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La Rondine significa libertà

Al centro il soprano Cansu Suakar (Magda)

Al Teatro Galli La Rondine di Puccini in un allestimento del Conservatorio Maderna-Lettimi con la regia di Stefano Vizioli 

RIMINI, 11 ottobre 2024 – Fra le figure femminili ritratte da Puccini quella di Magda appare del tutto innovativa. Rispetto alle eroine ottocentesche, destinate spesso a morire nel peggiore dei modi, la protagonista della Rondine – nonostante qualche analogia con la Violetta verdiana – sembra una protofemminista, disposta a scegliere la libertà al posto dell’amore e degli inevitabili sacrifici che la vita coniugale comporta. Così, nel libretto di Giuseppe Adami, l’avvenente Magda – annoiata dagli agi parigini e piena di nostalgia per il suo passato da grisette – si traveste per andare in incognito al Caffè Bullier. Qui scatta l’amore con il giovane Ruggero, ma ciononostante, nell’ultimo atto, si affaccerà tutta la sua natura anticonformista: si spaventa all’idea di sposarlo, per la noia che potrebbe scaturire da un ménage borghese e un futuro di sposa modello. Così, in totale autonomia, preferisce – almeno nella prima versione dell’opera, che è quella andata in scena a Rimini – continuare per la propria strada, che le permette comunque la libertà. Un atteggiamento, certo, in anticipo sui tempi, che si discosta dalla mentalità corrente e registra invece la profonda trasformazione dei costumi in atto all’inizio del ventesimo secolo (dopo lunga e faticosa gestazione, questa ‘commedia lirica’ andò in scena all’Opéra di Monte-Carlo nel 1917).

La rondine, però, è difficile da valorizzare in palcoscenico. Quello che viene definito “canto di conversazione pucciniano” richiede infatti interpreti maturi, scenicamente smaliziati, mentre gli allievi di conservatorio non hanno ancora maturato queste doti. Tuttavia nello spettacolo rappresentato al Teatro Galli, produzione del Conservatorio Maderna-Lettimi di Cesena e Rimini, il pubblico ha colto lo spirito dell’opera grazie a un allestimento funzionale e a una concertazione attenta.

Il soprano Cansu Suakar, protagonista

Il regista Stefano Vizioli, senza per questo stravolgerne l’identità, ambienta La rondine in una Parigi anni cinquanta, elegante capitale della haute couture, attraverso belle le citazioni della moda di quegli anni nei costumi di Salvatore Cortese, realizzati dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna coordinati da Marcello Morresi. Evoca invece suggestioni cinematografiche il caffè Bullier, con le danze Apache affidate agli acrobatici ballerini di Faenza’s Danza; mentre, con il suo arredamento dimesso, la camera d’albergo a Nizza – dove i due amanti si ritirano – riesce a comunicare i segnali di una crisi legata a fattori economici. La regia, poi, valorizza molto bene anche le schermaglie della coppia brillante Lisette e Prunier, contrapposta da Puccini a quella protagonistica e, probabilmente, preferendola.

Paolo Manetti ha diretto con gesto sicuro, e senza coprire quasi mai i cantanti, l’orchestra formata dagli allievi del Conservatorio Maderna-Lettimi (dove è docente), apparsa ben affiatata. Alla bacchetta spetta soprattutto il merito di aver fatto avvertire i numerosi riverberi musicali – da Debussy e Stravinskij a Ravel – che echeggiano nella scrittura di Puccini, e si mescolano alle suggestioni jazzistiche e a quelle dei modernissimi ballabili, come il fox trot, in cui si scatenano gli avventori del Caffè.
Ben amalgamato il cast. Buona attrice, perfettamente calata nella parte di Magda, il soprano Cansu Suakar incarnava un’espressiva protagonista. Accanto a lei il corretto Kim Wi Chan ha disegnato un Ruggero goffo e un po’ sprovveduto, come ci si attende da un giovanotto di provincia. L’altro tenore, Giovanni Petrini, è stato un disinvolto Prunier, vocalmente sicuro e dotato di appeal scenico. Un’istrionica Isidora Rayen Prado Barra era l’intraprendente cameriera Lisette, mentre a Rambaldo – il facoltoso protettore di Magda – prestava voce il compassato baritono Masashi Tomosugi.

Un’esecuzione che di scolastico aveva ben poco. E che avrebbe potuto tranquillamente figurare nella programmazione ufficiale di un teatro.

Giulia  Vannoni