“Rimini è un tenero pastrocchio, perché è difficile trovare un’identità precisa”. A 90 anni, Sergio Zavoli continua a distribuire immagini affettuose alla sua città d’elezione e all’amico di sempre Federico Fellini. “C’è una sorta di malinconia dolce a Rimini, e Fellini ha preso tanto di quell’identità”. Per il regista di Amarcord, in occasione della festa che Rimini gli ha tributato al Teatro degli Atti, il senatore ha rilanciato: “Sogno alla darsena una scultura per Federico. Sarebbe un’opera di redenzione civile”.
Forse non potrebbe restituire la casetta al porto che Rimini fece balenare al regista senza mai offrirgliela veramente, ma indubbiamente sarebbe un bel gesto per uno dei suoi figli più illustri. Zavoli non si limita a lanciare l’idea, ma oltre al sasso mostra anche la mano: ha infatti deciso di chiedere allo scultore Giò Pomodoro di realizzare una copia dell’opera presente al cimitero di Rimini nella zona della darsena. A proposito del Rex e della prua, Zavoli cita un altro amico eccellente. “Voglio citare Tonino Guerra. Diceva che Federico è stato l’unico che con 20 metri di pellicola è riuscito a far credere che il Rex sia davvero transitato nell’Adriatico. Federico ha portato nel mondo un modo straordinario di concepire la bellezza”.
Forse Zavoli non è riuscito nella stessa impresa di imprimere nell’immaginario collettivo un’immagine fittizia come quella del Rex nell’Adriatico, ma con il “Processo alla Tappa” e “Notte della Repubblica” ha fatto parlare ciclisti e terroristi, dimostrando che la tivù può lasciare un segno. Prima ancora (1958), con “Clausura” (premio Italia ’58) era riuscito a rendere comprensibile all’ascoltatore il misticismo e la tenera umanità che si cela sotto il fitto velo della suora di clausura. Mai, prima di allora, un microfono aveva varcato il portone e violato il silenzio di un monastero di clausura.
Giornalista, poeta e scrittore nonché senatore della Repubblica, Zavoli (nella foto con Scola) è nato a Ravenna ma è vissuto ed ha sempre portato la capitale balneare nel cuore, tanto da riceverne nel dicembre 1972 la cittadinanza onoraria. Sabato 21 settembre Rimini ha provato a ricambiare l’affetto di questo testimone dell’Italia con una giornata di festeggiamenti al Teatro degli Atti alla presenza del regista Ettore Scola (che ha presentato il film omaggio a Fellini Che strano chiamarsi Federico) e di Valter Veltroni.
“Sergio è un uomo di cultura innamorato della sua lingua, – lo dipinge Scola – per cui nutre rispetto e a cui dedica una ricerca continua. È un piacere ascoltarlo”.
Per il grande amico, Zavoli ha realizzato il documentario “Zoom su Fellini”. Scola li riassume entrambi: “Con Fellini ci conoscevamo da adolescenti, con Zavoli soltanto da vent’anni. Eppure, – prosegue il regista, fresco vincitore del Premio Jaeger-leCoultre Glory to the Filmmaker alla Biennale di Venezia – credo di aver capito cosa attraeva a Fellini di Sergio: non c’era soltanto una sintonia di idee e di sentimenti, c’era soprattutto una corrispondenza di tenerezze. Quel modo dolce di trattare le cose che ha reso indimenticabile lo Zavoli giornalista”.
Tommaso Cevoli