A Rimini si organizza, il 10 aprile 1919, il primo nucleo dei fasci di combattimento, che precede di due anni la nascita ufficiale del movimento in sede cittadina. Tra i fondatori, c’è anche l’anarchico interventista Luigi Platania. Non dimentichiamo il suo nome. Il 16 novembre 1919, alle prime consultazioni politiche del dopoguerra, nel comune di Rimini e nel suo circondario, i socialisti raccolgono 9.722 voti contro i 3.497 dei Popolari. In sede nazionale i socialisti ottengono 156 seggi (contro i 52 del 1913), ed i cattolici 101 (erano 29). La vecchia maggioranza liberale e democratica passa da 310 a 179 voti a disposizione. Sembra l’ora del socialismo. È invece il suo tramonto. […]
Le morti nella famiglia Clementoni: omicidi o incidenti?
Estate del 1920, è in corso lo sciopero generale degli agrari. Secondo Clementoni è un possidente di San Lorenzo in Strada, a Riccione. A poca distanza da casa, mentre stava recandosi alla fiera di Cattolica, «fu fatto segno ad un colpo d’arma da fuoco sparatogli a bruciapelo». Morì all’istante. Aveva 44 anni. Era giovedì 1° luglio. Lo racconta L’Ausa del 3 luglio. Il parroco don Giovanni Montali, nel registro dei defunti annota: «In biroccino fu colpito da mano anonima e pochi minuti dopo spirava dopo d’aver invocato il prete e fattosi il segno di Croce. Notasi che il prete non fu chiamato, benché vicinissimo».
«Uno dei migliori proprietari che mai abbiamo conosciuto», scriverà lo stesso giornale in una corrispondenza apparsa il 10 marzo 1923, dopo la morte in circostanze misteriose del figlio di Secondo Clementoni, Pietro, di 23 anni. Omicidio o incidente? L’anonimo cronista de L’Ausa, che tanto pare essere don Giovanni Montali, non ha dubbi: «Si sono fatte le ipotesi più disparate e le più inverosimili. Noi crediamo che si tratti di una vera e propria disgrazia di caccia. E diciamo questo non per intralciare il passo della giustizia, che in simili circostanze non è mai abbastanza rigorosa, ma per intimo convincimento, ricavato dalla visita fatta alla vittima sventurata, ed un poco anche per sapere, per dolorosa esperienza personale, le conseguenze degli incidenti di caccia. Certe cose se le può spiegare soltanto chi ha pratica delle armi, e chi sa quali brutti scherzi possono fare». Don Montali era anch’egli un appassionato cacciatore. Il sacerdote, alla data del 1° marzo ’23, annota nel registro dei defunti che il giovane è morto mentre andava a caccia, «iter faciens ad venandum».
Attilio Carlini, tra sospetti, accuse e difese
La settimana dopo, il 17 marzo, L’Ausa torna sulla tragica morte del giovane Clementoni, per discolpare un dipendente della famiglia Clementoni (Attilio Carlini, ndr) accusato di essere, in qualità di anarchico, l’uccisore del ragazzo.
Riportiamo integralmente la nota di cronaca: «Attilio Carlini, anarchico!? – Il nuovo lutto che si è abbattuto con grande rincrescimento sulla famiglia Clementoni ha dato luogo a giudizi e dicerie degne di essere segnalate al pubblico, anche perché è chiara l’intenzione di voler perseguire con questa campagna denigratoria contro il Carlini, scopi poco confessabili, e comunque di carattere politico. Così per rendere oscura la posizione del Carlini, e per intiepidire quelli che lo ritengono completamente innocente, e forse per influire sulla difesa, si va da una settimana a questa parte dichiarando da alcuni che il Carlini è anarchico, regolarmente iscritto al Partito. La calunnia deve essere prontamente smentita.
