Le ronde dei cittadini, rilanciate di recente dalla Lega Nord, sono una proposta più o meno condivisibile. Ma restano comuque la conferma di una tendenza congenita nello spirito italiano: laddove le istituzioni non ci arrivano, il cittadino può fare da sé. Se si reputa che la politica non sia abbastanza risoluta su un tal argomento, il privato pensa che ci sia sempre un margine in cui ha facoltà di agire. Si prenda il discorso casinò. C’è chi a Rimini lo vorrebbe, nonostante gli enormi rischi sociali che comporterebbe.
La politica non si è mai schierata per il sì, ma d’altro canto sul gioco d’azzardo “soft” le leggi italiane non sono mai state troppo rigide. E allora, da un giorno all’altro, a Rimini sulla Statale spunta un casinò. Che ovviamente proporrà solo i giochi che la legge gli consente, e non sarà un vero casinò come quelli di Venezia o di Montecarlo (anche perché l’esterno un po’ kitsch fa piuttosto Nevada di periferia).
Fatto sta che oggi chi viene a Rimini vede a tutti gli effetti un locale chiamato casinò. Ma a volte il cittadino anticipa le istituzioni per semplice esasperazione. Tutti i grandi teatri che si rispettino sono affiancati da locali in cui il pubblico, prima o dopo lo spettacolo, può andare a bere qualcosa. Rimini un grande teatro ce l’ha, ma è ancora come la Seconda Guerra Mondiale l’ha lasciato. Lì di fianco, di recente, hanno intanto aperto l’Enoteca del Teatro.
In attesa che torni finalmente agli antichi splendori, qualcosa al Galli almeno è stato dedicato. Per il brindisi, però, forse c’è ancora un po’ da aspettare.
Maurizio Ceccarini