Tra gli indicatori che danno conto della dinamicità e della competitività delle imprese di un territorio c’è il grado di apertura con l’estero, cioè la capacità di vendere fuori dai confini locali e nazionali. Export ed import, quindi.
Le limitate esportazioni riminesi A Rimini, le esportazioni e le importazioni, procedono su linee diverse, ma piuttosto in parallelo. Dopo la pausa pandemica c’è stata una buona ripresa, cui però ha fatto seguito, negli ultimi due anni, una certa stasi. Che, stando ai primi dati 2024, non sembra, almeno per i settori trainanti come abbigliamento e macchine utensili, cambiare di segno. In ogni caso il saldo (differenza tra export ed import) tra i due flussi commerciali è sempre positivo e in crescita: da poco meno di 900 milioni di euro del 2010 a più di un miliardo e mezzo nel 2023.
Esportazioni, a parte una piccola frazione di prodotti agricoli che non arriva al 2 per cento, sono rappresentate quasi per intero da merci manifatturiere. In ordine d’importanza, i primi cinque macro settori di esportazione provinciale 2023 sono: macchinari, che comprendono motori, componenti elettronici, ottici, ecc… (1,04 miliardi di euro); abbigliamento (511 milioni); mezzi di trasporto (465 milioni); prodotti alimentari e bevande (299 milioni) e metalli e prodotti in metallo (238 milioni). L’ordine gerarchico, pur con numeri diversi, è lo stesso dell’anno 2000. A conferma che su questo fronte non ci sono state, nell’economia del territorio, variazioni tate, vaano di rilievo.
I mercati di riferimento Cambiamenti, invece, si notano nei mercati di riferimento, dove l’Unione Europea rimane sempre quello più importante, ma dal 2010 al 2023 la sua quota scende dal 58 al 43 per cento dell’export complessivo. Perdita che si riduce se consideriamo l’8 per cento di esportazioni dirette verso il Regno Unito (Ru), un tempo nell’Unione. Nel frattempo cresce la quota dell’America del Nord (Stati Uniti e Canada), che sale dal 5 al 18 per cento. Si mantiene, invece, stabile la frazione dei paesi europei extra Unione (17
per cento, che oggi comprende anche il Ru). Porzioni minori di esportazioni 2023 hanno preso la direzione dell’Asia (9 per cento), Medio Oriente (5 per cento), America Centro Meridionale (4 per cento), Oceania (2 per cento) e Africa (1,5 per cento). I valori assoluti danno conto della grandezza dei flussi, ma non ci informano sulla maggiore o minore attività verso l’estero dell’economia del territorio. Per un confronto allargato ci serviamo di due indicatori, con riferimento all’anno 2022 (ultimo disponibile): la propensione all’export (esportazioni/ valore aggiunto x100) e l’export pro-capite. L’esportazione della provincia è in… rosso La propensione alle esportazioni della provincia di Rimini è intorno al 32 per cento, venti punti sotto la media regionale e ben lontana dal 71 per cento di Reggio Emilia, del 64 per cento di Modena e del 57 per cento di Parma, al vertice dell’Emilia- Romagna. Sempre sopra ma meno distanti da Rimini sono ForlìCesena e Ravenna, province con la propensione ad esportare rispettivamente del 34 e del 50 per cento. Una forbice interprovinciale che inevitabilmente si ripresenta quando utilizziamo l’export per abitante, con Rimini poco sopra 9.000 euro, la metà del valore medio regionale, a fronte di 23.000 euro di Parma, 25.000 di Modena e 26.000 di Reggio Emilia.
Sopra Rimini, ma non troppo, le altre due province romagnole: 11.000 euro Forlì-Cesena e 16.000 Ravenna.
Fa peggio solo Ferrara. Sono numeri che testimoniano come una diversa presenza della manifattura, più attiva in Emilia e meno in Romagna, alla fine si faccia sentire, considerando che si esportano soprattutto beni industriali. Beni, come sono le macchine per il packaging, le lavorazioni di materiali, elettromedicali e altro, che incorporando servizi sempre più avanzati ll h h
IMPORT IMPORT
(basta pensare ad internet delle cose, cioè a sensori inseriti nelle macchine stesse che consentono riparazioni a distanza, anche da un continente all’altro), funzionano anche da traino per l’innovazione e la ricerca. Per Rimini e la Romagna non è una situazione nuova, piuttosto
fa parte del deficit strutturale, o se vogliamo di una diversa organizzazione dell’economia di questo territorio.
Con dati di export per abitante di inizio 2000 si ottengono grosso modo le stesse distanze. Vuol dire che in più di due decenni non è cambiato niente. Non è perciò un caso se la Romagna copre solo un sesto dell’export regionale, pur disponendo di un quarto di tutte e imprese. Non ci sono dati provinciali, ma considerando che le esportazioni comprendono anche la vendita all’estero di servizi, il turismo internazionale, cioè i viaggiatori che da un paese terzo visitano l’Italia e che a Rimini costituiscono un quarto dei pernottamenti, sicuramente rientra in questa casistica. Per avere un riferimento, l’Organizzazione Mondiale del Turismo stima la componente turistica nell’export totale uguale al 21 per cento in Portogallo, 20 per cento in Grecia e 12 per cento in Spagna. L’Italia dovrebbe essere sullo stesso ordine di grandezza. Aggiungendo questo apporto l’export riminese un po’ migliora, ma la distanza dalle altre province rimane considerevole.