Invece che attraverso la rete del campo, guarda il mondo attraverso la grata della clausura. Ma questo non le impedisce di “schiacciare” amore per il mondo intero. “Credo che siano queste grate, che sembrano solo dividere dal mondo e rinchiudere a permettere in realtà di arrivare al cuore di Dio e, di lì, al mondo intero”. Michela Amadori (nella foto Simone Rosa) spiegava così la sua vocazione, lei ex pallavolista riminese dal grande futuro e oggi pronta ad abbracciare per sempre una nuova, entusiasmante strada. Il 14 giugno Sr. Michela Elisabetta della Trinità pronuncerà la professione solenne presso il Monastero delle Carmelitane Scalze di Genova. Uno “sposalizio” che arriva a conclusione di un fidanzamento durato quindici anni. Da Rimini, la sua chiesa d’origine, saranno con Michela a festeggiare i genitori Egidio e Gabriella, il fratello minore Pierluigi, don Giuseppe Tognacci, il canonico della Cattedrale che ha seguito il percorso di Michela sin da quando era ragazzina, don Cristian Squadrani e don Alessandro Zavattini, parrocchiani di Cristo Re e San Giovanni Battista, amici, ex allenatori e compagne di squadra. “L’ho vista crescere e formarsi, nello sport e alla sequela di Dio. La sua vocazione è un dono per tutta la nostra Chiesa” è raggiante don Tognacci.
183 centimetri e il volley nel Dna, la Amadori alzava, palleggiava e schiacciava a Viserba, in B1. Indossata giovanissima la maglia della Nazionale italiana, nel 1997 si è messa al collo la medaglia di vice campione del mondo juniores. In quella militava al fianco di Francesca Piccinini, Vania Mello, Elisa Togut ed Eleonora Lo Bianco, giocatrici che han fatto la storia della pallavolo italiana. A 19 anni Michela giocava già in A2, con la Centrale del Latte di Roma, dove si era trasferita per inseguire il suo sogno sportivo. “Era un’ ottima giocatrice. Aveva la stoffa per diventare una campionessa” ricorda Guillermo Taborda, l’allenatore che l’ha fatta esordire in serie A. Una vittoria ancora più importante aspettava questa ragazzona riminese.
“In realtà – è la candida ammissione di Michela – tutto pensavo tranne che farmi suora! Ma è così bello affidarsi a chi sai che ti ama!”. Nel 1999 decide di appendere le scarpette al chiodo e di dire basta alla pallavolo, nonostante le tante richieste arrivate per trasferirsi altrove. Si iscrive a Scienze religiose, corso di laurea che conclude con il massimo dei voti. In realtà pensava di girare le missioni del mondo, invece “mi sono ritrovata a bussare alle porte di un monastero di clausura con nel cuore sempre lo stesso desiderio: riamare il mio Dio e i miei fratelli con tutta me stessa”.
Ma come fa una vicecampionessa del mondo a intraprendere una scelta così radicale come la clausura? Come si sente la chiamata di Dio? Sr. Michela Elisabetta della Trinità (questo il suo nome da carmelitana) è spiazzante: “Non ho mai saputo rispondere con precisione, e vi assicuro che questa domanda me l’hanno fatta in tanti! Credo che sia un po’ come quando ci si innamora: quello che senti dentro è talmente più grande di te che non puoi nemmeno provare a dirlo a parole”.
Don Tognacci riassume il percorso. Conosco Michela dai tempi del Liceo Classico «G. Cesare». Mi manifestò la volontà di appartenere totalmente a Cristo. Rimasi sorpreso da quella ragazzona, una promessa della pallavolo. Non voleva sbagliare, mi chiese una direzione spirituale, ed io a mia volta domandai al Signore di rivelare i Suoi disegni su Michela”. La vocazione claustrale, infatti, non si è manifestata subito. “Nella chiesa di San Damiano, ad Assisi, aveva promunciato voti personali di povertà obbedienza e castità nelle mani del confessore. Durante il suo secondo anno di permanenza a Roma ha condiviso la vita degli zingari ai Prati Fiscali. In seguito ha approcciato le Piccole Sorelle di Charles de Focauld ma il contatto con il Monastero della abbadessa della riminese suor Benedetta, è stato il suo approdo, la sua totalità con Cristo e in Cristo”.
La chiamata di Dio si traduce nella scelta di entrare nel monastero del Carmelo San Giuseppe di via della Nocetta, a Roma. Dalla capitale, come novizia, si è trasferita prima ad Arezzo, poi a la Spezia e infine a Genova, presso il Monastero delle Carmelitane Scalze, dove mercoledì pronuncerà la professione solenne. “Nessuno ha un amore più grande di questo, dice Gesù, dare la vita per i propri amici, ed è questo l’Amore di cui mi sono innamorata. – conclude suor Michela, oggi 36enne – Un amore più forte della morte e capace di trasformare la morte stessa in vita”.
Paolo Guiducci