Bacchini è rosso dalla rabbia, Titta viceversa ride “come un matto”.
“Lui frequentava le materie che voleva frequentare, non per tutte aveva la medesima simpatia” appunta il preside in Zavoli ricorda Fellini (1964).
Il disegnatore Fellini
Anche nelle sue stravaganze, Federico vanta sempre qualche spunto intelligente. E sono proprio gli anni del Liceo quelli della prima avvisaglie dell’esplosione successiva del genio. Disegnava le caricature dei professori (una è stata ritrovata poche settimane fa a Salerno) e dei divi di Hollywood, e queste vignette circolavano tra i banchi, nei corridoi e grazie alla diffusione che ne promuoveva il fratello Riccardo.
Inoltre “Alcune sue vignette trovano spazio nel giornale satirico fiorentino Il 420 e, dal febbraio 1938, ne La Domenica del Corriere” fa sapere Bagnaresi. In un anno il più famoso settimanale di cronaca italiana pubblica quattordici illustrazioni a suo nome “pagandole 20 lire ciascuna: cifra non sufficiente a farne un mestiere, ma che rappresenta per Federico un primo contatto con la vita reale”.
Roma e il Marc’Aurelio
A 17 anni, in coppia con il pittore Demos Bonini, apre il laboratorio FeBo (dalle iniziali dei due nomi): realizzano anche manifesti per il cinema Fulgor, in cambio di biglietti gratis per assistere ai film. E quando, superato l’esame del Liceo Classico, c’è da scegliere l’approdo universitario futuro, e mamma Ida non vuole Bologna, Federico è ben contento di iscriversi a Giurisprudenza a Roma, teatro di artisti e di una scena che FF in qualche modo sogna. Fellini abbandona Rimini nel gennaio 1939 e immediatamente le sue doti vengono riconosciute grazie alla sua collaborazione al Marc’Aurelio, periodico che pubblica centinaia di vignette che gli valgono la stima di Macario e di Aldo Fabrizi. Il dado è tratto.