Michela Botteghi
Mi chiamo Michela Botteghi, ho 41 anni e sono un’insegnante di musica. Il prossimo 13 maggio, durante la veglia vocazionale, vivrò la candidatura all’ordo virginum, la forma di consacrazione femminile ripristinata dal Concilio Vaticano II per le donne che vogliono vivere “nel mondo” la sequela di Gesù Cristo, nel legame e a servizio della propria Diocesi e nell’obbedienza evangelica al vescovo.
Sono giunta a questo momento dopo un lungo percorso, iniziato nella mia adolescenza, quando mi sono chiesta cosa voleva da me il Signore e a cosa mi stava “chiamando”. Ho avvertito che la consacrazione era il modo per me più bello con cui avrei potuto seguirLo e ho scelto di entrare in un Istituto Religioso, di cui ho sperimentato la vita per vari anni. Gli eventi che sono seguiti mi hanno condotta a conoscere l’ordo virginum e a comprendere che la modalità di sequela che esso propone è più consona alla mia personalità. Così, dopo averne fatto richiesta al vescovo Francesco e averne ottenuto il consenso, ho cominciato il percorso di formazione specifica insieme a Marina Venturi, aiutate da Elisabetta Casadei, teologa e docente presso il nostro Istituto di Scienze Religiose, già consacrata nell’ordo virginum della Diocesi di Roma.
Il carisma della verginità “per il Regno dei Cieli”, di cui mi sento beneficiaria, è un dono di Dio, che manifesta nella mia vita la Sua priorità su ogni altra realtà umana e sopra ogni mia scelta, pur nei limiti della dimensione personale che mi caratterizza. È anche un dono per la Chiesa, perché la vita consacrata, il sì a Dio e alla Sua causa, manifesta in essa la bellezza e la bontà di Dio.
Poter vivere tale carisma nelle comuni circostanze della vita, ossia nella laicità, mi permette di essere pienamente me stessa, di incontrare persone di ogni “credo”, in ogni luogo e in ogni momento, a cui cerco di testimoniare, in modo più o meno manifesto, il Suo sguardo benevolo per loro. Inoltre la condivisione del lavoro e delle fatiche quotidiane di tutti mi rende partecipe “da consacrata” dello spogliamento che Gesù ha vissuto sulla terra, quando ha fatto proprie le nostre precarie condizioni umane.
La Diocesi di Rimini diventa per me sempre più “la mia famiglia spirituale”, ossia quel luogo da cui ricevo continuamente il nutrimento per lo spirito, la gioia della comunione fraterna e per cui mi spendo, pregando e lavorando, per edificarla con la mia vita.
Ringrazio il Signore per tutta la strada che mi ha fatto percorrere nella Sua Chiesa: in essa mi ha formata, educata e attratta sempre più a Sé e a cui chiede di donarmi nella forma di vita dell’ordo virginum. Michela Botteghi
Marina Venturi
Sono nata a Savignano sul Rubicone 52 anni fa. Da 15 anni abito stabilmente nel mio paese di origine; lavoro con le mie sorelle e una nipote nel nostro negozio di giocattoli, dove ogni giorno incontro bimbi con i loro genitori. Nella parrocchia di Santa Lucia svolgo il mio servizio come catechista e ministro straordinario della Comunione Eucaristica. Appartengo da anni, inoltre, all’Ordine Francescano Secolare.
Ho scelto questa forma di vita per grazia dello Spirito Santo, perché la verginità è un dono di Dio! Lo Spirito è il protagonista della mia vocazione: con la sua presenza e con la sua pazienza ha agito nella mia persona, sia a livello umano che spirituale, facendo maturare in me il desiderio di essere sposa di Cristo.
Ho capito che il Signore mi chiamava alla vita consacrata dall’amore grande che mi infondeva per la Chiesa. Il carisma dell’ordo virginum, infatti, non è solo la verginità, ma anche la diocesanità e la laicità. Il mio sì a Gesù è anche un sì alla Chiesa, Sposa di Cristo. Essere sposa mi rende anche madre, capace di dilatare il mio cuore e abbracciare tutta la Chiesa di Rimini e ciascuno dei suoi figli. Nella Chiesa trovo ogni risorsa per un cammino di santità: la Parola, il magistero e tutta la sua stupenda spiritualità. Ricordo che Paolo VI, prima di diventare pontefice, scriveva: “Se faccio della Chiesa maestra e madre la mia sorgente, la mia regola, la mia vita, il mio spirito, la mia gioia, il mio entusiasmo, che cosa non sarà possibile?”.
Nel vivere la consacrazione nel mondo continuerò a farmi guidare dallo Spirito nel mio quotidiano, che è fatto di preghiera, lavoro, incontri e relazioni e cercando di non perdere quella porzione di gioia che è stata preparata per me dalla grazia divina, come dice il Qoelet. Trovo inoltre particolare sostegno in una esortazione di Benedetto XVI, che invita a considerare come luogo dell’apostolato tutto l’umano e non solo la comunità cristiana, ad essere dentro la comunità civile dove la relazione si attua nella ricerca del bene comune e nel dialogo con tutti.
Ciò che il Signore mi chiede per questa Diocesi lo trovo in un versetto degli Atti degli Apostoli: «Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria la madre di Gesù, e ai fratelli di lui» (1,14). Duemila anni fa nasceva in quella “stanza al piano superiore” la Chiesa delle origini, dove si pregava, ma soprattutto si condivideva ogni dono ricevuto. Ancora oggi il Signore invita ad amare la sua Chiesa: non mi chiede di guardare ciò che la Chiesa di Rimini fa o dice, dando l’impressione di essere una spettatrice, ma vuole veder in me una sposa che ama, che sa condividere le sue fragilità, che si fa carico delle sue sofferenze e che sa anche gioire per le meraviglie che lo Spirito compie e suscita in essa. Essere ammessa al Rito di consacrazione per me significa che la Chiesa di Rimini e il suo Pastore riconoscono che quel piccolo seme gettato tanto tempo fa è ora germogliato, sta crescendo e vuole donare i suoi frutti. Quando ti senti amata, desideri solo rispondere con il tuo sì e ridonare ciò che hai ricevuto. È questa l’emozione che provo in questi giorni; è qualcosa che nasce dal profondo e vuole dire la mia gratitudine per questo stupendo dono.
Marina Venturi