Dal sole della Romagna al freddo della Svizzera. Dalle onde dell’Adriatico a quelle del lago. Sara Belletti, 37enne di Bellaria Igea Marina, una laurea in Architettura e un sorriso contagioso alla prima chiacchierata, è la nuova protagonista del nostro viaggio insieme ai riminesi che hanno lasciato la loro terra per trasferirsi oltre confine. La sua storia, però, è un po’ diversa da quelle che abbiamo raccontato finora. È il percorso di chi Oltralpe ci è andato per amore. Sara ha fatto i bagagli per seguire il marito, originario di Parma, impegnato in una nuova avventura professionale, e sempre Oltralpe, pochissimi mesi dopo l’arrivo, ha ottenuto il più bel traguardo che si potesse raggiungere: diventare mamma.
Sara, raccontaci di come e quando è nata la tua nuova vita in Svizzera.
“Ci siamo trasferiti a Ginevra, nel cantone francese, nel febbraio 2014. L’azienda per cui lavora Tommaso, mio marito, nel settore delle pietre preziose, gli aveva proposto un nuovo incarico in quel paese. Così abbiamo deciso di partire”.
Qual è stata la tua prima reazione?
“Inizialmente non ci sono rimasta benissimo; indipendentemente dal luogo dove saremmo dovuti andare, non avevo mai pensato di dover abbandonare la terra dove ero nata e cresciuta, il lavoro, gli amici, la famiglia. Invece è successo, perché la vita è sempre imprevedibile e piena di sorprese”.
Tu sei architetto. Ti occupi di questo anche a Ginevra?
“No, ma in Svizzera sono riuscita a coronare un sogno ancora più grande, quello di diventare mamma, e devo dire che sono felicissima di dedicare la mia giornata alla mia piccola Charlotte, di due anni. Questo è il mio nuovo mestiere: fare la mamma”.
Cosa apprezzi di più di questo paese?
“Si sente sempre dire che in Svizzera si vive bene, ed io non posso che concordare. Mi sento fortunata a far crescere mia figlia in un luogo pulito, sicuro e dove si respira un’aria cosmopolita. È bello girare per le vie del centro e sentire parlare inglese, francese, spagnolo, italiano, arabo e sentirsi parte di questo piccolo angolo di mondo. Ma la cosa che amo più di Ginevra è il lago, dove in estate ci sono anche i pedalò, che mi ricordano tanto la mia Bellaria”.
Qual è stata la più grande difficoltà nell’ambientarti?
“Quando sono arrivata mi sentivo un pesce fuor d’acqua! Non sapevo una parola di francese e non conoscevo nessuno. Penso che proprio questa situazione di ‘sradicatezza’ sia la sfida più grande da superare. E bisogna essere forti per riuscirci”.
Tu come ci sei riuscita?
“Cercando dei nuovi punti di riferimento. Mi sono subito rimessa in discussione iscrivendomi ad una scuola di francese e questo mi ha aiutato anche a rifarmi dei legami”.
Ci sono molti italiani a Ginevra?
“Sì, in particolare nel quartiere dove abitiamo noi, Chanpeel. Amo mantenere le piccole abitudini che avevo in Italia, come andare al mercato, e in questi posti ho incontrato molte mamme e anche molti italiani con cui io e Tommaso siamo diventati amici”.
Ogni quanto torni in Italia?
“Non lavorando ancora ed avendo una figlia piccola che ancora non ha iniziato la scuola obbligatoria (qui in Svizzera comincia a 4 anni), posso permettermi di tornare in Italia ogni mese e mezzo-due, per stare con la mia famiglia d’origine. Voglio che Charlotte si goda pienamente i nonni, gli zii, i cugini, per me è molto importante trasmetterle il senso della famiglia”.
Cosa ti manca di più della tua terra?
“È difficile dirlo, perchè in Svizzera trovi tutto, se cerchi bene; forse però mi manca quell’energia di fondo, che la tua terra d’origine ti dà”.
C’è qualche luogo comune sulla Svizzera che vuoi smentire?
“Penso che Ginevra non sia una città svizzera a tutti gli effetti: ha molte influenze francesi ed italiane e anche il ginevrino doc non è così freddo e rigido come se ne sente parlare nello stereotipo comune. Ho amiche svizzere simpatiche e con un gran senso dell’ironia, e ho persone attorno a me solari e propositive”.
Che prospettive avete con la tua famiglia?
“Penso che non torneremo in Italia, alla fine. Ahimé, la qualità di vita è migliore in Svizzera”.
C’è qualcosa che invece ti ha deluso della tua terra adottiva?
“Gli asili sono veramente pochi. Per tantissime coppie è quasi impossibile trovare un posto in una struttura pubblica o permettersi un asilo privato che può arrivare a costare anche 3000 franchi (3.000 euro, ndr) al mese. Finché non inizierà la scuola terrò Charlotte con me, anche per questo, per ora, ho messo da parte il mio lavoro”.
Quante opportunità ci sono per gli architetti in Svizzera?
“Sembra ci sia crisi anche qui. Tantissimi giovani arrivano qui per lavoro, anche perché gli stipendi sono altissimi rispetto all’Italia, ma la selezione è molto più forte”.
Cosa pensi in generale dei giovani italiani che abbandonano il loro paese?
“Penso che trasferirsi all’estero implichi un grande coraggio e stimo i giovani che hanno la forza e la grinta per farlo. La vita ne sarà grata!”.
Alessandra Leardini