La University of California di San Diego, è un centro di eccellenza della ricerca americana. È considerata una delle migliori del Paese, e, nel suo corpo docenti ci sono sette vincitori del premio Nobel. Un esercito di ricercatori e dottorandi da tutto il mondo dà il meglio di sé per tenere alto il nome dell’istituzione, tra questi, nel dipartimento di Structural Engineering si trova anche un riminese: Stefano Coccia. Come tanti la sua storia inizia a Bologna con la laurea in Ingegneria civile. Decide, poi, di continuare la sua avventura universitaria con un dottorato presso l’Università della Calabria. Finché, nel 2004, arriva la svolta.
Cosa è successo?
“Ho avuto una borsa di ricerca all’estero. Così, grazie ad un contatto che il mio relatore di tesi aveva con il Dipartimento di Structural Engineering della University of California San Diego (UCSD), ho fatto le valigie e sono partito per un anno di ricerca negli Stati Uniti. Dopo i primi 3 mesi, il mio tutor all’UCSD mi offrì la possibilità di iniziare un corso Master. Nelle università statunitensi, questo tipo di corsi può costare fino a 50mila dollari l’anno, ma il Dipartimento me lo avrebbe finanziato, se solo avessi accettato di iniziare ufficialmente a fare ricerca per l’UCSD. L’opportunità era allettante e quindi accettai. Dopo il Master ho continuato a studiare per il titolo di Ph.D. (l’equivalente del dottorato di ricerca), che ho ottenuto nel dicembre 2007. Nel 2009 ho passato gli esami di licenza per esercitare la professione di Ingegnere nello Stato della California”.
Quindi ora è parte integrante dello staff della UCSD. Di cosa si occupa?
“Nel gennaio del 2008, sono stato assunto come Assistant Project Scientist, e da allora ho lavorato su diversi progetti di ricerca e sviluppo nel campo dell’ingegneria strutturale. Ogni progetto consiste in attività di analisi teorica e ricerca sperimentale. Tra i progetti più importanti, ho collaborato all’implementazione di una nuova tecnologia per il monitoraggio di connessioni strutturali aeronautiche in materiale composito, usato finora quasi esclusivamente in campo militare, ma oggi in diffusione nell’aviazione civile. Per questo progetto ho in parte lavorato nel Dipartimento di Ingegneria del National Laboratory di Los Alamos, in New Mexico. Ho presentato i risultati della mia ricerca in conferenze del settore tenute in varie città degli Stati Uniti, come Los Angeles, Washington, San Francisco, Chicago. Attualmente sono responsabile di un progetto di ricerca finanziato dalle Ferrovie Federali degli Stati Uniti per il monitoraggio dello stato di binari ferroviari. Negli ultimi due anni, assieme ai miei colleghi del dipartimento, abbiamo testato un nuovo sistema di ispezione ferroviaria su vari tracciati del governo USA, negli stati della Pennsylvenia, Colorado e prossimamente nel Missouri. Tra i progetti futuri, è in cantiere la ricerca dell’ottimizzazione strutturale di impianti di produzione di energia eolica”.
Insomma, in ambito professionale ha maturato un curriculum invidiabile! E la sua vita privata? Com’è la California? Come si è trovato rispetto all’Italia?
“La vita nell’estremo Sud della California è molto diversa da quella passata a Rimini e a Bologna. Il clima di San Diego è quasi Mediterraneo, ma più arido: la temperatura non scende mai sotto gli 8, 9 gradi d’inverno e non supera i 30 nei giorni estivi più caldi, e piove circa 15 giorni all’anno! Una cosa che all’inizio mi ha colpito è stata vedere i prati in fiore tutto l’anno – ma sempre con l’innaffiatore! Qui è molto forte l’influenza Messicana – con cui la California confina – sia nel cibo, sia nel modo di parlare. In genere le persone sono molto più ambiziose. Il tenore di vita californiano è fra i più elevati degli Stati Uniti e va a pari passo con il costo della vita. È molto diffusa l’attività sportiva, tra cui il surf. Ma non mancano sacche di difficoltà, a causa soprattutto dei crediti facili degli ultimi anni. Da italiano emigrato negli Stati Uniti, quello che ho invece apprezzato negli americani è il forte rispetto dello Stato e delle leggi, rafforzato da un forte senso di appartenenza da parte dei cittadini di tutti i 50 Stati, sebbene provenienti da etnie estremamente diverse. C’è anche un profondo rispetto per l’ambiente e per le opere artistiche, anche se recenti. Qui i graffiti e gli atti di vandalismo sono assolutamente impensabili!”.
Sente molto la lontananza da Rimini?
“Da un certo punto di vista, sì. Ovviamente mi mancano la famiglia, gli amici e lo spirito italiano. È vero però che la larga disponibilità dei prodotti italiani nei supermercati riesce in parte ad accorciare questa distanza. Non vale per tutto, però! Uno Starbucks col suo stile ripetitivo e senza carattere non potrà mai competere col bar sotto casa!”
Cosa pensa ci sarà nel suo futuro?
“Bella domanda! Ogni volta che torno a Rimini e riesco a godermi la mia città e la mia famiglia mi viene voglia di restare. Una passeggiata al mare, una piadina in compagnia, anche la semplice alternanza delle stagioni sono cose che mi mancano! Anche a livello lavorativo vorrei trovare una posizione in Ricerca e Sviluppo nel campo ingegneristico dell’energia rinnovabile; vorrei lavorare ancora qualche anno negli Stati Uniti e poi tornare in Europa per avvicinarmi a casa. Il sogno di tanti emigrati italiani conosciuti in questi anni sarebbe quello di poter tornare in Italia, mantenendo le condizioni di lavoro trovate all’estero, anche se in molti casi è utopistico il solo pensarlo. Quindi si dovrà trovare un compromesso”.
Senta, ci tolga una curiosità: quando si parla di California in molti pensano subito a questa stuola di bellissime ragazze che camminano in bikini sul lungomare, ma è tutto vero?
“In parte sì e in parte no, dipende da dove si va. Comunque a me interessa poco o nulla, sono fidanzato con Katie e sono felicissimo. Vive in California da una decina d’anni, ma è originaria del Michigan. Anche lei ha sangue italiano nelle vene. La sua bisnonna arrivò a Detroit nei primi del ’900 dalla Sicilia. Negli anni Katie mi ha aiutato tantissimo, e ancora lo sta facendo, soprattutto nel miglioramento della lingua inglese come nell’integrazione alla cultura e tradizioni americane. Ama molto le tradizioni italiane e ha una grande passione per la cucina, cosa parecchio inusuale per una persona cresciuta negli Stati Uniti. È stata con me a Rimini già un paio di volte, e le è piaciuta molto”.
Stefano Rossini