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LE TRE VITE DI SAN MARTINO

Ad Amiens

Nella guarnigione romana un giovane soldato a cavallo passa per l’ispezione dei posti di guardia e per la sorveglianza della città. Vede sul ciglio di una strada, abbandonato a terra, un uomo seminudo che trema per il freddo. Preso da pietà scende da cavallo, si toglie il mantello, lo divide a metà con la spada e ne dona una parte al povero, poi riparte per il suo servizio di ronda. La giornata è cupa e il freddo pungente. Improvvisamente le nuvole si diradano e ne esce un sole caldo che riscalda l’aria. Sembra un miracolo: un giorno d’estate fuori tempo. Ma chi era questo generoso soldato romano?

Il suo nome era Martinus e di lui si disse: “Fu soldato per forza, vescovo per dovere e monaco per scelta”. Nacque in un paese della Pannonia, l’attuale Ungheria, dove suo padre era tribuno dell’impero romano. L’editto dell’imperatore Costantino aveva permesso la libertà di culto.  Ormai i Cristiani erano tanti, ma suo padre era un convinto cultore degli dei tradizionali e aveva addirittura chiamato il figlio “Martino” in onore di Marte, dio della guerra.

A Pavia, all’isola di Gallinara, a Poitiers

Martino seguì il padre durante i suoi spostamenti e trascorse la sua infanzia a Pavia e in altre località dell’Italia settentrionale. Poi, come figlio di un veterano, ebbe la carica di “circitor” e fu assegnato alla guarnigione di Amiens in Gallia. Fu un fedele servitore militare dell’impero fino a quella fatidica notte che diede una svolta alla sua vita.

Si racconta che dopo quel suo gesto di carità ad Amiens, durante la notte gli apparve in sogno Gesù, coperto dal suo mantello, che diceva: “Questo è Martino, non è battezzato e mi ha coperto col suo mantello “. Martino volle essere battezzato e in seguito abbandonò la vita militare per vivere come asceta, seguendo il primo monachesimo che si stava diffondendo per opera del monaco Ilario di Poitiers. Prese i voti e visse una vita ascetica di preghiera e di meditazione.

A Tours

I fedeli di Tours, contro la sua volontà, vollero Martino come vescovo della città e lo elessero a furor di popolo. Egli accettò, ma continuò a vivere nella sua semplice casa, cominciando a conoscere la campagna e la vita dei contadini. Esercitò il suo apostolato con determinazione difendendo i deboli e gli sfruttati contro le angherie dei potenti e lo fece con la “grinta” del soldato. Dopo ventisei anni lasciò il suo incarico e terminò i suoi giorni da asceta come aveva sempre desiderato. Le sue spoglie riposano nella basilica di Tours.

La fiera di Santarcangelo e la sagra di Riccione

San Martino è il santo protettore della Francia ed è molto venerato anche in Italia, dove molte città l’hanno voluto come patrono. Anche nel Riminese: l’hanno adottato i Comuni Santarcangelo e di Riccione.

La fiera di Santarcangelo è nota a tutto il circondario. È nata circa due secoli fa come fiera del bestiame, per questo il suo simbolo è un bel paio di corna bovine che vengono appese all’arco di papa Clemente XIV. Oggi, per la festa di San Martino, Santarcangelo è diventata un centro per la presentazione di piatti gastronomici locali, ma anche di cucine particolari provenienti da tutta Italia, che si possono degustare nei vari locali tipici, sotto i tendoni allestiti per l’occasione e pure per le strade.

Molto più modesti sono i festeggiamenti che si tengono a Riccione e che si svolgono solo intorno alla chiesa di viale Diaz. Quest’anno, però, è stato fatto qualcosa in più: potendo festeggiare il nostro santo protettore per tre giorni, abbiamo allestito mercatini più grandi, stand gastronomici più ricchi, giochi di piazza per ragazzi e anche una giostra per la gioia dei più piccoli. Tutto è cominciato il 9 novembre con un concerto alla chiesa vecchia, poi la processione con la statua del santo fino alla chiesa nuova dove è stata celebrata una Messa. Sono seguiti altri due giorni di festeggiamenti e tutto si è completato con la Messa del giorno 11, officiata dai parroci di tutte le parrocchie della città, alla presenza delle autorità civili e militari.

Per creare l’ambiente militare delle legioni romane a cui apparteneva San Martino era presente un gruppo di rievocazione storica di Rimini, che si chiama Legio XIII Gemina, come la legione che accompagnava Giulio Cesare al passaggio del Rubicone. Queste comparse hanno accompagnato la processione, hanno rappresentato la scena di Martino che dona metà del mantello al povero e hanno allestito in piazza un mini accampamento per illustrare la vita militare del tempo.

Quelli di Santarcangelo e di Riccione sono due esempi di sagre rustiche che celebrano la campagna e i frutti della terra e non illustrano come si dovrebbe l’esempio di umanità e l’opera di apostolato di San Martino, ma celebrano questa terra benedetta che offre tutto quello che alimenta la nostra vita. L’usanza di celebrare le castagne e l’uva, gli ultimi frutti della campagna, mi richiama alla mente un ricordo di quando ero bambina. È la sera di San Martino: la famiglia è riunita intorno al camino e si mangiano le castagne innaffiate col vino nuovo. La mamma ha preparato il “Vin brulè”, un vino rosso, addolcito con lo zucchero e aromatizzato con la cannella e i chiodi di garofano. Tuffiamo dentro quel liquido bollente le castagne arrostite e le mangiamo avidamente, infilzandole con uno stecchino…

Mirella Vandi Mazzotti