Cari giovani, vi voglio bene e, mi raccomando, continuate a mettere in crisi questo nostro mondo di adulti non cresciuti. Certo ha utilizzato pensieri molto più ricchi e complessi, ma difficlmente il messaggio del vescovo Francesco alle Autorità e alla Città, per la festa del patrono San Gaudenzo, poteva essere più esplicito (leggi il discorso integrale).
La ribellione di Fridays for Future ha svelato che il re è nudo. E oggi gli adulti sono con le spalle al muro. Adulti che, nel loro esasperante amore per la giovinezza (la loro!) hanno gettato alle ortiche “la generatività, quel tratto qualificante dell’età adulta che si preoccupa di mettere al mondo, far crescere, educare e poi lasciare spazio”. Con le giovani generazioni che non sanno più “cosa significa ‘fidarsi di’ o ‘affidarsi a’”.
E “con l’adorazione del mito della giovinezza, – ha detto il Vescovo – viene meno la vocazione alla adultità, che consiste nel dimenticarsi di sé per prendersi cura degli altri. In altre parole: finché gli adulti vogliono fare i giovani, non permetteranno mai ai giovani di diventare adulti”.
Così i ragazzi, “orfani di senso, intravvedono una via d’uscita dal nichilismo adulto, in un nuovo eroismo: vorrebbero essere come Greta Thunberg, avere una visione che li definisca, li unisca e dia senso alla vita”.
Cari adulti, tornate ad essere tali ed assumetevi la “responsabilità del fare”. Ovvero, diamo gambe e coraggio al desiderio di novità e di futuro che “abbiamo scippato ai giovani” ma che ora rispunta potente.
Per questo il vescovo Francesco afferma che il concetto di sinodalità non è cosa da chiesa, significa “camminare insieme, dare fiducia, garantire credibilità, assicurare vicinanza, evitare ogni paternalismo”.
È una chiamata di responsabilità per la Comunità cristiana, ma lo è anche per tutti, dai genitori ed educatori ai responsabili della vita civile, sociale, politica.
E poi rivolto ai giovani il Vescovo cita don Oreste: “Ribellatevi! non con la violenza, ma con la vita! Senza mai demordere, siate come un rullo compressore vivente che non lascia tranquillo nessuno e non scendete mai a compromessi”. Infine mons. Lambiasi commenta: “abbiamo bisogno di questa ribellione non violenta, perché è l’unica capace di svegliarci dal torpore che a vari livelli sta distruggendo la nostra società”.