“…e che te ne sono grata, capisci? E te lo volevo dire”. Questa frase di Raymond Carver, l’attrice Chiara Stoppa la dedica alla vita nel suo spettacolo teatrale Il ritratto della salute, che arriverà a Rimini sabato 1 agosto nell’ambito della rassegna “Le città visibili”.
Lo spettacolo si inserisce nell’ultimo week-end della rassegna teatrale e musicale estiva “Le città visibili”, curata da Tamara Balducci e Linda Gennari, tra Generazione disagio-dopodiché stasera mi butto del 31 luglio (pièce selezionata da uno speciale gruppo di Visionari riminesi) e Casa d’altri di Silvio Castiglioni del 2 agosto. Chiara Stoppa illuminerà con la sua storia il Giardino di Palazzo Lettimi (via Tempio Malatestiano 26, ingresso libero) alle 21.30.
Quando aveva 25 anni i medici le diagnosticarono un tumore e le dissero che avrebbe avuto pochi mesi di vita. Oggi, dopo circa dieci anni, è qui e continua a raccontare la sua storia a chi ha voglia o bisogno di ascoltarla.
Stoppa, in che modo ha scelto di rendere la sua storia in scena?
“Lo spettacolo è nato in modo molto naturale. Quando è finita l’avventura della mia malattia molte persone hanno cominciato a chiedermi consigli: io non facevo altro che raccontare la mia storia, perché di questo si tratta, della mia personale esperienza, ma ho capito che, se qualche mia parola poteva essere d’aiuto a qualcun altro, era solo positivo e continuavo a raccontare. Via via il cerchio di amici e persone interessate a conoscermi e a sapere della mia esperienza diventava sempre più grande e mi sono detta «sono un’attrice, non è forse caratteristico del mio mestiere raccontare storie?». Così ho cominciato a pensare che avrei dovuto scrivere un testo teatrale. Il caso (se esiste!) ha voluto che incontrassi Mattia Fabris, amico e compagno della compagnia Atir. Mi ha letto un po’ delle sue cose, le ho trovate interessanti, mi divertivano e così abbiamo intrapreso questo viaggio”.
Lo spettacolo è in forma di monologo. Quali episodi significativi ha scelto di raccontare?
Con Mattia ci siamo isolati in montagna 4-5 giorni per scrivere. Io raccontavo e lui cercava di carpire quello che riteneva più interessante. Dovevamo concentrare tre anni di vita e cercare tra gli avvenimenti un filo conduttore. Sostanzialmente nel testo si parla molto del primo anno della mia malattia, quello in cui si è aperta la possibilità di curarsi e di conseguenza di guarire. Lo stile è comunque molto leggero e ironico perché ho sempre affrontato così la vita e il modo di raccontare la mia esperienza agli altri”.
Dopo lo spettacolo, è nato anche un libro, edito da Mondadori nel 2014.
“Sì, anche il libro è nato un po’ per caso. Si tratta del testo teatrale, ma abbiamo dovuto arricchirlo di dettagli per far comprendere al lettore la voce e il corpo del personaggio, che invece in teatro riesco a rendere in maniera immediata con la mia presenza. Ne è venuto fuori un libro molto scorrevole, che ricorda quasi la scrittura fumettistica e ne sono felice perché adoro questo genere”.
Interpretare se stessi in un’esperienza così toccante non deve essere stato sempre facile…
“Inizialmente avvertivo in maniera molto forte le sensazioni legate a me in quanto protagonista, personaggio e interprete allo stesso tempo. Poi, essendo attrice, sono riuscita a trasformarlo in uno spettacolo in cui sono interprete di una storia. Amo molto fare questo monologo perché piace a tutti, anche ai bambini. Dai sei anni in su si divertono nei racconti che faccio su mia madre o per altri aspetti, perché tutto è sempre trattato con leggerezza e ironia. Uno dei miei tecnici mi ha detto che è molto interessante osservare il pubblico in sala e vedere che a un certo punto scatta qualcosa in loro. Si sente un «click« quando capiscono che io non sto parlando solo di me e della mia storia, ma anche di loro. In effetti non mi interessava raccontare questa storia per me, ma per gli altri. Nel testo dico che tu sia malato o no» e lo affermo perché fondamentalmente parlo di scelte che bisogna avere il coraggio di fare nella vita”.
Questa esperienza sta continuando quindi ad arricchirla di emozioni…
“Sì, proprio l’altro giorno mi ha fermato per strada una mamma dicendo che sua figlia è riuscita a passare un provino da attrice portando un pezzo de <+cors>Il ritratto della salute<+testo_band> e questa cosa mi ha fatto molto piacere”.
Irene Gulminelli