Ha vestito due maglie Azzurre. Ma se avesse continuato con il nuoto sicuramente ne avrebbe una terza custodita gelosamente nel suo armadio. Perché ogni volta che Eleonora Sarti si mette in testa di fare qualche sport, lo fa sempre alla grande. Prima Nazionale di basket, ora Nazionale di tiro con l’arco. E proprio da novella Robin Hood ha centrato un traguardo storico: essere la terza atleta paralimpica italiana a fare il salto tra gli Azzurri normodotati. Perché Eleonora è nata con malformazioni congenite alla mano destra, alla gamba sinistra e ai piedi. Disabilità che non l’hanno mai fermata e che ne fanno un esempio per tutti quelli che si ritrovano a (con)vivere con qualche difficoltà.
Dove e quando nasce Eleonora Sarti?
“Sono nata a Cattolica il 10 marzo del 1986, ma in realtà sono di San Giovanni in Marignano anche se ormai da otto anni vivo a Bologna. I miei zii e i miei amici, però, sono a Rimini e io mi sento una Romagnola al mille per mille”.
Questa passione smisurata per lo sport da dove le arriva?
“Da mia madre. È lei che fin da quando avevo tre anni ha iniziato a portarmi in piscina a Pesaro per non farmi sentire diversa dagli altri compagni. Da lì sono passata al nuoto agonistico, poi alla pallavolo, alla vela fino al basket in carrozzina che è stato il mio primo grande amore che è durato per ben otto anni e mi ha regalato anche l’opportunità di partecipare nel 2013 agli Europei di Francoforte, in Germania”.
Dalla pallacanestro al tiro con l’arco: due discipline completamente diverse. Come è maturata la scelta?
“Il merito è tutto di Chiara Barbi. È la fisioterapista della Nazionale di basket e anche della Nazionale di tiro con l’arco. Un giorno, era il 2012 se non ricordo male, parlando del più e del meno, mi disse se avevo mai pensato di cimentarmi con arco e frecce. Le dissi che mi sarebbe piaciuto e così organizzò il tutto e da quel giorno mi sono innamorata persa di questa disciplina”.
Che le ha regalato subito una grande soddisfazione, anche se la sua esplosione è figlia di una cocente delusione: giusto?
“Tutto giustissimo. Alla mia prima vera gara, nel 2013, ho subito conquistato il titolo italiano paralimpico presentandomi agli Europei in Svizzera con grandi aspettative. Invece sono tornata da Nottwill con due quarti posti che mi stavano facendo appendere l’arco al famoso chiodo. Fortunatamente il fatto di essere una persona orgogliosa mi ha dato ancora più forza, ho stretto i denti e mi sono impegnata ancora di più”.
I risultati sono subito arrivati. Bronzo ai Mondiali para-archery di Bangkok nel compound misto con Alberto Simonelli, tre record del Mondo e due ori conquistati ad Almere, in Olanda e la grande soddisfazione di essere la prima nel ranking italiano femminile.
“A questi bisogna aggiungere l’oro e i due bronzi ai recenti Mondiali in Germania che mi hanno dato l’opportunità di staccare il pass per le Paralimpiadi che si svolgeranno quest’estate a Rio, in Brasile, dove mi auguro di togliermi delle soddisfazioni”.
Risultati eccezionali che l’hanno portata a ricevere la chiamata nella Nazionale normodotati.
“Una convocazione inaspettata e per questo ancora più bella, del resto il tiro con l’arco è una delle poche discipline sportive capaci di abbattere ogni barriera. Spero di essere lo strumento per far capire a chi ancora ci vede come dei «poverini» che la disabilità non è davanti a noi, ma fa parte di noi”.
Dipendente di un’agenzia assicurativa, Eleonora, ha un ritmo di vita elevatissimo.
“Mi sveglio alle 6.30, faccio colazione e poi vado a lavorare. Di solito stacco verso le 14, torno a casa, mangio un boccone e poi scappo ad allenarmi perché il tiro con l’arco ha bisogno di tanta tecnica ma anche di tanta concentrazione, è una disciplina dove la testa ha un ruolo fondamentale. L’amore? No, non ne ho il tempo materiale”.
La sua speranza, però, è che prima o poi il “collega” Cupido scocchi la famosa freccia.
Francesco Barone