Il grande cupolone che costituisce la chiesa di Gesù Redentore, all’Alba di Riccione, sta lì a raccogliere, sotto la simbolica volta del cielo, il suo popolo, la sua comunità. A pochi passi dal mare, da luogo quasi deserto qual’era un tempo, si vede oggi circondata da numerosi e imponenti complessi turistici, capaci di accogliere, in una sola estate, fino a un milione di ospiti.
Comunità turistica e comunità residente, comunità estiva e comunità invernale… un ritmo schizofrenico che rende un po’ più complicato, e necessariamente differenziato, il lavoro pastorale.
Don Francesco (Franco per gli amici) Mastrolonardo è parroco all’Alba dal 2002, dopo essere stato cooperatore nella vicina parrocchia di S. Lorenzo e animatore del Punto Giovane della città di Riccione.
“La parrocchia marcia a due velocità: quella invernale e quella estiva. Cercare di tenere unita la comunità residente d’estate sarebbe come combattere contro i mulini a vento. Ci sono cose che non è possibile né fare e neppure chiedere. Il clima turistico travolge ogni cosa e noi abbiamo il dovere di stare dentro questa situazione. Per questo motivo la caratterizzazione estiva della parrocchia oscilla tra la pastorale per un servizio unicamente sacramentale e quella prettamente missionaria. In questi ultimi 10 anni il baricentro è stato decisamente spostato verso una pastorale missionaria. Fiore all’occhiello è certamente l’evangelizzazione di strada e di spiaggia in Agosto, con la quale contattiamo almeno ventimila giovani di cui 3.000 entrano in chiesa”.
Se il lavoro estivo è più occasionale, missionario e sacramentale, per evidenti motivi, quello invernale come si struttura?
“Per arrivare alla comunità invernale dobbiamo attendere la Festa del Ringraziamento ad inizio Ottobre. Da qualche anno la festa è stata ridimensionata proprio per curare la gente della nostra Parrocchia.
Di fatto questo è il primo passo per ricompattare la comunità, ma concretamente riesco a ritrovare i bimbi e le famiglie solamente verso le prime domeniche di Novembre. D’estate molti non frequentano la messa (tanti bambini credono che d’estate non ci sia messa!!!) e questo porta sicuramente ad una pesantezza spirituale di mancanza di Grazia che non è facile da gestire.
Da Novembre ad Aprile la comunità vive la sua dimensione ad intra con le più svariate iniziative.
Centro di tutta l’attività pastorale è l’Eucarestia domenicale che si dipana nell’Anno Liturgico. La programmazione è quindi data dall’avvicendarsi dei tempi liturgici che segnano il cammino di fede del singolo e della comunità.
È buona la collaborazione dei laici in Parrocchia. Alcuni di loro, come responsabili, sostengono e alimentano la liturgia, la catechesi e la carità per la parte a loro corrisposta”.
Ed è proprio con alcuni di questi laici responsabili che continuiamo la nostra conversazione. A partire da quell’evangelizzazione di strada, nel tempo estivo, a cui ha accennato don Franco.
“La preparazione inizia già da novembre/ dicembre dell’anno precedente – racconta Sara Urbinati – e ogni anno in un’ottica di vera corresponsabilità. La cosa più bella è che a livello locale la missione d’agosto non è sentita solo dalla nostra parrocchia…è attesa dagli operatori pastorali, dai ragazzi di tutte le parrocchie di Riccione.
L’annuncio che portiamo incontra per lo più ragazzi in vacanza, ma vivere quest’esperienza in comunione con altre comunità, converte prima di tutto i nostri cuori e ci fa respirare la bellezza di una chiesa unita che collabora per portare l’annuncio di Gesù Cristo. Ma non è missione solo una settimana all’anno, in agosto. Quella è la spinta, la carica, la formazione… ci dà gli strumenti, ci fa vivere una Chiesa gioiosa, ci fa gustare anche le fatiche di un rifiuto e ci fa respirare quell’aria di unità per la quale dobbiamo lavorare all’interno della nostra parrocchia e tra le nostre parrocchie di Riccione. Ma la missione continua: nella nostra vita, con le persone che incontriamo, nel nostro lavoro, nei servizi in parrocchia…ed è missione 365 giorni all’anno…24 ore su 24. È una missione di tutti e per tutti”.
Dalla stagione estiva, con la sua missione, alla vita ordinaria della parrocchia, incominciando dalla bella esperienza della catechesi prebattesimale.
