Vedere a confronto i Riti iniziali della Messa (dall’Ingresso fino alla preghiera di Colletta, passando per l’atto penitenziale, il Kyrie e il Gloria, v. Catechesi, nn. 8-24), che occupano circa un quinto dell’intera Eucaristia, con quelli conclusivi (Il Signore sia con voi… andate in pace!), che si svolgono in 1-2 minuti, ti viene da chiedere se qualche papa o liturgista si sia sbagliato! Oppure, cosa hanno mai fatto i fedeli per essere liquidaticosì fretta!
L’impressione è proprio quella di vederli “cacciati”, anche se accompagnati gentilmente alla porta, come è capitato a quella coppia che, trascorrendo una piacevole serata fino a tarda ora presso degli amici – per la verità poco avvezzi alle veglie – a un certo punto si sono sentiti dire dal padrone di casa, rivolto alla moglie: «Cara, andiamo a dormire, perché i nostri amici adesso vogliono andare a casa»!
Ma non è finita! I Riti di conclusione possono addirittura essere omessi se segue un’altra celebrazione liturgica (OGMR 170), come per esempio una sepoltura.
Perché tutta questa brevità? Il motivo è storico e, soprattutto, teologico.
Storico, perché fino al IV-V secolo non esistevano i Riti iniziali e finali della Cena del Signore e, quando furono inseriti nella Liturgia Romana, furono coniati secondo lo stile di“saluto” dei romani, i quali erano molto spicci nel sciogliere le loro assemblee civili e religiose, dicendo semplicemente: Ire licet (= si può andare) o Valete (= state bene!) o la più nota espressione missa est (= è il momento di lasciarci). Quando nel Medioevo la Liturgia si arricchì di preghiere, segni e gesti, la Comunione dei fedeli divenne purtroppo sempre meno frequente e li si vedeva uscire dalla chiesa già quando il sacerdote si comunicava, per cui a nessuno venne in mente di arricchire i Riti conclusivi.
Teologico, perché con l’Orazione post-communio (v. Catechesi precedente) l’Eucaristia è lanciata nella vita quasi senza soluzione di continuità, alla stregua di un faro potente che illumina tutta la settimana e di scaglie di lievito gettate nella pasta (Lc 13,20).La Messa non concepisce separazione, stacco tra liturgia e vita, ma spinge a trasformare il culto sacramentale in culto vitale, come mette in guardia san Paolo (che in fatto di fariseismo se ne intendeva!): «» (Rm 12,1). E cosa sarebbe mai questo “culto spirituale”? Lo spiega subito: «Non conformatevi alla mentalità di questo mondo, ma trasformatevi, rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (v. 2). Tradotto in linguaggio “donOresteBenziano” sta dicendo: «Non fatevi addormentare! Siate rivoluzionari!».
L’ascolto trasformante della Parola (Liturgia Eucaristica) e l’immersione nell’amore di Cristo che si dona al Padre e ai fratelli fino al sangue (Liturgia Eucaristica) fa – e dovrebbe fare! – dei fedeli persone nuove, “cristificate”, eucaristiche e “eucaristizzanti”. Vale a dire, una sorta di virus benigni e benefici che producono i loro effetti nell’organismo del mondo senza far nulla di speciale, ma semplicemente essendo se stessi. «La missione non è una cosa da fare, ma un modo di essere; il modo di essere di Cristo, missionario del Padre» (F. Lambiasi, Lettera pastorale 2014, p. 39). Essa non nasce come un compitino da svolgere, ma da una relazione e, quando una persona è innamorata, rinnovata, con i “neuroni ossigenati” e il cuore “ventilato”, le è connaturale parlare dell’Amato: anche con il fruttivendolo! Anzi, le si legge in faccia!
Pertanto, quando i rivoluzionari devono partire e i virus diffondersi, non si perdono in tanti convenevoli saluti: hanno una fretta che gli “brucia dentro”!
I Riti di conclusione comprendono così 4 parti: 1) brevi avvisi, se necessari; 2) il Saluto (Il Signore sia con voi) e la Benedizione; 3) il Congedo dell’assemblea (La messa è finita…); 4) il bacio e l’inchino profondo all’altare da parte del sacerdote.
Fermiamoci oggi sulla prima parte, gli avvisi. Pur essendo certamente un richiamo all’impegno in comunità, tuttavia – non me ne vogliano i parroci! – qualche precisazione è doverosa.
Anzi tutto non sono un rito, per cui è preferibile che siano dati fuori della Messa; tuttavia, per «grave causa» possono essere comunicati in questo momento, «purché non diventi consueto» (Redemptionis Sacramentum, 74). Quindi, siano dati se davvero necessari.
Soprattutto, devono essere brevi (non il TG della parrocchia), per cui meglio rimandare ai volantini in bacheca.
Attenzione però a chi li scrive, perché a volte risultano un po’ “umoristici”, come per esempio questi: «Giovedì alle 5 del pomeriggio ci sarà un raduno del Gruppo Mamme: tutte coloro che vogliono entrare a far parte delle Mamme sono pregate di rivolgersi al parroco nel suo ufficio»; «La signora Rossi è ancora in ospedale, e ha bisogno di donatori di sangue per trasfusioni. Ha anche problemi di insonnia, e richiede le registrazioni delle catechesi del parroco»!
Elisabetta Casadei
(bettycasadei@hotmail.com)