La parrocchia continua a chiamarsi Santa Maria Maddalena, ma la sua chiesa è quella della Santissima Trinità. Noi però, per capirci meglio, la chiameremo semplicemente parrocchia delle Celle.
La vecchia chiesa, all’incrocio di diverse strade, di fronte al cimitero, troppo piccola per una periferia in rapida espansione, è stata affidata ai fratelli Ortodossi, mentre la parrocchia si è trasferita col suo titolo presso la nuova, ampia chiesa dedicata alla Santissima Trinità.
Don Giorgio Pesaresi ne è il parroco dal 1989.
“Veramente sono venuto qui nel 1986, quando era ancora parroco don Bacchion. Fu in quell’anno che furono inaugurate la nuova chiesa e la canonica. Quelli sono stati gli anni del rapido incremento demografico. Poi nell’89 sono diventato parroco di tutta la zona delle Celle”.
In occasione della prossima Visita Pastorale alle Celle vorremmo presentare a tutta la comunità diocesana anche la tua parrocchia. Poiché qualcuno ci rimprovera di essere sempre molto benevoli e di presentare solo le cose belle, con te potremmo incominciare a raccontare quello che ti sembra più problematico.
“La Visita Pastorale è stata per me un momento privilegiato per una importante riflessione sulla realtà della parrocchia e, ancora di più, sull’esercizio del mio ministero sacerdotale. Soffermandomi a considerare i sette obiettivi che formano il quadro degli orientamenti pastorali mi sono trovato decisamente insufficiente. Non ne faccio motivo di scoraggiamento, ma occasione per uno sguardo realistico sulle mie capacità e possibilità”.
Sei a servizio di questa comunità da 27 anni e da 23 ne sei anche parroco: come hai visto l’evolversi ed il progredire della vita religiosa?
“La vita che mi trovo attorno mi sorprende sempre, perché vedo che non l’ho innescata io o la mia iniziativa, ma è cresciuta su come dono della grazia di un Altro. Io ho cercato, come ho potuto, di non spegnerla. Ho cominciato con un gruppo di ragazzi che mi sono trovato in parrocchia, che ho seguito personalmente fino a quando altri impegni non mi hanno richiesto attenzione. Allora li ho invitati a guardare alle realtà ecclesiali che incontravano nei vari ambiti di vita: nella scuola, all’università, sul lavoro … Mi ritrovo ora che questi ragazzi sono adulti, padri e madri di famiglia, che in parrocchia sono collaboratori nella catechesi ai ragazzi, nel lavoro con altre famiglie, nelle attività educative e ricreative”.
E scendendo più nei dettagli?
“In parrocchia sono presenti, in modo organico e strutturato, due associazioni cattoliche: gli Scouts e la Legio Mariae. Sono certamente realtà diverse tra loro, non sono state inventate da me o dalla parrocchia; hanno storia, tradizioni, metodi che sono propri e che chiedono di essere accolti e valorizzati”.
Più o meno conosciamo il metodo scout. Quali caratteristiche noti nel tuo gruppo?
“L’esperienza scout riguarda un ambito di vita molto particolare: i ragazzi e le ragazze che vi fanno parte sono preadolescenti e adolescenti, delle medie e dell’inizio delle superiori. È un’età molto particolare ed è molto particolare la realtà socio-religiosa che si incontra attraverso di loro. Molti ragazzi e ragazze che si avvicinano all’esperienza cristiana attraverso il cammino scout, sono ragazzi e ragazze che spesso partono da situazioni distanti dalla fede o dalla parrocchia. È attraverso questo cammino che in qualche modo si prolunga la cura pastorale del sacerdote: l’esperienza scout arriva là dove il sacerdote non riesce ad arrivare o non avrebbe agganci per incontrarli”.
Dall’Annuario diocesano scopro che tu sei assistente della Legio Mariae e nella tua parrocchia c’è questa associazione. Ce ne vuoi parlare?
“Sono assistente della Legio, ma non l’ho inventata io. Ed è per me un grande aiuto nell’apostolato. Anche se a prima vista parrebbe solo un gruppo di preghiera, per la grande devozione alla Madonna, la Legio Mariae è, almeno come idealità, una realtà di apostolato, un gruppo missionario attivo, verrebbe da dire di assalto, in quanto disposto ad andare casa per casa a proporre la fede. Questo andare alle persone è la loro caratteristica fondamentale e in questo sono davvero un richiamo importante per tutta la parrocchia.
