“Non dare un pesce, ma una rete per pescare”: un motto, che era anche una scelta di metodo. Solo tre anni prima, nel 1964, a Milano, un gruppo di laici, in collaborazione con diversi istituti missionari, aveva dato vita a un’associazione che voleva instaurare nuovi rapporti di giustizia e solidarietà tra Nord e Sud del mondo e promuovere uno sviluppo economico sostenibile nei Paesi più poveri.
Come nacque a Rimini
“All’epoca facevamo parte di un gruppo di spiritualità” ci racconta la signora Ines Zanzani, tra i fondatori e per tanti anni responsabile del gruppo di Mani Tese di Rimini. “Ci riunivamo in casa Marvelli ed eravamo seguiti da don Filippo Di Grazia. Durante un incontro leggemmo l’enciclica di Paolo VI Populorum Progressio. Le parole del papa, ricche di calore, smossero le nostre coscienze e nacque forte in noi il desiderio di fare qualcosa. Qualcuno aveva sentito parlare di Mani Tese e pensammo di contattarli. Il saveriano padre Silvio Turazzi – prosegue Ines – venne a Rimini per spiegarci le finalità dell’associazione. Da quell’incontro nacque Mani Tese e da allora non abbiamo più avuto ‘pace dentro’.”
È commosso il ricordo di Ines, che abbiamo incontrato insieme a Delia Bruscolini (nella foto), una “giovanissima” ottantanovenne, anche lei veterana del gruppo riminese.
“Non ricordo esattamente quando conobbi l’associazione né chi me ne parlò” ci dice la signora Delia. “All’epoca (erano i primi Anni Settanta) si parlava molto dei problemi del Terzo Mondo, di solidarietà, sviluppo. Andai ai loro incontri un paio di volte e poi divenni socia effettiva” ricorda.
“All’inizio eravamo una cinquantina. Ricevevamo segnalazioni da Milano per delle micro realizzazioni. Studiavamo i progetti e ne verificavamo la fattibilità. Si trattava sempre di iniziative circoscritte: per un villaggio, una piccola zona. Fu una scelta di Mani Tese quella di non promuovere grandi iniziative che non venivano mai a conclusione, ma progetti concreti, di cui si riusciva a vedere la fine. E poi, così riuscivamo a entrare in contatto sia con le persone del luogo sia con i missionari. Da noi, in particolare, ogni mese veniva uno dei saveriani di Parma e ci aiutava a fare anche un cammino spirituale”.
La “filosofia” delle Micro
Quali furono le vostre prime micro realizzazioni?
“Una delle prime fu per Marilena Pesaresi – ora è la signora Ines a parlare. – Ci chiese aiuto per costruire una casa di accoglienza per bambini orfani. Così promuovemmo uno dei primi campi lavoro per raccogliere il denaro necessario. Sempre in Africa ricordo la micro per una cooperativa di pesca sul lago Tanganika, che aiutammo finanziando loro le attrezzature: barche, reti”.
“Un principio che ha ispirato da sempre Mani Tese era quello di non mandare semplicemente soldi – interviene Delia. – Non aiutarli a mangiare oggi ma dar loro la possibilità di svilupparsi. Un altro obiettivo consisteva nel favorire le donne, alleviando il lavoro al quale erano soggiogate: seguire i figli, provvedere all’acqua, alla legna”.
“Si pensava anche all’istruzione – aggiunge Ines. – In Asia, abbiamo sostenuto una scuola industriale, dove i ragazzi che uscivano e trovavano lavoro aiutavano quelli che ancora studiavano. Ci inviarono una bella lettera, in cui raccontavano come anche il Governo locale avesse apprezzato l’idea di coinvolgere chi usciva dalla scuola”.
La grande risposta di Rimini
Come ha risposto Rimini alle vostre iniziative?
“Con grande entusiasmo! – è la signora Delia ora a parlare. – Avevamo un’infinità di amici di Mani Tese che contribuivano”.
“Riuscimmo a coinvolgere anche le scuole – aggiunge Ines. – Fu il caso della famosa micro Una vaca para indio: una vacca per ogni indio, in Amazzonia. Gli indios, sotto la minaccia di alcuni sfruttatori stranieri, avrebbero dovuto abbandonare la propria terra. A meno che non fossero riusciti a procurarsi un animale. Riuscimmo ad aiutarli grazie a molti ragazzi, insegnanti, famiglie” ricorda con molta gioia Ines Zanzani.
A proposito di Amazzonia lei è stata anche di persona in Brasile.
“Sì, ho partecipato al Convegno internazionale del Movimento laici dell’America Latina a Salvador de Bahia. Sono rimasta un mese e mezzo e ho approfittato per visitare i luoghi in cui avevamo realizzato i progetti. È stato bello toccare con mano quella realtà, incontrare la gente. Ricordo che un giorno, nel villaggio di Sumaré, per caso incontrai padre Arnaldo De Vidi, uno dei saveriani che aveva frequentato il nostro gruppo. Era lì per benedire un trattore che il villaggio era riuscito a comprare grazie al contributo di Mani Tese. Fu un giorno di festa con i contadini, le famiglie, i bambini. Assistetti alla benedizione e vidi nei loro occhi tanta gratitudine. Mentre andavo via, una donna mi corse dietro con in mano un pugno di erbette: mi donò un pezzo della sua terra in segno di riconoscenza”.