“Quattro anni fa – spiega Edoardo Bianchini – la parrocchia ha espresso il mandato di catechisti battesimali ad alcune coppie e ad alcune persone disponibili, affidando loro il compito di preparare al Battesimo le famiglie dei bambini. È stato un cambiamento importante, perché le famiglie oggi non incontrano solo il parroco, ma vengono anche visitate nelle loro case dai catechisti battesimali. Anche la Comunità è fatta partecipe di questi eventi: per ogni battezzando viene affissa la “pubblicazione del Battesimo” almeno tre settimane prima della celebrazione; la celebrazione dei Battesimi avviene sempre durante una Messa comunitaria delle 11, con un calendario fisso, e gli stessi riti introduttori sono celebrati invitando parenti e amici dei battezzandi, nonché caldeggiando la presenza dei catechisti battesimali al gran completo”.
E quando i bambini crescono giunge il momento del catechismo fatto per loro.
“Nella nostra parrocchia – la voce è di Mauro Vanni – dopo anni di catechismo tradizionale abbiamo provato ad introdurre il metodo del “Buon Pastore”. Fin dall’inizio questo nuovo metodo è piaciuto molto, sia alle famiglie, sia ai bambini ed anche alle catechiste.
Attualmente ogni classe di catechismo è divisa in due gruppi di circa quindici bambini, ogni gruppo è seguito da due catechiste che hanno frequentato il corso di formazione.
Il primo corso di catechesi inizia in forma facoltativa per i bambini di quattro anni, in stretta collaborazione con la famiglia, e prosegue per accompagnare i bambini a ricevere i sacramenti, fino all’età di dodici anni.
Perché la catechesi sia vero annuncio è sempre più necessario che ai bambini dei nostri giorni sia offerta un’occasione concreta di vita comunitaria e di approfondimento della parola di Dio. Così pure la messa domenicale deve essere reale esperienza di vita comunitaria e di consapevole incontro con il mistero trinitario nell’evento pasquale”.
Alla pastorale giovanile si dedicano a cuore aperto Marco e Cristina Righetti.
“Da anni ci interroghiamo su quali siano le vie migliori per accompagnare i nostri giovani a crescere e a scoprire la gioia di credere e di sentirsi “abitati” da Gesù. La fede, diceva don Oreste Benzi, può attecchire solo per contagio, può essere trasmessa solo per trapianto vitale… Allora, ogni volta che pensiamo a come vorremmo che diventassero i nostri giovani, sentiamo chiaramente che il primo passo che dobbiamo fare è quello di lavorare su noi stessi. I nostri giovani ci guardano per imparare a vivere.
Gli educatori degli adolescenti nella nostra parrocchia in questo momento sono undici, di età tra i 18 e i 37 anni. I ragazzi che seguiamo sono divisi in tre gruppi: il post-cresima, il biennio e il triennio.
Ogni singolo gruppo segue un proprio cammino, con obiettivi e modalità specifiche ma ci incontriamo tutti insieme, in media ogni 40 giorni, per condividere i diversi cammini e aiutarci reciprocamente a percorrerli”.
Fra le tante voci che concorrono a raccontare questa parrocchia dell’Alba, c’è quella di Massimo e Claudia che semplicemente ci donano uno spaccato della loro vita.
“Con la nostra uniforme scout ci sono capitati per le mani molti attrezzi utili per il montaggio di un campo, ma quello che ci ha sempre più affascinato è la corda! Sta dappertutto, è resistente, se la dai per scontata ti trovi nei guai e perdi la possibilità di costruire ciò di cui hai bisogno; se impari a conoscere i vari modi per legarla ti dà tante possibilità per giocare e stare con gli altri. Se ne sei capace, trasforma due bastoni morti in un altare vivo, piantato sulla terra, con le fronde per tetto e Dio che parla in tutto ciò che ci sta intorno! Spesso abbiamo sperato di sentirci come una piccola corda, anche la più anonima, perché si facesse di noi un altare, anche il più umile, ma vivo! Nella casa del nostro spirito (così ci piace definire la nostra parrocchia), anche se a volte indegnamente, ci siamo sforzati come famiglia di essere utili, come tutte le persone che operano accanto a don Franco. La corda, in questa società che sembra non conoscere più le vere legature, crediamo sia rappresentata anche dalla famiglia, con i suoi affetti e le sue dinamiche; una famiglia in cammino ed in continua ricerca. Ricerca per capire come legare la nostra vita terrena a quella del Cielo, per costruire qui il nostro Paradiso, fra di noi, fra chi si ama, fra le persone che incontriamo”.
Lo spazio a noi riservato si sta esaurendo…
“Cose da dire ce ne sarebbero ancora; – interviene don Franco – ci sarebbe da parlare della Caritas cittadina, della pastorale integrata e soprattutto di ciò che ancora non riusciamo a fare… l’attenzione alle “giovani generazioni”, per esempio, ci ha un po’ distolto dall’attenzione agli anziani. L’immagine della “cordata” che due dei nostri amici richiamavano, mi pare emblematica per capire come, malgrado gli innumerevoli impegni familiari, professionali e parrocchiali, sia possibile la tenuta di questa piacevole realtà che è la Comunità parrocchiale”.
Egidio Brigliadori