La prostituzione è una piaga vergognosa, il “modello nordico” che si sta facendo largo merita applausi, occorre “colpire” clienti e sfruttatori e far lievitare una nuova cultura del rispetto. A partire da una modifica immediata del vocabolario: “Non sono prostitute, ma sono state prostituìte”. È il primo, necessario passo di una inversione di tendenza nei confronti di donne che, se arrivano sulla strada, “sono già state oggetto di compravendita, di soprusi e umiliazioni”.
Il dramma delle donne che vendono se stesse e il suo possibile contrasto è stato al centro dell’intervento tenuto dal Vescovo di Rimini in occasione della Festa di San Gaudenzo, patrono della città e della diocesi, momento in cui tradizionalmente il pastore incontra autorità, forze dell’ordine e amministratori, ed offre spunti per un’agenda di speranza per il futuro.
Nel decimo anniversario della morte di don Benzi, proprio al prete fondatore della comunità Papa Giovanni XXIII e al suo incessante prodigarsi in favore degli ultimi, si è ispirato mons. Lambiasi.
“Più che parlare di don Oreste o mettere in campo una retorica rievocazione storica, è più importante far parlare don Oreste, perché la sua voce non venga spenta da un egoismo irresponsabile”. Del “prete con la tonaca lisa” il Vescovo di Rimini ha ripreso il “magistero” sociale e politico in materia di società del gratuito, di educazione alla pace, di nomadi e immigrati. E prostituzione.
Lambiasi applaude alla inversione di tendenza che si va registrando anche a Rimini, nell’affrontare cioè la “piaga vergognosa” della prostituzione secondo il cosiddetto “modello nordico”.
“Finalmente grazie alla collaborazione dell’Amministrazione comunale, della Magistratura e delle Forze dell’ordine, e con il contributo importante delle associazioni per la tutela delle vittime di tratta, – ha detto mons. Lambiasi – si è cominciato a sanzionare il cliente, di fatto protagonista nella catena di sfruttamento, e non le donne martoriate, prede della malavita, violentate, sottoposte ad aborti forzati, fatte oggetto di tratta”. Il Vescovo usa parole forti: “Difendere la dignità e la libertà di queste donne, schiavizzate e ridotte a merce di consumo, non è moralismo: lo stupro che subiscono non è un ‘atto contro il pubblico pudore’. È un orrendo crimine”.
Occorre pertanto creare una nuova cultura del rispetto, e scardinare l’idea disumana che della donna (che sta spesso anche alla base del tremendamente diffuso femminicidio) si può fare ciò che si vuole, perché sarebbe un oggetto commerciale.
Il decreto Minniti, convertito in legge lo scorso aprile, consente ai sindaci di emettere una ordinanza contro coloro che ottengono prestazioni sessuali a pagamento. Ben prima di Firenze, la cui ordinanza del sindaco Nardella ha riacceso il dibattito sul contrasto alla prostituzione, Rimini ha prodotto possibili soluzioni. “È del 2014 un’ordinanza sindacale – conferma l’assessore alla Polizia Municipale Jamil Sadegholvaad – che colpisce con una sanzione amministrativa pecuniaria chi offre prestazioni sessuali a pagamento e chi è sorpreso a concordare l’acquisizione di tali prestazioni”. Risultato: 920 sanzioni elevate a clienti e prostitute. L’attività di contrasto alla prostituzione prevede anche l’applicazione del regolamento di Polizia Urbana e da quest’anno anche la contestazione dell’art. 527 del codice penale che, depenalizzato, punisce gli atti osceni in luogo pubblico fino a 10.000 euro. Resta la difficoltà di tramutare la sanzione in pagamento e di affrontare i tanti ricorsi attivati dai clienti (ma anche da prostitute). Il sindaco Andrea Gnassi, insieme al Questore Maurizio Improta e sulla scorta del decreto Minniti, sta pensando di stringere ancora di più le maglie delle ordinanze e di intervenire sulle proprietà dei clienti “morosi”, ad esempio con la confisca di auto e altri beni immobili.
Come moderni Peppone e don Camillo, sulla questione prostituzione sindaco e vescovo convergono: “Almeno eliminiamo l’ipocrisia. – è caustico Gnassi – Non parliamo più di prostitute ma di prostituìte. Insieme a Firenze stiamo lavorando per una ordinanza ancora più restrittiva. Occorre colpire i clienti e chi sfrutta queste donne”. Chi invece distingue è Stefano Muccioli. Il capopagina del Resto del Carlino sceglie la prima pagina dell’edizione Rimini per muovere le sue obiezioni: “Non tutti gli uomini che cercano un po’ di sesso mercenario meritano la galera. – ha scritto Muccioli – E non tutte le donne che decidono di vendere il loro corpo sono costrette a farlo”.
Oltre a lanciare il sasso, il Vescovo non ritrae la mano ma rilancia: “Ci augiriamo entri in vigore una ordinanza con il chiaro intento dell’Amministrazione di contrastare lo sfruttamento della prostituzione e la riduzione in stato di schiavitù in tutta la Città, per evitare che un fenomeno tanto disumano e incivile si trasferisca in altre zone”. Lambiasi si spinge anche più in là. Al termine del concerto di San Gaudenzo, in una Basilica Cattedrale esaurita in ogni ordine di posti, il pastore della Chiesa riminese ha lanciato un’ulteriore provocazione. “Auspico che presto, in occasioni del genere, possano partecipare anche i fratelli meno fortunati…”.
E nel lungo elenco proposto al pubblico del Duomo, figuravano anche le prostitute, a partire da quelle già liberate dalla schiavitù della strada.
Paolo Guiducci