La giustizia non deve essere tratta in inganno da nessuna bugia, da nessuna calunnia, né grossa né piccola. E per norma di quanti vi possono essere interessati e del pubblico stesso dichiariamo e sosteniamo che il Carlini è un modello di galantuomo: uomo di ordine, nel miglior senso della parola, alieno da ogni partito estremo lo fu ieri, quando il rosso copriva buona parte della nostra zona, alieno da ogni settarismo lo è oggi, con la stessa franchezza e disinvoltura con cui lo fu ieri». […]
«La fiaba di Carlini anarchico dev’essere energicamente smentita poiché nessuno della sua famiglia ha mai fatto parte del partito anarchico, a meno che non sia atto di anarchia l’essere fedeli al padrone, affezionati al lavoro, ed osservanti dei precetti della Chiesa, che il Carlini ha sempre frequentato, tenendovi un contegno serio come ha portato in tutte le sue cose. Non è giusto che il Carlini sconti la pena di altri. Sappiamo anche che la famiglia Clementoni ha autorizzato la smentita “delle dicerie e delle brutte cose” che si sono fatte correre sul nome del Carlini. Sappiamo inoltre che persone serie ammettono la possibilità che il colpo che ha tolto la vita al Clementoni sia partito dal suo stesso fucile. Ma giudicare su questo è compito dei Periti». […]
1921: il fascismo arriva a Rimini. L’uccisione di Carlo Bosi
Il 31 marzo 1921 vengono diffusi manifesti annuncianti «la costituzione del fascio di combattimento a Rimini». Qualcuno li straccia. All’attacchino ne vengono sottratti cinquanta esemplari, bruciati poi in piazza Cavour. L’Ausa del 2 aprile, nel riportare la notizia, raccomanda la calma a tutti. Il 24 aprile il movimento fascista viene alla luce ufficialmente in piazza Cavour, in una saletta dell’albergo Leon d’oro, dopo quel primo nucleo «diciannovista». Il foglio socialista Germinal, il 24 dicembre 1920 ha anticipato l’evento, segnalando «un gran daffare tra i figli di papà mangiasocialisti di Rimini e qualche pezzo grosso del fascismo forestiero», non esclusi alcuni reazionari della Repubblica di San Marino.
La vigilia della consultazione elettorale del 15 maggio ’21 è movimentata a Rimini da un fatto tragico. L’11 maggio alle 18.30 viene ferito nel territorio di San Marino il dott. Carlo Bosi, mentre stava ritornando in città da una gita. Colpito alla testa, muore il 14 maggio dopo una straziante agonia. Bosi era un simpatizzante del fascio. I socialisti sammarinesi scrivono sul Nuovo Titano: «Pare che i gitanti lanciassero anche motti di sfida», oltre a «canti e grida di viva e di abbasso»: «da ambo le parti furono scambiati diversi colpi di rivoltella…».
L’Ausa del 14 maggio osserva: «… si constata come la vicina Repubblica vada diventando un covo di delinquenti, per opera soprattutto del governo italiano, il quale lascia perpetuare una situazione intollerabile, con la scusa che esso non sa dove mettere quei comunisti profughi che sono rifiutati da tutte le nazioni civili». La repubblicana Riscossa dell’11 giugno ribadisce le accuse contro San Marino, «covo di briganti».
Altri particolari sull’uccisione del dott. Bosi sono pubblicati da L’Ausa del 31 dicembre, in base agli atti giudiziari di imputazione di cinque persone, tre bolognesi (di cui due latitanti) e due della zona, Ivo Zanni da Verucchio e Giovanni Berti da Borgo Maggiore, detenuto a Rimini: «Al ristorante della Rupe i gitanti avevano cantato inni patriottici fra i quali l’inno degli arditi.
Li udirono persone estremiste del Regno, rifugiate lassù per sfuggire a catture e condanne e li scambiarono per fascisti, quindi li fecero segno a grida ostili». L’aggressione avvenne a Serravalle. Prima ci fu una discussione, ma «furono vani i tentativi di persuadere che non si trattava di persone recatesi a San Marino con scopo politico»; poi la sparatoria, con una trentina di colpi di rivoltella. (1-continua…)
Antonio Montanari