Il ritardo dell’apertura della nuova Ikea a Rimini Nord, oltre a far fare una figura di legno al nostro apparato burocratico, porta con sé anche altre ripercussioni negative. Intanto fa perdere milioni di euro al signor Ingvar Kamprad, fondatore dell’azienda. Il rischio che l’imprenditore si trovi senza spiccioli per far benzina alla sua Volvo del ’93, è remoto. Attuale invece l’amarezza dei dipendenti del punto vendita riminese, ancora senza lavoro e stipendio. Ma l’attesa potrebbe avere anche ripercussioni psicofisiche sugli ikeofili. O meglio, sulle ikeofile, perché notoriamente la passione per la mobilia svedese a basso costo (prodotta, invero, spesso in Asia) coinvolge maggiormente le signore, mentre i signori altrettanto notoriamente temono il momento del faccia a faccia con i kit di immediato montaggio.
Vedere l’enorme parallelepipedo blu e giallo lì a portata di mano, pronto a dispensare mobili e gadget a profusione, e non potervi accedere, potrebbe infatti aumentare esponenzialmente la brama di acquisti.
Brama alimentata dai cataloghi che, pur con l’apertura ancora sospesa tra i meandri delle autorizzazioni, Ikea ha provveduto a far distribuire nelle cassette della posta dei riminesi. Al’informazione svedese ha risposto – sempre a colpi di catalogo – nel giro di poche settimane – il concorrente locale Mercatone Uno, che aprirà un proprio punto vendita sempre in zona. Il rischio è una overdose da offerta speciale, come avvenne all’apertura dei due nuovi iper riminesi: i volantini promozionali dei centri commerciali, insieme alla massiccia controffensiva dei supermercati già esistenti, mandarono in tilt molte casalinghe, ossessionate dalla necessità di approfittare di tutte le offerte possibili e immaginabili. Ma se a un acquisto fuori misura di merendine alla ciliegia si può comunque far fronte con un po’ di pazienza, più difficile è barcamenarsi in una casa irrimediabilmente stracolma di mensole in ciliegio, porta cd dai nomi sbarazzini e tappeti finto-etnico.
Svedesi o riminesi che siano.