La saprete senz’altro quella barzelletta del marziano che dice che i terrestri son maleducati perchè ha parlato con una pompa di benzina credendola una persona col dito nell’orecchio. Ma in fondo è vero: le pompe proprio non ci sentono. Vincono sempre loro, e la resistenza è sempre più spompata. Questa volta neanche i soliti inviti via mail a boicottare i distributori. Gli aumenti ormai non scandalizzano più: neanche su Facebook, dove ci si indigna senza sudare. Se si vuole andare in macchina, bisogna sganciare. Ormai non ci si chiede neanche più il perché degli aumenti: una crisi economica, un conflitto internazionale, l’Iva, Marte in congiunzione con Venere. E le associazioni di consumatori, nonostante le 500.000 firme per una proposta di legge ferma in Parlamento, si scontrano col solito scaricabarile (di colpe, non di petrolio). I benzinai sono l’ultimo anello della catena, lo Stato subisce le imposizioni del mercato, i petrolieri se la godono: ogni estate ce n’è uno che passa col suo yacht al largo delle nostre coste, tanto per farsi beffe di noi che al massimo facciamo un giro in pedalò. E poi ci sono le tasse. Se la benzina aumenta, un motivo ci sarà, fidatevi. Che siano i due centesimi per finanziare il fondo spettacoli o le accise per le spese della Guerra d’Abissinia (non è uno scherzo). E allora per risparmiare non resta che andare a San Marino. Che sarà pure l’emblema di ogni perdizione fiscale, ma per certe cose la sua fiscalità particolare conviene anche a noi riminesi. E poi San Marino di guerre, per sua fortuna, non ne ha mai fatte. Né in Abissinia né altrove.