Ha cominciato dieci anni fa a pilotare aeromobili militari da impiegare in scenari di conflitto. La prima top-gun italiana è di base a Rimini. “Per mio padre fu una batosta quando gli dissi che volevo arruolarmi – racconta il capitano Pamela Elena Sabato – ma oggi è diventato il mio più grande sostenitore”.
La incontriamo lungo la pista di atterraggio di Miramare tra le fila dei suoi elicotteri. Di fianco vi è l’hangar della mensa in cui trovano ristoro gli oltre 400 soldati del Reggimento AVES Vega. Un mondo originariamente maschile, quello della difesa, che sta diventando sempre più rosa. Una quarantina le donne presenti all’aeroporto militare Vassura di Rimini.
Come ci si sente ad essere la prima donna italiana a pilotare questi aeromobili?
“Dopo dieci anni francamente non ci faccio più caso. Vi è di certo dietro una grande responsabilità. Ho sempre vissuto la vita da pilota giorno per giorno, cercando di far fronte a tutte le emozioni che questa attività può suscitare attraverso l’addestramento, per svolgere al meglio il mio lavoro”.
È già stata in missione all’estero su questi mezzi?
“Sì, sono stata impiegata tre volte in Afghanistan come pilota. Una esperienza molto formativa sia dal punto di vista professionale sia umano, perché si tratta di territori molto diversi dal nostro per quanto riguarda il contesto sociale e politico”.
Che cosa è chiamata a fare quando è in volo?
“Attualmente mi sono specializzata sull’elicottero Mangusta con il quale si possono attuare una serie di missioni. In Medio Oriente siamo chiamati a dare supporto alle forze dell’ordine locali e con questi mezzi possiamo ad esempio scortare e sostenere le operazioni di sicurezza su quei territori. Possiamo proteggere i convogli umanitari che necessitano di essere difesi. Questo tipo di elicottero, vista la sua stazza, è in grado di innescare un effetto deterrente che scoraggia le minacce senza bisogno di intervenire con il fuoco. È inoltre dotato di un sistema di puntamento che permette di vedere fino a 10 km di distanza e consente quindi l’impiego per attività di ricognizione o di ricerca”.
Attualmente quante donne in Italia hanno ottenuto il suo stesso brevetto?
“Siamo tre in tutto”.
Continuano dunque a rimanere poche.
“Sì, però vedo nelle nuove generazioni di donne un maggiore interesse verso questa specializzazione. Ci sono più giovani intente a provarci vedendo delle pioniere che hanno aperto la strada. Dopotutto quello del pilota è l’unico ambito in cui si sente di meno la differenza tra uomo e donna, perché è una posizione che non si basa sulla prestanza fisica. Dipende tutto dalla capacità individuale di ciascuno, che si acquisisce o meno. Per cui spero in un futuro sempre più rosa”.
Mirco Paganelli