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La lunga marcia di John

Nei componenti dei cellulari ci sono minerali, dai nomi pressoché sconosciuti: coltan, cassiterite, tantalio, wolframite, che grondano sangue. Tutti minerali provenienti da zone di guerra, come la regione del Kivu nella Repubblica democratica del Congo, che in vent’anni ha visto milioni di vittime, a cui si aggiungono milioni di profughi. Le condizioni di vita e lavoro dei minatori, molti dei quali bambini, sono durissime. Si scava a mani nude in gallerie che sembrano gironi infernali, e se non si muore sotto qualche frana ci si ammala a causa della radioattività. Le miniere sono sotto il controllo delle milizie che taglieggiano e terrorizzano la popolazione. Le guerre infinite in queste regioni sono volute e alimentate per permettere i traffici illegali di questi minerali utilizzati nella telefonia, nell’elettronica e nell’informatica.

A rilanciare la denuncia – al centro in Italia anche della campagna “Minerali clandestini” (www.mineraliclandestini.it) promossa da Cipsi e “Chiama l’Africa” – è l’ingegnere informatico congolese, ma italiano d’adozione, John Mpaliza.
Da tempo Mpaliza sta marciando in Africa ed Europa, per sensibilizzare sulle conseguenze devastanti dell’estrazione del coltan, sia per l’impatto ambientale, sia soprattutto per le pesanti violazioni dei diritti umani. L’ingegnere congolese ha già sulle spalle 6 mila chilometri.

Venerdì 13 marzo è intervenuto alla chiesa di San Francesco a Riccione invitato dal Campo Lavoro Missionario. Ha illustrato perché sta marciando per la pace nella Repubblica democratica del Congo. La parte orientale, ha spiegato, è la zona più ricca in assoluto di minerali e risorse. Ma pur ricco di oro, diamanti e coltan, il Congo è tra i Paesi più poveri della terra. Il coltan, che poteva essere una benedizione per i congolesi, è diventato la più grande delle maledizioni. Sono molte le multinazionali che si avvantaggiano di una situazione politica destabilizzata e corrotta, con i clan locali e guerriglieri provenienti anche dai Paesi vicini, che lottano per il controllo delle miniere.
Sto marciando per sensibilizzare i giovani e le istituzioni sul dramma legato alla tecnologia”, ha raccontato Mpaliza. “Il coltan, estratto illegalmente, non costa niente in Congo, ma costa più dei diamanti in Europa”, ha spiegato. “Ecco perché possiamo parlare di ‘minerali insanguinati’. Il coltan serve a miniaturizzare i componenti elettronici, a realizzare microcondensatori. Più piccoli sono, più ridotto è lo spazio dove possiamo metterli. Ma il coltan non è solo nei cellulari: lo troviamo nell’airbag delle automobili, nei giochi dei nostri bimbi”. Predato nella Repubblica democratica del Congo, il coltan finisce nel Sud est asiatico – in Cina, Corea del Sud, Taiwan – “dove sappiamo quali sono le condizioni di lavoro”, rimarca Mpaliza. E sugli interessi realmente in gioco, è lapidario: “Senza le guerre non si potrebbe comprare il coltan a 20 centesimi in Congo, per rivenderlo a 600 dollari al chilo in Europa”.