Nel lontano 2011, la Provincia di Rimini, commissionò, all’Istituto Piepoli, un’indagine dal titolo anticipatorio e significativo: ‘Turisti e patrimonio culturale nella provincia di Rimini’, da cui emergeva che appena un turista su tre fosse a conoscenza del patrimonio artistico e culturale del del territorio. Ora, siccome sapere dell’esistenza di un qualcosa è la pre-condizione per stimolare la curiosità e programmare una visita, dal sondaggio venne fuori che la più conosciuta, dal 38% degli intervistati, risultò la Fortezza di San Leo, visitata però solo dal 27%. Al secondo posto l’Arco d’Augusto di Rimini, conosciuto dal 29% e visitato dal 23%; al terzo il Ponte Tiberio, noto al 27% e visitato dal 21%; quindi il Tempio Malatestiano di Rimini, a conoscenza del 22% ma visitato dal 15%. A seguire, con percentuali più basse: la Rocca di Verucchio, Castel Sismondo, il Castello di Montebello e la Rocca di Montefiore. Dopo questa data, a meno che non ci sia sfuggito, nonostante la cultura sia un bel traino per il turismo, nessuno ha più indagato. La candidatura del Comune di Rimini a Capitale italiana della Cultura 2026, offre così l’occasione di riprendere il filo del discorso. Secondo il Rapporto ‘Io sono cultura 2023’, su dati dell’anno precedente, della Fondazione Symbola e Unioncamere, le attività culturali (design, comunicazione, videogiochi, editoria, ecc…) hanno generato, in Italia, un valore aggiunto di 95.5 miliardi di euro, dato lavoro a 1.5 milioni di addetti, come nel 2019, occupati in 275.000 imprese, cui si devono aggiungere 38.000 organizzazioni no profit. Ma dato, prosegue il report, che per ogni euro di valore aggiunto prodotto dalle attività culturali e creative se ne attivano altri 1.8 in settori economici collegati, come turistico, dei trasporti e del Made in Italy, per un valore stimato in 176.4 miliardi di euro, complessivamente cultura e creatività, direttamente e indirettamente, generano un valore aggiunto di circa 271.9 miliardi di euro, pari al 15.9% dell’economia nazionale. Non proprio una cifra indifferente. Il futuro, poi, non è meno allettante se, come precisa l’Organizzazione Mondiale del Turismo, quattro turisti su dieci, al mondo, apprezzano i viaggi culturali e nel 2022 l’Italia è risultata al primo posto, in Europa, come migliore destinazione da visitare per i turisti stranieri. Restando sul 2022, il sistema delle attività culturali e creative della provincia di Rimini ha prodotto un valore aggiunto di 480 milioni di euro (era di 466 milioni nel 2019), che corrisponde al 5.2% del totale, posizionandosi al 22° posto tra le 107 province d’Italia (che in testa vede Milano e a seguire Roma e Arezzo) e terza in Emilia-Romagna, dopo Bologna e Parma. Significativa la produttività per addetto, misurata dal valore aggiunto (ricchezza) da ciascun occupato culturale: 37.000 euro a Rimini (nel turismo si ferma a 22.000 euro), 34.000 a Forlì-Cesena, 38.000 a Ravenna e 42.000 a Parma, il top regionale (Istat, dato del 2019). Ricchezza prodotta, nel riminese, da 1.888 imprese, di cui più della metà appartenenti al segmento architettura, design e comunicazione, ed oltre un terzo ad audiovisivo e musica, videogiochi e software, editoria e stampa. Imprese che occupano 9.2 mila persone, di cui circa la metà laureati e tanti giovani, contribuendo al 6% dell’occupazione totale, questa volta sopra la media regionale e nazionale (Camera di Commercio della Romagna). Lavoratori della cultura che sono rappresentati, a Rimini, per il 43% da donne, che a Parma diventano il 52% (Istat). Insomma, la cultura, a parte il contribuire a forgiare l’identità dei luoghi e delle persone, è una risorsa che se ben gestita e organizzata, può diventare un volano di sviluppo, con ampie ricadute positive. Ma perché questo avvenga bisogna investire, come d’altronde capita per tutte le attività economiche. Rimini lo farà in vista della sua candidatura, ma fino ad oggi quanto è stato speso per tutelare e valorizzare i beni storici e promuovere le attività culturali? Nella sua analisi su ‘Il ruolo dei comuni nel rilancio della cultura’, Openpolis, basandosi sui consuntivi dei bilanci comunali 2020, calcola che per la tutela e valorizzazione dei beni e delle attività culturali ciascun comune abbia speso, per residente: a Rimini 68 euro (come Milano), Riccione 40 euro, Cattolica 62 euro, Santarcangelo 31 euro, Novafeltria 44 euro. In Emilia-Romagna fanno meglio di Rimini, tra i comuni capoluogo, solo Ravenna e Bologna con 73 euro pro capite. Bisogna aggiungere, perché è una spesa a parte, che tra il 2011 e il 2023 il comune di Rimini ha investito in infrastrutture culturali (Teatro Galli, Museo Fellini, ecc…) 79.6 milioni di euro. La candidatura, che può contare su un budget di 9 milioni di euro, dovrebbe servire proprio a valorizzare questo patrimonio. E farlo conoscere, perché in un articolo del quotidiano inglese ‘The Guardian’ del 2017, tra le migliori dieci attrazioni dell’Emilia-Romagna che segnalava, non ce n’èra nessuna di Rimini e in Romagna veniva citata solo Ravenna. Infine, per rendere più appetibile l’offerta turistico-culturale del territorio il Politecnico di Milano ha anche una proposta: creare una piattaforma turistica, formato digitale, che consenta ai visitatori di accumulare crediti partecipando ad esperienze ricreative e culturali, da trasformare in vantaggi tariffari, viaggi extra e altro. È un’idea che potrebbe favorire fidelizzazione e pluri visite.