A settembre ricominciano le grandi sfide. Mica solo quelle sui campi da calcio, o meglio sui canali a pagamento visto che gli stadi son sempre più posti per pochi intimi. Ci sono anche le sfide nelle nostre buchette della posta dove vengono infilati i nuovi cataloghi dei grandi store del mobile, presenza che nel riminese di recente è diventata piuttosto fitta. Una sorta di Mulino Bianco dell’arredamento: salotti, cucine e camere da letto di case dove non piove mai e nessuno mette in disordine, accessori dai nomi esotici e sbarazzini, mobili eleganti, ma dai costi accessibili (eccetto il costo umano per il montaggio fai da te, difficilmente calcolabile). Cataloghi che ci ridanno un po’ di quel piacere di fantasticare che dava il vecchio Postalmarket, lui invece vittima dell’impietoso internet. I mobili sono diventati un po’ come i vestiti: collezioni primavera-estate e autunno inverno, cadenzate appunto dai cataloghi di cui sopra. Che saranno pure piacevoli da sfogliare, ma implicitamente mi danno l’idea di una triste ammissione. Se in casa dei nostri genitori tengono ancora botta i mobili di quando eravamo bambini e invece oggi i mobili, per quanto belli, ce li propongono come oggetto da tenere a tempo determinato, evidentemente vuol proprio dire che i mobili di una volta proprio non li fanno più. Quelli ai quali ci si affezionava anche se non avevano un nome, tantomeno la dieresi.