Un Papa “disarmato” e senza auto blindata. Ha fatto il giro del mondo la notizia di questa decisione, pochi giorni prima della partenza di papa Francesco alla volta del Cairo; e inevitabilmente ha destato preoccupazione. Chissà, forse la stessa preoccupazione dei compagni di un altro Francesco, il Poverello di Assisi, che anche si era imbarcato per l’Egitto per incontrare il sultano: “armato” solo di un saio, di un sorriso, di una grande, incrollabile fede nel Cristo, principe della pace. L’unica risposta possibile ad ogni provocazione, ad ogni violenza, ad ogni assurda persecuzione affermata ostinatamente in nome di un “dio” altrettanto assurdo, e volutamente scritto con la minuscola, l’unica risposta a tutto questo non può essere che il dialogo. Certo, la radice della violenza è evidentemente annidata nel cuore dell’uomo, di ogni uomo; ma altrettanto si deve dire della radice del bene. È proprio qui nasce la necessità del dialogo, che papa Francesco continuamente indica come unica strada possibile. Perché ogni uomo, se è creato a immagine di Dio, ha dentro di sé la vocazione al dialogo e la capacità di distinguere ciò che è il vero bene da ciò che è evidentemente male. Papa Francesco non fa che indicare questo, partendo sempre dal positivo, dalla valorizzazione delle tracce di bene presenti in ogni uomo e in ogni cultura; dalla memoria della grande civiltà dell’Egitto, “terra di profeti e di alleanza”, dal guardare all’Islam come ad una religione che sa parlare di pace, appello che emerge fin dal saluto tipico di ogni musulmano, “salam aleikum la pace sia con voi” e che il Papa ha fatto proprio in più riprese; dall’abbraccio con il papa copto Tawadros II, a conferma solenne del bisogno di comunione avvertito come sempre più urgente tra i cristiani: il Vangelo è “buona notizia” proprio nell’ostinarsi a cercare le “buone notizie” nascoste ovunque, e che proprio così diventa spinta, incoraggiamento, speranza. E che rimane “buona notizia” anche quando smaschera il male. Lo ha ribadito negli interventi all’università di al-Azhar e al Palazzo del governo. Come era normale aspettarsi, il Papa ha condannato il terrorismo e ogni forma di violenza. Ma Francesco ha anche parlato chiaro anche all’Occidente: demagogia, armi commerciate nate per sparare, populismi, rischio di identità ripiegate su se stesse e quindi condannate a perdere vitalità… L’estremismo si combatte anche così: dicendoci le cose con chiarezza, riconoscendo ciascuno le proprie incoerenze, lavorando per quella conversione autentica di ognuno.
Cristiano Bettega