La prossima settimana inizierà a Rimini un corso sull’Accompagnamento Spirituale dei giovani.
Nasce dal desiderio di avere occasioni di formazione, di confronto e sostegno, di condivisione tra tutti coloro che hanno a cuore l’aspetto della formazione umana e vocazionale dei nostri giovani.
È un’occasione pensata per chiunque abbia un luogo importante nella vita di un ragazzo al fine di avere spunti per intensificare e ravvivare l’impegno di ognuno a servizio del cammino dei giovani.
I temi trattati aiutano ad approfondire lo sforzo dell’accompagnamento spirituale sia sul piano vocazionale sia su quello personale.
Le serate saranno il 23 e 30 gennaio, 13 febbraio presso la sede del Seminario Vescovile (via Covignano), dalle ore 20,45. I relatori saranno rispettivamente tre sacerdoti, don Mario Rollando della diocesi di Chiavari (Accompagnamento spirituale, perché), don Vittorio Metalli (Accompagnamento come ascolto dello Spirito) e don Andrea Turchini (Accompagnamento: atteggiamenti, attenzioni e mete) conosciuti e stimati per la loro passione e il costante impegno nel campo della pastorale vocazionale.
Per informazioni, un confronto o un approfondimento: doncri74@gmail.com
Per approfondire il significato dell’iniziativa abbiamo intervistato don Cristian Squadrani, Davide e Cinzia Carroli, co-direttori della Pastorale Vocazionale Diocesana.
Che cosa vuole il Signore da me? Che cosa vuole il Signore dai nostri ragazzi?
“Possiamo intendere la vocazione come la disposizione, sentita più o meno intensamente, a forme di vita, che portano direttamente alla felicità della persona. È un’inclinazione naturale verso una precisa condizione di vita alla sequela di Cristo.
Il Signore chiama a fare e, soprattutto, ad essere il Bene.
La vocazione di una persona si manifesta ogni giorno, nei momenti quotidiani.
Il compito principale di ogni adulto significativo nella vita dei giovani, deve essere quello di portare i ragazzi a cercare segni che orientino in questa domanda.
Qui sta il cuore di ogni vocazione: non decidere cosa fare ma capire che cosa il Mistero vuole da me, qual è e come posso fare il Bene a cui Lui mi chiama”.
Come può, questo corso, rispondere ad un bisogno personale e vocazionale?
Don Cristian: “Parte tutto dalla bellezza del momento in cui un ragazzo viene a condividere con te ciò che vive, i suoi desideri, i suoi turbamenti, i suoi pensieri e dubbi, le paure e i passi avanti. Quanta bellezza c’è in questo? Quanto si sente la presenza di Dio? È straordinario vedere dentro il cuore dei giovani, in particolare poi in questo contesto odierno, in cui sembra che i giovani possano solo “rovinarsi” o confondersi nella massa, questa bellezza.
L’accompagnamento dunque diviene un luogo privilegiato che permette di far capire ai giovani che Dio è presente e intesse con ciascuno di loro una profonda relazione, in cui non sono solo loro gli autori, ma è anche Lui a parlare, proporsi, farsi sentire”.
La ricerca vocazionale fa qualche discriminazione, c’è qualche famiglia privilegiata?
Davide: “La famiglia è il «vivaio» naturale delle vocazioni” (Giovanni Paolo II). Quale maggiore privilegio ci può essere del vivere essendo simili a Lui? Non esiste una famiglia che non abbia un suo posto nell’ambito della nascita e custodia vocazionale e, successivamente, nella ricerca della propria chiamata specifica.
Ogni famiglia ha la responsabilità di essere la Chiesa Domestica, dove i figli ritrovano i valori fondanti della vita.
Mi piace sottolineare che la risposta alla chiamata di Dio è personale, ognuno ha il permesso di rispondere ECCOMI al Signore in maniera singola e privata”.
Ma la vocazione ha un orario? Una modalità prestabilita? Dei ruoli definiti?
Cinzia: “Parlando di chiamata spesso ci troviamo davanti ad un fraintendimento: associare al termine le cosiddette «vocazioni di speciale consacrazione», separandole quasi istintivamente dal «normale» cammino giovanile cristiano.
Parlare di vocazione non è solo parlare di una scelta, ma è cercare di descrivere in qualche modo l’intera persona alla luce di una attitudine e di definire la sua immagine e l’identità.
Noi viviamo proprio di vocazione, allora la vita diventa una precisa chiamata a responsabilità, dove la libertà del soggetto consiste nel rispondere, ognuno in maniera specifica e precisa, all’invito: «gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date»”.
“Essere tutto bene senza alcun male”, ma come? Qual è il punto di partenza e qual è l’obiettivo del percorso?
Don Cristian: “Il punto di partenza è darsi uno strumento per camminare con Dio qualunque sia il «luogo», la tappa, l’età in cui ci si trovi. L’obiettivo è far sì che la propria vita sia percorsa «insieme a Lui», lasciarci travolgere dalle Sue proposte, lasciarci sconvolgere la vita dai Suoi piani. Sono un po’ allergico a «precisare» un punto di arrivo, soprattutto a pensare che esso sia descrivibile come «purezza» astratta setacciata da ogni male: si è sempre in cammino verso l’Amore di Dio, lasciando che sia Egli stesso a «svelare» quella vocazione e meta attraverso la quale Gesù ci conduce alla nostra gioia, alla realizzazione del nostro (e Suo) desiderio di Felicità”.
Bisogna saper ascoltare i giovani per riuscire a cogliere i segni del Signore. In questo c’è bisogno di accompagnare chi accompagna?
Cinzia: “Papa Francesco ci richiama a prestare attenzione ai giovani, a stare in ascolto «rimanendo inchiodati alla sedia», ad operare secondo la «Pastorale dell’Orecchio».
Non esiste educazione alla vocazione senza relazioni schiette, delicate, sensibili, attente, ciò dà fiducia in se stessi: quella fiducia che trae origine dal fatto di essere considerati. Le persone si impegneranno a diventare operatori di bene nella misura in cui sentono che vi sono adulti che credono in loro e per i quali farlo.
Occorre saper far sentire al giovane che sono interessato a lui, ma allo stesso tempo si deve sentire il bene che ci vuole il ragazzo.
Ogni accompagnatore ha bisogno di formarsi, di prepararsi all’incontro con il Mistero dell’esistenza di ogni giovane, accogliendo la sfida di leggere le vite secondo la vocazione che si manifesta in ogni attimo”.
Quali proposte sia personali che diocesane potrebbero seguire a questi seminari?
Davide: “Non si può dare una risposta definita a questa domanda, è un cammino che si sceglie insieme. Durante le tre serate ci chiederemo come proseguire, se e come incontrarci o se e come eventualmente proseguire il confronto su qualche tematica che riteniamo formativa a livello di pastorale vocazionale. Da cosa nasce cosa…” (re)