Detto in modo un po’ banale e umoristico: la Legio Mariae non chiede ai «clienti» (le persone) di venire in «negozio» (in parrocchia), ma porta la «merce» (la vita di fede) a casa del «cliente». Io credo che se questo modo di fare fosse applicato in ogni realtà ecclesiale sarebbe davvero una rivoluzione nella pastorale”.
Gli Scout e la Legio … E su chi ancora puoi fare affidamento nel tuo lavoro pastorale?
“Da anni sono presenti in parrocchia gruppi di persone che si riuniscono per pregare in modo organizzato e guidano due incontri di preghiera quotidiani, un incontro settimanale di meditazione e uno mensile di adorazione serale. Personalmente non riesco ad essere presente moltissimo, però vedo che ho bisogno che attorno a me, attorno alla parrocchia, ci siano persone che pregano, che si offrono, come candele che bruciano in silenzio, ma diffondono la luce”.
Quali sono gli ambiti pastorali che ti tengono maggiormente impegnato?
“Sicuramente la Liturgia e la Catechesi. L’esperienza mi insegna che la Messa è il momento originante di tutto, per me come prete e come servizio, e per la comunità parrocchiale che si ritrova una cosa sola nel Signore Gesù. La coscienza di appartenenza, di familiarità, il crescere nella consapevolezza di essere Chiesa, è un cammino che ho visto crescere e formarsi proprio nel vivere la Messa. È nell’incontro personale con Gesù, ricevuto nell’Eucaristia, che le persone sono cresciute, non come individui isolati, ma come comunità. Ne ho un esempio nel gruppo del Coro. Quelli che anni fa erano i «ragazzi del gruppo canti», sono oggi adulti, cresciuti anche come professionalità nell’essere coro, ma soprattutto persone in un cammino di fede, e sono una bella testimonianza per tutta l’assemblea liturgica.
L’altro ambito che mi occupa molto è la catechesi. E nella catechesi mi occupo principalmente della formazione dei catechisti. Del resto nella catechesi dei bambini e dei ragazzi, nella formazione dell’iniziazione cristiana, i catechisti sono il punto fondamentale, perché a quest’età il riferimento all’adulto è ancora necessario e desiderato. Il metodo di fondo è la presenza dell’adulto che entra dentro le questioni della vita con la certezza della fede. «Chi mi ha educato, lo ha fatto col suo essere, non col suo parlare», ha lasciato scritto Pasolini. Per questo l’umanità dell’adulto, un’umanità interamente coinvolta con Cristo, è la condizione dell’educazione alla fede”.
Per avviarci alla conclusione, la tua parrocchia conta sui 5000 abitanti … naturalmente senza contare tutti quelli che riposano nel cimitero.
“Ma anche loro sono veri e propri parrocchiani, anche se non esigono un lavoro pastorale specifico. Ma a questo proposito vorrei partire da prima, da quella realtà che normalmente è nascosta agli occhi di tutti: da quelle persone ammalate e sofferenti che sono abbracciati alla Croce di Cristo e la portano con lui. Di fatto sono le persone che con l’offerta del loro dolore e della loro sofferenza costruiscono la parrocchia. Che debito so di avere personalmente con ciascuno di loro!
Poi, è vero, c’è la realtà della morte. Ogni anno accompagno decine di fratelli e sorelle all’incontro col Padre: sono anche loro la parrocchia e continuano ad esserlo. E quando coi familiari e gli amici preghiamo per loro, nei funerali o negli anniversari, chiediamo che anche loro preghino per noi che ancora siamo per la strada”.
Per la strada oggi le parrocchie sono chiamate a farsi compagnia. Come zona pastorale la parrocchia delle Celle è aggregata a San Giuliano Borgo e San Giuseppe al Porto.
“Sì, abbiamo incominciato qualche forma di collaborazione e ci confrontiamo di tanto in tanto su temi comuni. Ma quello che vorrei ricordare, a conclusione della nostra conversazione, è il bellissimo regalo che da più di 15 anni mi ha fatto don Giuseppe Bonini, venendo in mio aiuto. Dopo aver rinunciato alla parrocchia al compimento dei 75 anni, si è offerto per questa preziosa collaborazione con me. Vorrei dire che la sua presenza è per me più che un aiuto: è un’amicizia sacerdotale che mi ha molto aiutato, sostenuto, edificato. Don Giuseppe, in modo molto discreto, è entrato anche nel cuore delle persone di questa parrocchia e non si è risparmiato nel donarsi alle anime che lo hanno cercato”.
Egidio Brigliadori