Con un colpo di spugna è possibile cancellare dalla faccia del Paese tutta l’informazione locale. In questi giorni è in discussione alla Commissione Bilancio della Camera dei Deputati una risoluzione di maggioranza che impegna il Governo a “un graduale azzeramento a partire dal 2019 del contributo del Fondo per il pluralismo, quota del Dipartimento Informazione editoria”.
Quella che si vuol cancellare è la nuova legge attivata proprio nel 2018, in favore delle piccole testate locali e dei giornali non profit o di proprietà delle cooperative, dopo un importante lavoro di “pulizia” di tutti coloro che su questi fondi guadagnavano per fare altro, ad iniziare dai giornali dei partiti.
La nuova legge, ben fatta (finanzia solo le copie effettivamente vendute e non quelle stampate) è uno strumento che consente di presidiare quegli spazi di pluralismo che la crisi di questi anni ha eroso in maniera incredibile, con la morte di oltre il 40% delle testate locali.
Tutto questo accade con un mercato editoriale che continua ad essere viziato dall’assenza di tetti per la raccolta pubblicitaria, dei diversi mezzi, televisivi, della carta stampata. Intanto hanno fatto irruzione sulla scena tanti canali internet e social che senza produrre contenuti informativi guadagnano sul lavoro degli altri.
Una scelta di questo tipo andrebbe ad esclusivo vantaggio dei grandi gruppi editoriali, che non beneficiano di alcun contributo diretto da parte dello Stato ma solo di alcuni sgravi (spese telefoniche e postali) che non rientrano nel Fondo per il pluralismo che si vuole azzerare.
Anzi, i grandi editori sono sempre stati contrari a questi contributi che alimentano centinaia di piccole testate i cui lettori e il cui bacino di pubblicità fanno gola proprio ai grandi gruppi, sempre più in crisi di copie e di inserzionisti.
Per cui, tranquilli, a parte Avvenire, il Manifesto e Libero nessuno dei grandi giornali darà notizia di questi tagli, anche se potrebbero mettere sulla strada (evviva il reddito di cittadinanza!) almeno 10.000 persone, fra giornalisti, tecnici e amministrativi. La piccola stampa locale (a Rimini i tagli potrebbero interessare direttamente il Corriere Romagna e il Ponte) è un presidio di democrazia, con la pluralità delle voci che propone, una scelta del genere comporterebbe una lesione al diritto di essere informati.
Si tratta poi, in ottica nazionale di pochi spiccioli. Nel 2017 il fondo destinato alla carta stampata ammontava a circa 50 milioni di euro, ed è in costante diminuzione a causa della progressiva chiusura di testate. Un’inezia nel bilancio dello Stato.
La speranza è che i deputati, tutti, abbiano coscienza piena delle conseguenze delle loro scelte.