Il giudizio su Torre Pedrera da parte dei residenti è plebiscitario: “Nulla è mai stato fatto negli anni per noi”. Gli oltre 2mila abitanti più settentrionali del Comune di Rimini lamentano l’abbandono cronico da parte delle varie amministrazion, “Troppo riminicentriche”. I problemi sollevati, come in una piccola città, vanno dalla viabilità al fronte mare, dall’economia alla scuola.
Problemi a 360 gradi. “L’arredo urbano, la viabilità… Qua tutto è vecchio di 30 anni e non lo si è mai migliorato”. Non ha dubbi Pierpaolo, membro del Comitato turistico di Torre Pedrera, il “paese” dove è nato, cresciuto e in cui un tempo era albergatore. “Hanno iniziato a sistemare gli scarichi a mare da Rivabella, ma si ferma tutto a Viserba. Le fogne sono uno dei problemi. Il divieto di balneazione dopo le piogge lo hanno persino esteso da 150 a 300 metri dalla fossa”. Mancanza di verde pubblico: Si è parlato per anni di un piccolo parco vicino alla stazione e l’oratorio, ma anche lì ancora nulla”. E ancora: “Sono state costruite decine di alloggi, però dove sono i servizi?”.
Spazi pubblici. Sergio Giorgetti, 82 anni, ha visto Torre Pedrera crescere e con una grande passione per il suo paese esprime anche lui amarezza per le promesse mai mantenute. “Si parla da 20-30 anni di acquisire da Ravenna il terreno dell’ex lavatoio per farne un parcheggio e la sede del mercato rionale, che invece continua ad essere su via Diredaua (la parallela alla ferrovia, ndr), causando traffico sul lungomare”. Altra questione, i venditori abusivi: “Vengono dalle grandi città durante le ferie per guadagnarsi qualche soldo in più. Tutti hanno diritto ad un pezzo di pane, però rovinano gli esercenti di fronte che vendono le stesse cose e battono lo scontrino. Si sa chi sono i loro fornitori eppure nessuno interviene: c’è un’evasione fiscale pazzesca. Oltretutto coi loro lenzuoli invadono i marciapiedi dove a stento si cammina”. Anche Giancarlo ha superato gli 80 anni ma il tempo sembra essersi fermato alle assemblee indette dal Comitato turistico. “I problemi non sono cambiati da allora – afferma -, i più sentiti restano: arredo urbano, viabilità e traffico. Per anni si sono spesi molto soldi nelle grandi opere (fiera, palacongressi, darsena…) dimenticandosi della periferia, soprattutto di quella sul mare che dà da mangiare a tutta la riviera. Le grandi opere servono, però poi continuiamo ad offrire ai villeggianti strade e marciapiedi stravecchi”. È soddisfatto invece il parroco don Giancarlo per come stanno funzionando il campetto e gli spazi dell’oratorio per le attività giovanili: “Sono diventati un’occasione di aggregazione per i giovani. C’è un bel clima quando italiani e stranieri giocano insieme”. Sembra anche che si siano ridotti i casi di “giovani lasciati ai margini”, ad esempio dediti allo spaccio. Inoltre “la Caritas aiuta 33 famiglie di stranieri, talvolta anche economicamente”.
Viabilità critica. Un’altra promessa vecchia di decenni, come ricorda il membro del Comitato turistico, è lo sfondamento di via Diredaua sulla Tolemaide: “Si tratta di un intervento chiave!”. L’occasione potrebbe venire dal nuovo Piano strategico, che però rende lui ed altri scettici: “Ok il senso unico sul lungomare – dice un panettiere, per il quale il traffico su quella direttrice è fonte di reddito – però basta che non facciano un lavoro fatto a metà, senza parcheggi. Il progetto per la riqualificazione complessiva di Torre Pedrera sembra bello sulla carta…”. Ma? “E se si fermano dopo aver fatto il senso unico? Mi tocca chiudere d’inverno. Già adesso le cose non vanno bene: un lavoro incompleto farebbe più danni del lasciare tutto com’è”.
L’economia non gira. In periferia la crisi si sente, eccome, specie d’inverno, e le criticità urbanistiche non aiutano. Serve una strategia globale per accrescere l’appeal di Torre Pedrera tutto l’anno: “Ci servono eventi che portino visitatori da Rimini e da altre parti. – dice un negoziante – Perché non trasformare questo paese in un luogo di passeggiata e di svago alternativo a quelli che i riminesi conoscono già. D’inverno campiamo col presepe di sabbia, ma non basta”. Gli affari proprio non girano per altri: “Ogni anno è sempre peggio, non ce la facciamo più – confessa un fruttivendolo, rassegnato ed arrabbiato – siamo martoriati dalle tasse! Ho persino smesso di andare al bar perché non me lo posso permettere”. Un suo collega aggiunge: “Si continua a vendere, ma i margini di guadagno si sono ridotti”.
Scuola senza spazi. Non c’è posto per tutti i bimbi nelle aule della scuola elementare, dove per le attività altre rispetto alle lezioni cattedrali ci si arrangia come si può. Quella che chiamano “palestrina” è un’aula poco più grande delle altre, non adatta all’attività motoria. Lì fanno teatro. Gli alunni possono svagarsi nel piccolo “giardino” da poco risistemato con erba sintetica e a spese dei genitori! Le aule sono piccole, tant’è che molti iscritti vengono dirottati a Viserba, disabili compresi. Per questi ultimi manca un’aula ad hoc per il sostegno. La strumentazione tecnologica è arrivata grazie ai punti del supermercato. Note positive: l’integrazione interculturale funziona. “Svolgiamo attività specifiche per far conoscere ai bambini gli usi e i costumi delle diverse popolazioni.– raccontano le maestre – Sono un’importantissima occasione di crescita per gli italiani stessi, oltre che per gli stranieri. È fondamentale continuare ad investire in tutto questo, perché l’integrazione parte dalla scuola: le famiglie seguono a ruota i bambini nel processo di inserimento sociale”. In media ci sono tre stranieri per classe. Quelli che non conoscono la lingua possono accedere ad un percorso di “mediazione culturale”.
Mirco Paganelli