San Girolamo. Una festa parrocchiale, giovani e adulti insieme alla ricerca di significato
Non c’è un vero motivo per cui li ho uccisi. Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia.
Oppresso. Ho pensato che uccidendoli tutti mi sarei liberato da questo disagio. Me ne sono accorto un minuto dopo: ho capito che non era uccidendoli che mi sarei liberato ». Riccardo, il diciassettenne di Paderno Dugnano (MI) che ha ucciso i suoi genitori e il fratello più piccolo, ha risposto con queste parole alle prime domande dei magistrati.
Ma cosa ci libera veramente da questo disagio? Esso non può essere ridotto a una patologia psichiatrica e non è solo di Riccardo, ma di tanti giovani e adulti. Viviamo un tempo in cui si compie ogni sforzo per tenere tutto sotto controllo, dalle regole fino al tracciamento della posizione in cui si trova lo smartphone dei propri figli, per non parlare delle telecamere sparse in tutto il territorio, ma c’è qualcosa che sfugge e, come ha scritto un giornalista in uno dei numerosi articoli pubblicati sull’argomento nelle ultime settimane, «se c’è una cosa che ci terrorizza è la mancanza di controllo» (M. Maggiani, Il male che ci appartiene e non capiremo mai, “La Stampa”, 9 settembre 2024).
Un bisogno insopprimibile
Una volta un ragazzo a scuola, raccontandomi di un momento di dolore vissuto per la morte del nonno, mi disse: «Io ho sperimentato un vuoto dentro di me, mi faceva male perché non potevo farci nulla». In queste settimane, assieme a Elena e Erika, ci siamo confrontati con i giovani della nostra comunità parrocchiale a partire dal testo di una canzone del rapper Marracash, “Tutto questo niente – Gli occhi”, che descrive questa stessa impotenza: «Cento cose, mi tengo in moto / Riempio il tempo e non colmo il vuoto». Lo stesso tema l’abbiamo ripreso con i ragazzi delle medie a partire da “Shallow”, il brano cantato da Lady Gaga, nelle cui parole si riafferma questo bisogno insopprimibile: «Dimmi una cosa ragazza, sei felice? O hai bisogno di qualcosa di più? C’è qualcos’altro che stai cercando? Dimmi una cosa ragazzo, non sei stanco di riempire quel vuoto?
O hai bisogno di più?». Mi ha sorpreso come anche i
Il desiderio di felicità che anima i giovani è stato il leit motiv della festa annuale.
Le canzoni di Lady Gaga e Marracash, la storia di Cilla, la ricerca di senso e compagnia. “Don Roberto: “Ci sono adulti disposti a stare con i giovani con una proposta all’altezza del loro desiderio?”
giovanissimi si ritrovassero in questo desiderio di felicità, sottolineando al contempo quella che la stessa canzone descrive come «la paura di sé stessi».
Si può avere stima di questa umanità costituita da quelle esigenze irriducibili che non possiamo controllare?
È possibile una proposta ai giovani che sia all’altezza di quel desiderio e di quelle domande insopprimibili in cui riconosciamo i nostri stessi interrogativi ultimi? Ce lo hanno testimoniato i nonni di Riccardo, rendendosi disponibili a incontrarlo subito dopo i delitti commessi e don Claudio Burgio – col quale ci siamo incontrati lo scorso anno in videoconferenza assieme a educatori e genitori della nostra Comunità – che ha raccontato in lacrime al telegiornale di come lo ha accolto e abbracciato al suo arrivo nel carcere minorile “Beccaria” di Milano, mentre il giovane gli chiedeva di confessarsi.
C’è un bene che vince il male C’è un bene che vince anche il male più grande che possiamo immaginare. Non è l’affermazione di un concetto sia pur bello e affascinante, ma il riconoscimento dello sguardo di Cristo assetato della nostra umanità come fu assetato della sete di quella donna che incontrò al pozzo di Samaria (cfr. Gv 4,5-42).
Oggi il cristianesimo risulta credibile e si comunica per “contagio”. Per un impatto umano, cioè, che genera un’attrattiva, mostrando uno sguardo capace di abbracciare interamente la nostra umanità senza censurare nulla
L’urgenza più grande oggi è di adulti che incontrino i giovani con una proposta di significato densa della stessa tenerezza con cui Gesù ha guardato la samaritana, sfidandola a prendere fino in fondo sul serio la propria sete.
Per questo abbiamo vissuto l’annuale Festa parrocchiale di San Girolamo proponendo ai nostri ragazzi e ragazze di animare i giochi con i più piccoli e aiutare nella cura della cena, i quali sono stati entusiasti di coinvolgersi assumendosi alcune responsabilità. A loro è stata inoltre dedicata una serata in cui alcuni giovani di Gioventù studentesca (GS) hanno proposto la storia di Cilla, quindicenne inquieta e piena di domande, travolta dall’incontro con Cristo.
La storia di cilla. si può guardare senza paura alle nostre domande Tutti i nostri ragazzi sono stati certamente colpiti dalla storia di una loro coetanea ma ancor più da come i giovani che la proponevano si sono messi in gioco parlando «a tutti i presenti di cose accadute a loro» (Beatrice), mettendo in comune «le loro vite private, tra cui problemi molto importanti» (Davide) senza timore di «raccontare le loro difficoltà» e testimoniando al tempo stesso «la forza per superarle» (Simone). Elisabetta, già colpita dal clima di «comunità e condivisione » e dal «modo in cui le persone si sono unite» nella serata della festa, ha sottolineato come i giovani abbiano «raccontato la storia di Cilla assieme alle loro esperienze», senza nascondere le proprie «vulnerabilità», parlando «del valore della comunità», confermato dal fatto che «erano presenti amici nel pubblico a sostenerli ». Veronica, grata per aver scoperto «un nuovo libro che vorrei leggere», è stata colpita dal momento in cui i ragazzi hanno cantato perché «in quel momento ho capito quanto fossero legati tra loro».
Senza censurare o dimenticare nulla L’intuizione di fondo presente in tutti i racconti dei nostri giovani è che ciò che spesso si nasconde per paura di essere vulnerabili o perché non si può controllare, come le proprie ferite e le proprie domande, si può guardare con uno sguardo positivo. Non si tratta di una riflessione a tavolino, ma di una umanità che attrae, come spiega Emma riferendosi all’esperienza di una ragazza da cui è stata particolarmente impressionata, nella cui vicenda non vedrebbe nulla di positivo, ma, al tempo stesso riconosce invece che «lei ha avuto la forza di parlarne davanti a tutti, e questo mi ha colpito molto».
Uno sguardo positivo alla nostra umanità Quello che sembrerebbe impossibile in una riflessione teorica viene riconosciuto nel volto di una coetanea e in una profondità di amicizia e di legami che stupisce.
Oggi il cristianesimo risulta credibile e si comunica per “contagio”. Per un impatto umano, cioè, che genera un’attrattiva, mostrando la possibilità di uno sguardo capace di abbracciare interamente la nostra stessa umanità, senza essere costretti a censurare o dimenticare nulla.
L’esigenza di una proposta all’altezza del nostro desiderio Occorrono adulti disposti a stare con i giovani amando e stimando la loro umanità, con una proposta che sia all’altezza del loro desiderio, disposti a lasciarsi stupire quando il loro cuore riconosce, anche solo per un istante, ciò che corrisponde al loro – e nostro – bisogno infinito.
Don Roberto Battaglia