All’indomani di altre due terribili tragedie del mare (119 persone morte, di cui 6 bambini) e dell’assassinio del ragazzo maliano a Rosarno, il Coordinamento nazionale immigrazione di Caritas Italiana si ritrova in questi giorni a Reggio Calabria per confrontarsi sulle complesse dinamiche che stanno connotando il dibattito sull’immigrazione, soprattutto dopo l’avvio del nuovo governo. In una stagione nella quale i toni propagandistici stanno mistificando la realtà delle cose, oltre cento operatori delle Caritas diocesane si sono riuniti per riflettere insieme sul destino di un Paese che appare ossessionato dall’immigrazione, considerato come il problema principale in questo momento, anche se i dati reali non dicono questo (78% di ingressi in meno rispetto al 2017).
Anche la Caritas di Rimini, che, del resto, nella sua azione su queste tematiche è certamente un punto di riferimento almeno a livello regionale, è presente con una delegazione.
A partire dall’auspicio che il dibattito sui migranti affievolisca i toni e poggi su un piano realistico, la rete delle Caritas di tutta Italia vuole ancora una volta testimoniare il grande valore dell’accoglienza che, laddove viene gestita con lungimiranza e nel rispetto delle regole, porta benefici a tutti: ai migranti e alle comunità che li ospitano. Su questo i dati del progetto Sprar sono una lieta conferma. Molto meno positivi invece appaiono quelli dei Centri di permanenza per il rimpatrio (ex Cie).
Investire sull’accoglienza significa investire sul futuro del Paese in termini di sicurezza e coesione sociale. Come ricordano gli organizzatori: “pensare che accogliere sia solo un costo significa non voler affrontare la realtà delle cose: persone senza tutela possono diventare più vulnerabili e quindi un possibile rischio per i territori”.
La riflessione delle Caritas riunite a Reggio Calabria verterà anche sui temi del partenariato con i Paesi di origine e di transito per la gestione dei flussi migratori. Canali regolari di ingresso e serie politiche di integrazione sono l’unica alternativa alla macchina delle espulsioni che in questi anni si è rivelata inefficace e costosa e alle continue morti in mare.
Per funzionare i rimpatri hanno bisogno di accordi con i Paesi di origine che alla prova dei fatti finora si sono rivelati poco efficaci.“Anche gli accordi con i Paesi di transito per bloccare i flussi migratori, come nel caso della Libia, hanno sì generato una riduzione degli arrivi ma a caro prezzo, sulla pelle dei migranti”.