Sono le 10,41 quando Papa Francesco, domenica 4 settembre, eleva agli onori degli altari Madre Teresa di Calcutta, al secolo Gonxha Agnes Bojaxhiu, pronunciando la formula di canonizzazione con la quale ha iscritto nell’albo dei santi la piccola “matita di Dio” nata nel 1910 a Skopje da genitori albanesi e morta a Calcutta nel 1997, fondatrice della Congregazione delle Missionarie della Carità e dei Missionari della Carità. L’annuncio è stato accolto dall’applauso degli oltre centomila fedeli, che hanno gremito piazza San Pietro per l’occasione, sin dalle prime ore del mattino. Sulla facciata della basilica vaticana campeggia l’arazzo con l’immagine di Madre Teresa sorridente. La celebrazione è iniziata con la lunga processione dei concelebranti: 70 cardinali, 400 vescovi e oltre 1700 sacerdoti di varie nazioni. Presenti alla Messa anche diversi capi di Stato e di governo. Subito dopo la canonizzazione è stato portato in processione sull’altare il reliquiario a forma di croce, sormontato da un grande cuore nei colori del sari delle Missionarie della carità.
Accanto agli ultimi. “Madre Teresa, in tutta la sua esistenza, è stata generosa dispensatrice della misericordia divina, rendendosi a tutti disponibile attraverso l’accoglienza e la difesa della vita umana, quella non nata e quella abbandonata e scartata”. Questo il segreto della santità della piccola suora di origini albanesi, come ha spiegato Papa Francesco nell’omelia. La fondatrice delle Missionarie della Carità, infatti, “si è impegnata in difesa della vita proclamando incessantemente che ‘chi non è ancora nato è il più debole, il più piccolo, il più misero”. Non solo. “Si è chinata sulle persone sfinite, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva loro dato” e “ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini – dinanzi ai crimini! – della povertà creata da loro stessi”. Per la nuova santa “la misericordia è stata il ‘sale’ che dava sapore a ogni sua opera, e la ‘luce’ che rischiarava le tenebre di quanti non avevano più neppure lacrime per piangere la loro povertà e sofferenza”.
Testimone eloquente. La “missione” di Madre Teresa di Calcutta “nelle periferie delle città e nelle periferie esistenziali permane ai nostri giorni come testimonianza eloquente della vicinanza di Dio ai più poveri tra i poveri”, ha, quindi, evidenziato il Pontefice, consegnando “questa emblematica figura di donna e di consacrata a tutto il mondo del volontariato: lei sia il vostro modello di santità!”. La canonizzazione della fondatrice delle Missionarie della carità, infatti, è stato il clou del Giubileo dedicato al mondo del volontariato e agli operatori di carità, che si è svolto a Roma dal 2 al 4 settembre. “Penso – ha aggiunto il Santo Padre – che, forse, avremo un po’ di difficoltà nel chiamarla Santa Teresa: la sua santità è tanto vicina a noi, tanto tenera e feconda che spontaneamente continueremo a dirle Madre Teresa”. Francesco ha anche espresso l’auspicio che “questa instancabile operatrice di misericordia ci aiuti a capire sempre più che l’unico nostro criterio di azione è l’amore gratuito, libero da ogni ideologia e da ogni vincolo e riversato verso tutti senza distinzione di lingua, cultura, razza o religione”. Riprendendo una frase di Madre Teresa – “Forse non parlo la loro lingua, ma posso sorridere” -, il Papa ha concluso: “Portiamo nel cuore il suo sorriso e doniamolo a quanti incontriamo nel nostro cammino, specialmente a quanti soffrono. Apriremo così orizzonti di gioia e di speranza a tanta umanità sfiduciata e bisognosa di comprensione e di tenerezza”.
Gigliola Alfaro