Il marmo sigilla – a cento anni dal suo avvio – una pagina di storia riminese (e anche nazionale) molto dolorosa e sofferta. Nella chiesa di S. Maria Ausiliatrice, sul Lido di Rimini, esattamente un secolo fa venne collocata la lapide dei profughi veneti. Distrutta durante i lavori di ampliamento del tempio, è stata ora ricollocata, a cento anni dalla sua posa, per iniziativa del Rotary Club Rimini.
Ottobre 1917. L’Italia, coinvolta in una raccapricciante guerra europea, deve fare i conti con la catastrofe militare ricordata come “la disfatta di Caporetto”, e con una “piaga” sociale e umanitaria. Una moltitudine di popolazione veneta, infatti, cala come una valanga sul litorale romagnolo e occupa in maniera tumultuosa e disordinata tutte le ville e le casette vuote del litorale da Cesenatico a Cattolica. Il Lido di Rimini è letteralmente invaso.
“Se i primi mesi di questa ondata di profughi danno adito a incresciosi conflitti di convivenza con la comunità locale, – racconta il ditrettore di Ariminum Manlio Masini, che alla vicenda ha dedicato più d’uno studio – con il passare del tempo la presenza dei veneti, sempre più composta e disciplinata, spinge i riminesi a condividere con loro gli stenti della quotidianità. Sorgono vari comitati di soccorso, e l’assistenza agli sfollati, soprattutto da parte delle organizzazioni cattoliche, diviene motivo di caritatevole apostolato”.
Un ruolo importante è assunto dalle chiese del litorale, dove sacerdoti veneti danno vita a significative celebrazioni eucaristiche. Molto toccanti e partecipati sono i rituali della Festa di San Marco, patrono di Venezia, solennizzata il 25 marzo con la partecipazione del vescovo di Rimini mons. Vincenzo Scozzoli, e il mesto cerimoniale in memoria dei soldati veneziani morti in guerra, officiato l’11 aprile.
Anche il cardinale Pietro La Fontaine, patriarca di Venezia, viene a Rimini a portare conforto agli sfollati. Arriva in stazione sabato 7 settembre 1918. Ospite del confratello di Rimini, mons. Scozzoli, nel pomeriggio si reca nella chiesa di marina, la chiesa dei profughi, «a rendere grazie all’Altissimo».
La visita di La Fontaine dura quattro giorni, durante i quali – tra l’altro – dà udienza alle delegazioni delle municipalità di tutti i comuni che accolgono gli sfollati; ispeziona 42 opere di soccorso nelle comunità di Cattolica, Riccione, Viserba, Bellaria, Cesenatico.
Il cardinale La Fontaine lascia Rimini nel pomeriggio di martedì 10 settembre. Due mesi più tardi termina la guerra. I profughi trascorrono il primo Natale di pace nel luogo che li ha ospitati ed in questa circostanza donano alla chiesa, che nel raccoglimento e nella preghiera ha alleviato i disagi della loro forzata lontananza da casa, la lapide.
L’inaugurazione avviene al termine della Messa delle 10 del Natale 1918.
Nella chiesa della marina di Rimini (oggi Santa Maria Ausiliatrice) è raccolta tutta la comunità veneta sfollata sul litorale in seguito alle funeste vicende belliche. Al termine della sacra funzione, alla presenza dei delegati del comune lagunare, i profughi riconoscenti al sacro luogo che con tanto amore li ha tenuti uniti nella preghiera durante i mesi di forzata lontananza da casa, scoprono una lapide a perenne ricordo dei tragici avvenimenti trascorsi e della venuta in mezzo a loro del patriarca di Venezia.
La lapide, fissata nell’atrio della chiesa di S. Maria Ausiliatrice, è andata distrutta durante i lavori di ampliamento del tempio nel 1960-‘62. Il Rotary Club Rimini con il consenso dei salesiani, che dall’ottobre del 1919 hanno in affidamento la parrocchia, l’ha recuperata e rimessa al suo posto in occasione del centenario del suo primo collocamento.
Tommaso Cevoli