ETTE. Come i titoli Italiani conquistati da quando è salita in sella a una bicicletta. Sette. Come i giorni che mancano ai campionati mondiali che si correranno a Treviso. Sette. Come le meraviglie che promette. Vania Rossi è carica come una molla. Il Tricolore che ha deciso di indossare sulla passerella di Scorzé è già a casa. A Torriana. Dove papà e mamma lo guardano con assoluta ammirazione. Perché ancora una volta, super Vania ha dimostrato a tutti che in Italia non ce n’è. È lei la migliore. La numero uno. La vera regina incontrastata del ciclocross. Una disciplina ignorante, che ti costringe a salire e scendere dalla sella. A correre in mezzo al fango, a ruzzoloni degni di finire su “Paperissima”.
Allora, Vania, come ci si sente a essere sette volte campionessa d’Italia?
“È una sensazione bellissima, ti mette addosso un brivido inspiegabile. Soprattutto gli ultimi due mi hanno regalato una gioia immensa perché finché gareggi a livello giovanile è una cosa, ma quando sali tra le Elite, cioè nel gotha italiano, sapere di essere la migliore ti riempie di orgoglio e ti ripaga per tutti i sacrifici che compi quotidianamente”.
Aprendo l’album dei ricordi, qual è quello che ti ha regalato più emozioni?
“Beh, diciamo che il primo ha sempre un fascino molto particolare proprio perché è il primo, ma se devo essere sincera anche quello che ho conquistato a Scorzè ha un valore assoluto, ma per un motivo diverso. Lo scorso anno, a Lucca, ero partita tra le favorite e perciò non avevo obblighi particolari mentre quest’anno ero la favorita assoluta e un po’ di pressione sulla linea di partenza l’ho provata. Volevo a tutti i costi dimostrare che in Toscana non era stato un caso, che ero io la più forte e alla fine, fortunatamente ci sono riuscita”.
E a vedere il cronometro anche alla grande, visto che la seconda è arrivata dopo ben cinquantasette secondi.
“Sì, ma non è stato così facile come si potrebbe immaginare, il percorso era quasi impraticabile. Era da una settimana che pioveva e anche il sabato precedente la gara è venuto giù un acquazzone terribile, dal mio camper sembrava ci fosse il diluvio universale. La mattina ho fatto una piccola ricognizione e ho deciso di montare le ruote da fango ma ce ne era talmente tanto che ogni giro ero costretta a cambiare la bici: ne davo una, ne prendevo un’altra, intanto la prima veniva tutta lavata”.
Però proprio il fango è stato il tuo alleato vincente.
“Sì e no. Nel senso che durante il percorso c’era un passaggio dove tutte le mie avversarie scendevano e si mettevano la bici in spalla proprio perché non riuscivano a pedalare, io invece sono riuscita sempre a farlo stando in sella e questo mi ha permesso di accumulare quel vantaggio che poi è stato decisivo, ma se non fossi stata pronta fisicamente sarei stata costretta a fare come tutte le altre”.
A proposito di condizione fisica, dopo Scorzé dovevi partecipare a una gara di coppa del Mondo in preparazione del Mondiale e invece cosa è successo?
“Purtroppo ho avuto un virus influenzale con febbre molto alta che mi ha lasciato un po’ debilitata. Peccato perché correre in Francia mi sarebbe servito per non perdere la condizione ma in questi giorni mi sto allenando per il Mondiale di Treviso. Settimana scorsa siamo stati con la Nazionale a fare una ricognizione del tracciato, è molto duro ma anche molto bello. Mi auguro solo che per il 27 gennaio possa presentarmi nei migliori dei modi anche perchè quest’anno, a livello internazionale non è che mi sia andata così bene”.
L’obiettivo qual è?
“Sarebbe un successo riuscire a qualificarsi tra le prime cinque. L’importante è che questa forma influenzale non mi lasci strascichi e che la fortuna sia un po’ dalla mia parte”.
Francesco Barone