Cinque milioni e mezzo di volontari, 800 mila persone occupate, 360 mila organizzazioni cattoliche e laiche impegnate ogni giorno nelle situazioni di bisogno, spesso colmando i vuoti dello Stato. È la fotografia del “Terzo settore” nel nostro paese: quel variegato mondo fatto di cooperative sociali, enti non profit, Ong, associazioni di volontariato, sottoposto oggi ad un “attacco senza precedenti” da parte di un potere politico che ne sta drasticamente riducendo ruolo e legittimazione. La dura accusa è di Stefano Zamagni, economista riminese conosciutissimo per i suoi studi in materia di economia sociale e dal marzo scorso Presidente della Pontificia Accademia delle scienze sociali, intervenuto qualche sera fa ai Lunedì di Viserba, il tradizionale ciclo di incontri estivi organizzato dalla Parrocchia di Santa Maria al Mare.
Prof. Zamagni cosa sta succedendo oggi in Italia?
“Succede che si sta togliendo l’erba sotto i piedi a un intero mondo, senza avere il coraggio di metterlo al bando. Succede che il disegno che sta emergendo nelle politiche del nostro paese è quello di una società civile che si vorrebbe sempre più schiacciata tra le forze dello Stato (primo settore) e del mercato (secondo settore). Con l’obiettivo non dichiarato di mettere sotto tutela i corpi intermedi, sia in termini di fondi da utilizzare (sempre di meno) che di progetti da realizzare”.
Ma perché la politica teme il Terzo settore?
“Perché non è allineato e la politica non si fida. Finché facevano comodo andando semplicemente a colmare le carenze dei servizi pubblici, tutto andava bene poi gli enti del Terzo settore sono cresciuti e il potere politico ha iniziato a temerli, tentando di metterli in riga con un vero e proprio ricatto: ti garantisco le risorse a patto che tu faccia quel che dico io… Prendiamo un servizio qualsiasi svolto per conto del pubblico: c’è una bella differenza tra «affidamento» e «accreditamento». Con l’affidamento lo Stato dice: le regole del servizio le decido io e lo assegno a chi mi fa spendere di meno. Con l’accreditamento lo Stato riconosce al soggetto privato le qualità necessarie per gestire il servizio e si limita a operare controlli successivi senza esercitare condizionamenti”.
La riforma del Terzo settore non va proprio in questa direzione?
“Indubbiamente, il Codice del Terzo settore, approvato in Italia il 2 agosto 2017, contiene novità importanti. Viene abolito il regime concessorio (per dar vita ad una organizzazione non profit non sarà più necessario chiedere l’autorizzazione), si introduce il criterio della sussidiarietà (gli enti del terzo settore non saranno più la ruota di scorta degli altri due ma diventano corresponsabili del perseguimento del bene comune), vengono previsti nuovi strumenti di finanza sociale per perseguire i propri fini (social bond, prestiti sociali, titoli di solidarietà). Peccato che oggi, a due anni di distanza dall’approvazione della riforma, manchino ancora una serie di decreti attuativi che ne consentano l’applicazione… Si tratta di un vero e proprio boicottaggio per cui continua in modo sempre più pesante il ricatto dello Stato: siccome voi non ubbidite, io vi taglio i fondi (come farebbe un papà che toglie la paghetta al figlio disobbediente). Si parte dunque dall’idea che le cose buone, le cose utili debba farle solo il settore pubblico. Questa è l’anticamera della dittatura…”.
Idee che paiono comunque godere di un consenso diffuso nel nostro paese… Cosa si dovrebbe fare a partire dal mondo cattolico?
“L’idea di una società civile organizzata per far fronte ai bisogni di una comunità è presente nel Dna del nostro paese. In Italia sono nate nel 1200 le prime Misericordie, i primi ospedali, le prime scuole popolari. Si tratta di un valore riconosciuto nella nostra stessa Costituzione dove all’art. 2 si fa riferimento ai «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». Eppure negli ultimi tempi qualcosa è cambiato. Stiamo assistendo a un conflitto sociale senza precedenti: i penultimi contro gli ultimi, i secondi considerati causa dell’impoverimento dei primi, le risorse destinate ai più indigenti ritenute sottratte agli altri. E nella categoria dei poveri includo tutti i «diversi»: per colore della pelle, per lingua, cultura, ecc. Siamo in presenza di un clima nuovo alimentato da una politica che, invece di diffondere messaggi di speranza e fraternità, usa parole di odio e disprezzo verso chi, dal basso, prova a trovare soluzioni alla povertà, alle migrazioni, alla domanda di futuro dei più fragili. Solo per ottenere un facile e immediato consenso.
A fronte di questa situazione credo che per il mondo cattolico, che tra l’altro rappresenta oltre il 70% del Terzo settore, non sia più tempo per le sole battaglie pre-politiche o culturali. La battaglia da fare è una battaglia politica. Restare alla finestra sarebbe peccato di omissione…”.
Lei è ottimista?
“Lo sono per natura ma in questa situazione anche perché è evidente che stiamo toccando il fondo… Ce lo dice il clima di odio che si sta spargendo a piene mani nella società italiana e non solo, le domande inevase dei giovani, le emergenze ambientali che ci preannunciano un futuro a tinte fosche, il prezzo altissimo che stiamo pagando ad una crescita senza sviluppo… Non basta aumentare il PIL per rendere migliori le condizioni di vita di una persona e di una comunità. La crescita economica deve sempre accompagnarsi in modo moltiplicativo con un arricchimento della dimensione relazionale e spirituale. E in matematica, se un fattore della moltiplicazione è uguale a zero, si produce un risultato nullo. Così, anche nel nostro caso, se viene a mancare uno dei tre fattori menzionati non si va da nessuna parte. Ma io non dispero: il tempo è galantuomo!”.
Per finire, un accenno all’attualità. Cosa ne pensa del Decreto sicurezza bis e della recentissima crisi di governo?
“Questa crisi di governo sotto Ferragosto la trovo un po’ inquietante. Una delle due forze politiche che compongono l’esecutivo, pur litigando da mesi con l’altra, decide improvvisamente e in modo unilaterale di rompere il contratto di governo. Chiedendo tra l’altro a gran voce elezioni subito, evidentemente nella convinzione di fare il botto… Credo invece che si debba lasciare il tempo necessario, non parlo di anni ma di qualche mese al massimo, per consentire la nascita di nuove aggregazioni politiche della società civile che sono già in divenire. Costringere i cittadini a scegliere solo tra gli attuali schieramenti lo giudico un atto irresponsabile e politicamente immorale. Sul decreto Sicurezza bis poi la mia valutazione è semplice. Si tratta di un provvedimento sbagliato, privo di etica politica, destinato a seminare ulteriore odio. E davvero non ce n’è bisogno!”.
Alberto Coloccioni