Quando ci faranno dire la Messa col Popolo? Se lo chiedeva nella chat dei sacerdoti riminesi don Aldo Amati alle 23,29 di domenica 26 aprile. Da non più di mezz’ora si è registrata la dura risposta della Conferenza Episcopale alle proposte del premier Conte: sì ai funerali (ma solo con i parenti stretti), no alla Messa festiva.
Poche parole, che trasformavano la Chiesa dall’alleato più forte nel “tutti a casa” (capace di rinunciare, nella fase acuta del virus, da subito, alla Messa festiva e addirittura alle celebrazioni pasquali) al peggior contestatore di una linea di ripresa sempre più fumosa e poco chiara nella prospettive. E questo “ dopo settimane di negoziato – com’è scritto nel comunicato del Vescovi – che hanno visto la CEI presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie”, Ma torniamo a quelle 23,29 di domenica, perché da quel momento, nonostante l’ora, la chat diventa bollente.
L’ultimo messaggio è dell’1,34 e il primo della mattina dopo, è delle 6,00. Le posizioni sono diverse. Si va da chi propone l’obiezione di coscienza, a chi si mostra più comprensivo “ Il problema delle liturgie è ovviamente quello degli assembramenti che sono da evitarsi come in ogni altra situazione”.
Alle 0,27 una nota della Presidenza del Consiglio si mostra molto più disponibile “ Già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza”.
Il confronto però ormai è partito e qualcuno si chiede “ non è importante quale spazio di libertà posso prendermi io come chiesa, ma su come garantire meglio il bene della salute, sia per ciò che riguarda me (e le mie gestioni del “mio”) che ciò che riguarda gli altri”.
Alcuni sono preoccupati della strumentalizzazione di certe posizioni e che si “ scateni anche una divisione all’interno del mondo ecclesiale favorendo certe posizioni estremiste…”, altri ritengono che “ rispetto alla società civile dobbiamo far valere, in un dialogo istituzionale corretto e rispettoso, ciò che la Chiesa è, senza farsi ridurre a ONG o compagnia della buona morte”.
C’è anche chi predica calma e raziocinio: “Bar e ristoranti ora non riapriranno. Del resto quale attività, riaprendo, avrebbe tante persone insieme, quante ne avremmo noi nelle chiese? Simili sono cinema e teatri, ma qualcuno ha forse sentito che si stia parlando di riaprire cinema o teatro o sale da ballo? Ho la sensazione che si rischi di ragionare e reagire con la pancia, perché siamo giustamente addolorati e feriti per quanto è successo fino ad ora, ma questo non ci aiuta a ragionare con lucidità…”
Il confronto continua, anche se il Governo cambierà idea.