“Il tempo è troppo prezioso per passarlo da soli. La vita troppo breve per non donarla a chi ami. Il cielo troppo azzurro per guardarlo senza nessuno a fianco. Nulla muore e tutto dura in eterno”.
La profezia consegnataci dal “Mega”, come gli amici apostrofavano Antonio Megalizzi, il giovane giornalista morto in seguito all’attacco terroristico di Strasburgo, ha la forza disarmante dell’amore. Teniamocela stretta come un dono per questo inizio d’anno, un versetto di sapienza giovanile che merita di essere scolpito nella memoria collettiva.
L’arcivescovo di Trento Lauro lo ha incastonato al centro dell’omelia funebre maturata nelle ore di silenzio accanto ai familiari e ispirata dal Cantico per cui “Le grandi acque non possono spegnere l’amore”.
Ha colto in questo pensiero di Antonio, progetto di futuro e testamento anticipato insieme, quella misteriosa capacità di farsi dono, spezzare la vita con gli altri. Una consapevolezza che produce frutti e profuma d’infinito e nella quale mons. Tisi indica “un pezzo di cielo sceso in terra”.
Gli amici ci mettono in guardia dal trasformare “Antonio l’europeo” in una figurina, tanto meno in un santino. Martire dell’odio che affonda nell’egoismo, ci parlerà ancora con la concretezza dei suoi viaggi dolcemente faticosi a Strasburgo (“Il mio lavoro è meglio delle tue ferie”) e dei suoi programmi radiofonici in cui porgere agli altri il microfono, “senza mai essere un vip”.
Un’incarnazione di 29 anni vissuti intensamente, dentro i problemi del nostro tempo, dentro le fatiche di un’Europa tanto amata, ma ancora troppo divisa: il prossimo anno, l’appuntamento del rinnovo del Parlamento europeo, dovrà essere vissuto anche riandando con la memoria allo spirito di Antonio e dei giovani che lo piangevano in Duomo, avvolti, anzi quasi protetti, dalle bandiere blu con le stelle d’oro.
A portarci nel cuore del nuovo anno è anche l’abbraccio materno di mamma Annamaria e la mite fortezza degli altri famigliari che non hanno risposto all’odio con accenti di vendetta. “Prendili per mano nell’oscurità di quest’ora”, così mons. Tisi ha pregato Gesù, figlio di Dio che si fa “compagno del dolore dell’uomo”. E l’altra mano verrà data loro da questa comunità parrocchiale di Cristo Re e dai giovani amici che il giorno stesso del funerale hanno acceso le fiaccole della testimonianza. Possano illuminare il nuovo anno, dopo la chiusura di un 2018 attraversato da ondate di violenza ma anche da nuovi paletti di fraternità e di solidarietà, come possono testimoniare coloro che, nella fede, non si arrendono al male.
Diego Andreatta direttore di Vita Trentina