Il forte collegamento con la donna e la natura, in uno scultore poliedrico e peculiare. Lorenzo Bartolini, scultore italiano ribelle, vive per lungo tempo a Parigi, da lui definita grande emporio del mondo, e si immerge nel dibattito e nell’atmosfera politica parigina. Maria Virginia Cardi (nella foto), sociologa dell’arte dell’Accademia delle Belle Arti di Brera, ha raccontato questa figura durante l’incontro “Lorenzo Bartolini nel laboratorio culturale della Firenze ottocentesca. Note sulle eredità riminesi”, a conclusione del ciclo “I Maestri e il Tempo, Racconti di donna: simboli, radici, destini”, organizzato dalla Fondazione Carim.
Vorace lettore di classici e contemporanei, amante della musica e della politica, Bartolini viene riscoperto dopo un lungo e ingiusto oblio negli anni ’30 del ’900 e grazie alla presenza della figlia Giulia Bartolini, la sua fama arriva anche a Rimini. La figlia, infatti, si sposa a Rimini a palazzo Fani nel 1869 e qui vive per tutta la sua vita, cosa non rara poiché nel periodo post-unitario la città attraeva numerose figure, per il teatro, per la vita culturale e il rinnovamento sociale. Attraverso le fotografie che la ritraggono nel proprio salotto riminese, si possono notare le opere del padre appese alle pareti oppure appoggiate sui mobili. Ed è così che si riesce a ricostruire una lunga storia vissuta tra Firenze, Parigi e Rimini.
Quali sono le ragioni dell’oblio?
“I motivi sono numerosi. Le sue numerosissime opere sono sparse per l’Europa e in parte andate disperse. La bottega di Bartolini ha inoltre caratteristiche moderne: funziona come una grande impresa, con una produzione su grande scala per soddisfare la poderosa richiesta di immagini. Ciò testimonia l’ascesa di una borghesia che vuole celebrarsi. Inoltre il suo carattere ribelle e polemico, le sue invettive e la volontà di riformare l’accademia fiorentina, lo rendevano poco gradito. Gli attacchi all’ambiente accademico non piacevano e per questo spesso gli veniva preferito il suo grande rivale, Antonio Canova, difensore della tradizione accademica”.
La fama però arriva proprio perché è un anticonformista…
“In un secondo momento la fama arriva e alla radice c’è l’apertura della città di Firenze. Era terreno fertile per le nuove idee e le formazioni degli artisti dell’epoca. La sua figura è calata in un epocale ricambio politico del quale si fa interprete. È una sorta di artista che si fa da sé. Le grandi trasformazioni in atto che avrebbero cambiato la storia dell’Europa infiammarono l’animo di Bartolini. Nel 1799, infatti, ancora da ventiduenne si arruola nell’esercito francese e arriva a Parigi. È dal periodo parigino e dalla sua conoscenza con Jacques-Louis David, colui che per primo inserisce il linguaggio politico nella pittura, che scaturisce il suo sguardo attento alla realtà dei fatti e della vita”.
La donna è un tema particolarmente caro allo scultore.
“Lo studio di David è aperto alle donne e di conseguenza Bartolini impara a conoscerle. Nel tempo sviluppa una forte sensibilità verso l’altra metà del cielo grazie alla propria educazione aperta, che mostra poi nei tanti ritratti femminili durante la sua lunga carriera. La donna di Bartolini è moderna, libera, la vera protagonista della scena e della società moderna, sopra ogni cosa nell’ambito della rivoluzione francese. Grande considerazione ha infatti per la giovane moglie, per la cognata, e per le tre figlie alle quali darà una grande educazione internazionale. Per lui le donne sono amiche. E l’amicizia è per Bartolini un valore inestimabile che lo spinge ad un forte e profondo rapporto con Carolina Bonaparte”.
Come esprime questo amore per il gentil sesso?
“Attraverso la figura della ninfa. La ninfa è un tema ricorrente che lo accompagna per tutta la vita. È il simbolo di una relazione effusiva con la natura, di una spiritualità della natura, di religione laica. È anche il trionfo di un femminile che infonde il rapporto nuovo con il mondo attraverso i sensi, la sensualità e la modernità. Ci sono tantissime sculture che riguardano la figura femminile, che mostrano una grande attenzione per il corpo della donna e per la delicatezza che esprimono. Compare anche la figura di Dio e della fede nelle sue opere. Come nell’opera La fiducia in Dio, dove la ninfa si trasforma in una Psiche moderna, un cristianesimo naturale e originario. Oppure come l’iconografia assai diffusa nella rivoluzione, dove la devozione cristiana va a rafforzare il tema repubblicano mediante la figura di un genietto nel bosco che prega Dio”.
Sara Ceccarelli