La flottiglia dei pescherecci, a Riccione, si assottiglia sempre più. Cala anche il pesce. Questo per l’eccessivo sfruttamento dell’Adriatico e per le temperature alte vicino alla costa. Nonostante il fermo, le reti non sempre si riempiono. La conferma arriva da Marino Pronti, classe 1947, veterano dei pescatori riccionesi che, seguendo la tradizione dei suoi antenati, ogni mattina esce in mare con la sua barca.
Pronti, è vero che sono tempi di magra per la pesca?
“Premetto che ho una piccola imbarcazione con la quale esco tutte le mattine per lavorare sottocosta, ma il primo giorno di ripresa dell’attività sono riuscito a portare in pescheria, sul porto, appena sette/otto chili di pesce per cui alle 9 me ne sono andato”.
Quindi conferma che è un momento difficile?
“Sì, perché negli ultimi mesi il mare è stato molto caldo, per cui il pesce è andato al largo, ossia a otto, anche a dieci miglia, dove la temperatura è più bassa. Vicino alla costa, nonostante il fermo pesca, stiamo attraversando un periodo particolarmente critico. La colonnina del mercurio ora dovrebbe scendere per cui speriamo che il pesce si avvicini, cosa che avverrà soprattutto se si verificherà qualche burrasca”.
Cosa si pesca al momento?
“Sogliole, triglie, canocchie, mazzancolle, gallinelle di mare (mazzole), cefali, sgomberi e suri, ma anche alcuni pesci alieni”.
Scusi? Alieni in che senso?
“Stanno arrivando nuove specie che chi, come me, è nato qui settant’anni fa, non ha mai visto, come la lampuga dai colori bellissimi che vanno dall’azzurro al giallo, e l’aquila di mare. Ci sono poi nuovi granchi, azzurri e arancio molto grossi e prelibatissimi, lumaconi di mare forse arrivati nel nostro mare attaccati alle carene delle navi. Ogni tanto catturiamo pure qualche pesce balestra non commestibile, che però viene rilasciato in mare. C’è poi la leccia, che arriva dai mari tropicali, è molto vorace, divora soprattutto cefali, orate e altro pesce comune del nostro mare”.
Si è parlato tanto del temutissimo pesce vescovo, si è visto da noi?
“Certo, il vescovo c’è, è commestibile, ma secerne un colore violaceo che sporca la barca e poi, se punge con la coda e con le spine dorsali è velenoso, può essere anche letale. Bisogna stare attenti anche al tremolo, assomiglia alla razza, ma è più piccolo, se lo si prende in mano dà una forte scossa, da lasciare… scossi”.
E la flottiglia riccionese come sta?
“Siamo rimasti in pochi. Nei mesi freddi siamo ventidue con altrettante barche, contro i cinquanta di una trentina di anni fa. Durante la stagione estiva non siamo neppure una decina, perché oltre la metà di noi pescatori svolge attività stagionali altrove. Tra gli inossidabili pochi colleghi tra i quali Riccardo (Gedeone) Del Bianco, Paolo Cenci e il misanese Wilmo Del Bianco”.
Riccione è nata come borgo di pescatori, ma ormai questa categoria è in estinzione, che fare?
“Occorre rilanciare la pesca, ma è difficile, perché i giovani non vogliono più fare questo mestiere che impegna anche di notte e poi in una città come la nostra è difficile vivere solo di questo lavoro. Qualche socio nuovo in cooperativa si è visto, speriamo ne arrivino altri”.
Con i colleghi intanto porta avanti il lavoro nella pescheria del porto, un’istituzione?
“L’attività fino allo scorso gennaio è stata gestita dalla Cooperativa Piccola Pesca, ora assorbita dalla Cooperativa lavoratori del mare di Rimini. A vendere siamo in sei, compresi due colleghi che hanno la barca a Rimini. Apriamo alle 7.30 per poi abbassare le serrande intorno alle 9/9.30 quando il pesce è finito”.
Nives Concolino