Rapporto positivo con la Diocesi
Torniamo a Rimini. Qual’è stato il vostro contributo per la Chiesa locale?
Su questo punto entrambe ricordano il sostegno ricevuto sempre dalla Curia e dalle parrocchie. “Abbiamo collaborato molto con il Centro missionario. Partecipando ai loro incontri – ricorda Ines Zanzani – nacque l’idea di costituire per l’ultima domenica di gennaio la Giornata per la promozione umana in missione”.
A proposito della sensibilizzazione nelle comunità, Ines ricorda che diverse parrocchie “dedicavano delle giornate al sostegno delle iniziative di Mani Tese. Alcune collaborano ancora oggi!” aggiunge.
Negli anni del post Concilio, della contestazione, cosa ha significato per lei quest’esperienza come cristiana, laica, donna? chiediamo a Delia Bruscolini.
“Mi ha aperto il cuore e la mente. In quanto insegnante, ho sempre avuto un senso materno accentuato. È facile capire cosa significasse dare anche un piccolo contributo per la vita di persone che vivevano in una tale indigenza. Le loro lettere ci arrivavano al cuore e ci spronavano a fare sempre di più. La forza ci veniva anche dai missionari che ci seguivano”.
I grandi incontri e le marce
Rimini, grazie anche a Mani Tese ha avuto la possibilità di ospitare grandi personalità internazionali…
“Ricordo l’incontro con Dom Helder Camara – è la signora Delia a parlare – venuto dal Brasile per ringraziare delle molte micro realizzate nella sua zona. In una lettera ci scrisse che inizialmente non aveva molta fiducia nel lavoro che Mani Tese avrebbe potuto fare. Dovette ricredersi quando si rese conto che credevamo nei suoi stessi ideali. Camara incontrò anche il vescovo Locatelli. Abbiamo avuto anche l’Abbé Pierre, per la marcia Rimini-San Marino, nel 1973”.
Un capitolo importante nella storia di Mani Tese è quello delle marce, che soprattutto negli Anni Settanta richiamavano un gran numero di persone.
“La prima fu quella di Parma – è ancora Delia a parlare. – Nel nostro gruppo inventammo un’iniziativa particolare per raccogliere fondi: noi marciavamo e parenti e amici ci finanziavano dandoci 100, 200, 50 lire per ogni chilometro che riuscivamo a fare. Fu un modo nuovo di coinvolgere le persone e, soprattutto, ci mettemmo anche della forza fisica, considerando che non eravamo delle bambine!”.
“Alla marcia di Firenze – tiene a ricordare la signora Ines – partecipò anche don Giovanni Tonelli. All’epoca era un ragazzo ma mostrava già propensione per il giornalismo. Durante la marcia, usciva dalla fila e col registratore intervistava la gente”.
“Poi ci fu la marcia di San Marino. – riprende Delia- Era il 25° anniversario dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Il percorso andava da Dogana a San Marino. Marciò con noi anche l’Abbé Pierre, che ci lasciò l’impegno di lavorare perché ognuno avesse ciò di cui aveva bisogno”.
Un appello ai giovani
Come si è evoluto l’impegno di Mani Tese negli anni? chiediamo a Ines.
“In certi periodi, venivano in centinaia alle nostre conferenze, ai campi di lavoro e di studio. Molti i giovani. Ragazzi di varie estrazioni culturali, religiose, politiche. Molti sono rimasti, altri si sono avvicinati a esperienze diverse. Alcuni sono diventati missionari o sacerdoti. È una gioia grande vedere che il lavoro, la fatica (quanta fatica!) di tanti anni oltre ad aiutare popoli lontani ha dato un piccolo contributo alla realizzazione di persone che ora sono testimoni nella nostra città, nella professione, nella loro vocazione particolare!”.
“A proposito della nostra storia – aggiunge Ines – mi piace ricordare il numero speciale de Il Ponte per i 20 anni di Mani Tese a Rimini, con molte testimonianze, e i programmi su Radio Icaro dedicati alle nostre attività”.
Ines e Delia hanno lasciato da qualche anno l’impegno attivo in Mani Tese però il contatto con l’Associazione resta costante.
“Nel mio paese sono rimasta come punto di riferimento – dice Ines – e ci sono signore, anche anziane, che da una vita continuano a mandare una cifra mensile per Mani Tese”.
E, soprattutto, vogliono lanciare un messaggio ai giovani. “Bisogna provare! – è l’invito di Delia.- Ho molta fiducia nei ragazzi! La società forse a volte li fa deviare. Però se si innamorano di realtà come quella di Mani Tese possono dare il massimo dell’entusiasmo e dell’impegno”.
“È in continua crescita il numero di disperati nel mondo. Noi che stiamo meglio dovremmo sentire il dovere di fare qualcosa per loro – è il messaggio finale di Ines. – Ricordo quello che mi disse uno dei ‘nostri’ ragazzi: ‘Aver lavorato per dare gioia a qualcuno ha dato soprattutto gioia a me!’. ”
Ada Serra