Lungo la riviera di Rimini i dipendenti degli hotel di origine straniera, secondo Federalberghi, sono poco meno della metà e il doppio della media nazionale. Intanto, in vista della prossima stagione, si rinnova la corsa a cercare personale, non solo gli hotel. Per esempio, nelle attività di spiaggia mancano più di 500 persone, bagnini inclusi.
In agricoltura, un altro settore che si è imposto alle cronache per le proteste dei trattori, tra Rimini, Forlì-Cesena e Ravenna, su un totale di circa 40.000 lavoratori agricoli dipendenti, stagionali in maggioranza, gli immigrati non comunitari sono oltre un terzo. Includendo gli immigrati di Paesi comunitari, in particolare dell’est, sono molti di più. Nel lavoro domestico di cura, tre lavoratori su quattro sono stranieri, prevalentemente donne, anche queste dell’est. Una breve rassegna (mancano anche gli autisti per il trasporto pubblico) per dire che senza forza lavoro, maschile e femminile, proveniente dall’estero, molte attività economiche, unanimemente ritenute fondamentali, semplicemente si fermerebbero. Ma se, nonostante queste presenze, tanti settori continuano a lanciare allarmi per la carenza di personale, è ovvio che non bastano. In soccorso, il Governo ha varato il Decreto Flussi, che per l’anno in corso prevede l’ingresso di 150.000 lavoratori non comunitari.
Solo per Rimini, le domande dell’anno scorso erano state più di 2.000. Cifra che potrebbe essere superata quest’anno. Il 21 marzo parte il click-day 2024, che prosegue il 25 marzo per gli stagionali: una sorta di lotteria. Non solo per rientrare nella quota, ma per ottenere il lavoratore o la lavoratrice in tempo utile. In pratica, uno stagionale dovrebbe arrivare entro maggio e non per dicembre. Fino ad ora non è andato così.
Ma a questo punto sorge, spontanea, una domanda: sul territorio nazionale ci sono circa mezzo milione di immigrati (Rapporto ISMU 2023) irregolari, che non hanno commesso alcun reato e attendono solo un modo per legalizzare la loro presenza. Ben felici di svolgere, con un minimo di formazione, tanti dei lavori oggi scoperti. Sono già qui e sappiamo anche dove sono. In Centri rimpatri, che somigliano più a prigioni che luoghi di attesa, ma ci costano milioni di euro (quello in Albania costerà alle casse pubbliche italiane 673 milioni). Per rimpatri che nella stragrande maggioranza dei casi non avverranno per mancanza di accordi col Paese d’origine. Lo dimostra il fatto che nonostante proclami minacciosi quanto roboanti, negli ultimi anni i rimpatri non sono stati più di 4.000. Se, invece, si offrisse loro una opportunità si farebbe un buon uso delle spese sostenute per la loro accoglienza e arriverebbero sicuramente in tempo, perché sono già qui. Perché il paradosso è proprio questo: ne abbiamo mezzo milione in casa, che non impieghiamo, ma il Governo fa decreti per farne entrare altre centinaia di migliaia. È una logica razionale? Non pare. Allora perché accade? Semplice. Gli immigrati irregolari devono, per il Governo, espiare la pena di essere arrivati da soli senza permesso. Quindi, anche se servirebbero, sono respinti. Con costi per l’erario e per le imprese, che resteranno senza personale. Ideologia al posto del senso pratico.