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La quaterna Tricolore di Zanni

Quattro medaglie. Tutte dello stesso identico colore. Giallo oro. Di fianco, una piccola striscetta bianca. Che recita: campione italiano 2007 sui duemila metri; campione italiano 2009 sui mille metri e campione italiano 2011 sui 1.500 e sugli 800 metri. Marco Zanni le guarda, le riguarda e sorride compiaciuto. Del resto vestirsi per quattro volte in Tricolore non capita mica a tutti! Figurarsi, poi, conquistare due successi nella stessa competizione. Pensare che l’atletica non è stato il primo amore.
Giusto?
“Giustissimo. Ho iniziato con il nuoto per poi passare al calcio, poi, verso i 13 anni, mio padre che è un appassionato di maratona, mi ha convinto a provare qualche disciplina. Ho fatto ostacoli, poi salto in lungo finché sono arrivato al mezzo fondo e ho capito che quella sarebbe stata la mia strada”.
Che, però, è iniziata in salita: 18° alla prima vera gara.
“Sì, ma eravamo in 240 alla partenza e per giunta era una corsa di cross, quindi alla fine ero felice come se avessi vinto”.
A proposito di vittorie, vediamo se sei preparato: quando e dove hai conquistato il primo titolo nazionale?
“E come faccio a dimenticarmelo! Ravenna, anno 2007, duemila metri piani, una gara da urlo con tanto di lacrime di felicità sul podio”.
Continua, continua.
“Beh, l’altro titolo italiano è arrivato ad Ancona nel 2009, questa volta sui mille metri. Poi ci sono gli ultimi due, quelli di febbraio, sempre ad Ancona, ma sui 1.500 metri e sugli 800. Un doppio successo che mi ha ripagato di un periodo che credevo non finesse mai”.
Ossia?
“Dopo il secondo oro, verso la metà di dicembre, mi è venuta una borsite che mi ha costretto a stare fermo fino al febbraio del 2010. Due mesi infernali senza potermi allenare e quando credevo di essere fuori dal tunnel è arrivata la mononucleosi”.
Che per uno che fa atletica deve essere devastante.
“Devastante è la parola più adatta. Basti pensare che sono tornato ad allenarmi solo a fine ottobre, vale a dire sette mesi dopo”.
È per questo che al traguardo sembravi impazzito di gioia?
“Sì, perché non mi aspettavo di essere subito così competitivo. Per meglio dire, sapevo che sui 1.500 avrei potuto dire la mia, ma sugli 800 mai e poi mai avrei pensato di poter essere nel lotto dei favoriti”.
E invece…
“E invece quando ho visto il rettilineo finale ho pensato solo a chiudere gli occhi e darci dentro”.
C’è una dedicata speciale?
“A mio padre Mirko, a mia mamma Angelica, al mio allenatore, alla mia ragazza e al mio amico Denny”.
E adesso cosa c’è nel tuo futuro?
“Fare il minimo per gli Europei di luglio, a Tallin”.
Per appendere alla parete un altro quadro importante per questo 19enne che quando non fa sport frequenta la VB del liceo scientifico “Volta” di Riccione.

Francesco Barone